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Che di null' altro mi rimembra o cale.
L'aura soave, che dal chiaro viso

Move col suon delle parole accorte,
Per far dolce sereno ovunque spira;
Quasi un spirto gentil di Paradiso,

Sempre in quell' aere par che mi conforte;
Si che 'l cor lasso altrove non respira.

Verso 1. Quante fate. Tutte le volte che.-2. Che Le quali fiate.-3. Dove. Forse accenna quel medesimo luogo di cui parla il Sonetto addietro. Le faville. Intende degli occhi di Laura.

-4. Immortale. Perpetuo.-5. Condotto a tale. Ridotto in grado, in termine, tale.-6. A nona. A mezzodi. Alle squille. All' ave maria.-7. Nel pensier. Nel mio pensiero. 8. Mi

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rimembra o cale. Mi ricordo o mi
curo. 10. Move. Neutro. Si muo-
ve. Viene. Accorte. Prudenti. Sagge.
Giudiziose. Spiritose.-11. Ovunque
spira. Ovunque essa aura spira.
13. In quell' aere. Cioè in quel luogo.
Conforte. Conforti. 14. Allrove
non respira. Non respira, cioè non ba
ristoro, non ha riposo, altrove che in
detto luogo.

SONETTO LXXIV.

Sopraggiuntagli Laura quando men l'aspettava, non ardi pur di parlarle.
Perseguendomi Amor al luogo usato,

Ristretto in guisa d' uom ch' aspetta guerra,
Che si provvede e i passi intorno serra,
De' mie' antichi pensier mi stava armato.
Volsimi, e vidi un' ombra che da lato

Stampava il sole, e riconobbi in terra
Quella che, se 'l giudicio mio non erra,
Era più degna d'immortale stato.

I' dicea fra mio cor: perchè paventi?

Ma non fu prima dentro il penser giunto,
Che i raggi ov' io mi struggo eran presenti.
Come col balenar tuona in un punto,

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SONETTO LXXV.

Il dolce e pictoso saluto della sua Donna lo rende estatico dal piacere.

La Donna che 'l mio cor nel viso porta,
Là dove sol fra bei pensier d'amore
Sedea, m'apparve; ed io per farle onore
Mossi con fronte reverente e smorta.
Tosto che del mio stato fussi accorta,
A me si volse in si novo colore

Ch' avrebbe a Giove nel maggior furore
Tolto l'arme di mano e l'ira morta.
I' mi riscossi; ed ella oltra, parlando,
Passo, che la parola i' non soffersi,
Nè 'l dolce sfavillar degli occhi suoi.
Or mi ritrovo pien di si diversi

Piaceri, in quel saluto ripensando,
Che duol non sento, nè sentii ma' poi.
Verso 1. Che 'l mio cor nel viso
porta.Perchè il cuore del Poeta si can-
giava conforme al viso di Laura. E
in più parole: la donna il cui viso go-
verna il mio core; il quale si attrista
o s'allegra, secondochè quello mi si
mostra severo o benigno. - Questo

medesimo concetto trovasi espresso anche in altri luoghi del Canzoniere, e specialmente nella Canzone seconda su gli occhi di Laura, ove si legge:

per isfogar il petto

Che forma tien dal variato aspetto. Mail Ch. Sig. Prof. Muzzi, a cui con troppo ossequio e poco accorgimento si fece eco in un' appendice al Petrarca pubblicato dal Passigli, menando alla lunga un suo dotto discorso a schiarimento del citato verso, usciva finalmente in questa interpretazione: La

donna la quale trasporta nel vollo
MIO gli amorosi affanni e contenti
del mio core. Della quale sposizione
non avrà bisogno che si dimostri qui
l'assurdità chi per poco esamini il con-
testo del Sonetto, e la forma gramma-
ticale puranco del verso medesimo.*–
2. Là dove. In luogo, nel luogo dove.
3. Sedea. Persona prima. Farle
onore. Inchinarla. Farle riverenza.
4.Mossi. Mi mossi. Mi rizzai.-5. Fus
si. Si fu.-6. In si novo colore. In
si celeste e maraviglioso aspetto.-8.E
l'ira morta. E spenta l'ira.-9-10. Io
mi commossi tutto, ed ella passò oltre
parlandomi, in guisa che io non ebbi
forza di sostenere le sue parole, cioè
non ressi, mi smarrii, alla dolcezza
di quelle.-13. In. Á.
14. Ma'
poi. Mai da indi in qua.

SONETTO LXXVI.

Svela all'amico quali continuamente sieno stati, e sieno i pensieri suoi.

Sennuccio, i' vo' che sappi in qual maniera
Trattato sono, e qual vita è la mia.

Ardomi e struggo ancor com' io solia;
Laura mi volve; e son pur quel ch' i' m' cra.

Qui tutta umile e qui la vidi altera;~

Or aspra or piana, or dispietata or pia;
Or vestirsi onestate or leggiadria;
Or mansuela or disdegnosa e fera.
Qui canto dolcemente, e qui s'assise;

Qui si rivolse, e qui rattenne il passo;
Qui co' begli occhi mi trafisse il core;
Qui disse una parola, 'e qui sorrise;

Qui cangiò 'l viso. In questi pensier lasso,
Notte e di tienmi il signor nostro, Amore.

Verso 3. Ardomi e struggo. Mi brucio e mi struggo. Com' io solia. Come io soleva. Cioè come per l' addietro. 4. Mi volve. Mi agita. Mi governa a suo piacimento. Pur. Pu

ramente. Al tutto. Quel ch' i m'era.
Quel che io era. Quello di prima.
6. Piana. Affabile. Benigna. Pia. Pie-
tosa. 7. Onestate. Di onestà. Leg-
giadria. Di leggiadria.

SONETTO LXXVII.

La sola vista di Valchiusa gli fa dimenticare tutti i pericoli di quel viaggio.

Qui, dove mezzo son, Sennuccio mio,
(Così ci foss' io intero, e voi contento)
Venni fuggendo la tempesta e 'l vento
C' hanno subito fatto il tempo rio.
Qui son securo: e vovvi dir perch' io
Non, come soglio, il folgorar pavento;
E perchè mitigato, non che spento,
Ne mica trovo il mio ardente desio.
Tosto che, giunto all' amorosa reggia,
Vidi onde nacque Laura dolce e pura,
Ch' acqueta l'aere e mette i tuoni in bando;
Amor nell' alma, ov' ella signoreggia,

Raccese il foco, e spense la paura:

Che farei dunque gli occhi suoi guardando!

Verso 1. Qui. Cioè in Valchiusa. Mezzo. Perocchè io ci sono senza di voi.-2. Così. Particella desiderativa. Intero. Cioè in compagnia vostra. E voi. E voi ci foste.-5. Cioè, venni tra la tempesta e il vento. - 4. Subilo.

Improvvisamente.-5. Qui son secu

ro. Qui ho l'animo sicuro. Cioè, qui non sento paura della tempesta. Vovvi dir. Voglio dirvi. 6. Non temo qui della tempesta, come io soglio.-7.Mitigalo, non che spento. Non dico spento, ma nè pur mitigato.-8. Nè mica. Né anche in una menoma parte. Il mio

ardente desio. Cioè la mia passione amorosa. — 9. All' amorosa reggia. Alla reggia di Amore. Vuol dire alla patria di Laura.-10-11. Onde nacque. Il luogo da cui, cioè dove, nacque. Laura dolce e pura, Ch' acqueta l'aere e mette i tuoni in bando. Parla con senso doppio, e facendo allusione

al significato della voce Laura divisa in due, cioè l'aura.— 12. Nell'alma. Cioè nell' anima mia. 13. E spense la paura. Della tempesta detta innanzi.-14. Or che sarebbe se io mirassi gli occhi di Laura, poichè il veder solo il luogo del suo natale, ha racceso in me il fuoco e spenta la paura!

SONETTO LXXVIII.

Tornato in Valchiusa, brama solo la pace con Laura, e l'onore del Colonnese.

Dell' empia Babilonia, ond'è fuggita
Ogni vergogna, ond' ogni bene è fori,
Albergo di dolor, madre d'errori,
Son fuggit' io per allungar la vita.
Qui mi sto solo, e, come Amor m'invita,
Or rime e versi, or colgo erbette e fiori,
Seco parlando, ed a' tempi migliori
Sempre pensando; e questo sol m' aita.
Nè del vulgo mi cal nè di fortuna

Nè di me molto nè di cosa vile,

Nè dentro sento nè di fuor gran caldo.
Sol due persone cheggio; e vorrei l' una
Col çor ver me pacificato e umile,
L'altro col piè, si come mai fu, saldo.

Verso 1. Dell' empia Babilonia.
Così chiama Avignone, dove era a quel
tempo la corte di Roma. 2. Fori.
Fuori..

4. Per allungar la vita. Cioè per campare, per conservare, la vita; per non morir di rincrescimento e di cordoglio.-7-8. Seco. Cioè con Amore. A' tempi migliori Sempre pensando. Pascendomi continuamente della speranza, ovvero della ricordanza, di tempi migliori. M'aita. M'aiuta. Cioè mi conforta, mi sostiene. 9-44. Nè mi curo gran fatto, nè mi

do molto pensiero, del volgo nè della
fortuna nè di me medesimo nè di al-
cuna cosa bassa e degna di poca stima;
e tanto per ciò che appartiene al mio
intrinseco, quanto all' estrinseco, mi
trovo in istato pressochè freddo e tran-
quillo. 12. Cheggio. Chiedo. Cioè
desidero. L'una Che è Laura.
13. Ver. Verso. 14. L'altro (in-
tende del cardinal Colonna suo amico
e padrone) vorrei che fosse in istato di
fortuna, oppur di animo, fermo e ga-
gliardo quanto mai, più che mai.

SONETTO LXXIX.

Voltasi Laura a salutarlo, il Sole per gelosia si ricoperse con una nube.

In mezzo di duo amanti onesta altera

Vidi una donna, e quel signor con lei,

Che fra gli uomini regna e fra gli Dei;
E dall' un lato il Sole, io dall' altr' era.
Poi che s'accorse chiusa dalla spera

Dell' amico più bello, agli occhi miei
Tutta lieta si volse; e ben vorrei,
Che mai non fosse inver di me più fera.
Subito in allegrezza si converse

La gelosia che 'n su la prima vista,
Per si alto avversario, al cor mi nacque.
A lui la faccia lagrimosa e trista

Un nuviletto intorno ricoverse:
Cotanto l'esser vinto li dispiacque.

Verso 1. Di duo amanti. L'uno il Poeta e l'altro il Sole, amante di Dafne, confusa qui, come altrove, con Laura.-2. Una donna. Cioè Laura. Quel signor. Cioè Amore.-5-6. Poi che s'accorse chiusa dalla spera Dell' amico più bello. Poichè si accorse di esser chiusa dalla sfera, cioè circondata dai raggi, del più bello de' due amanti, cioè del Sole. Vuol dire in sostanza: sentendosi abba

gliare dalla luce del Sole. - 8. In ver. Verso. Più fera. Più aspra, più rigida, di quel che ella fu in quel punto. - 9. Si converse. Si conver tì. Cioè si cangiò. 10. In su la prima vista. Alla prima. A prima giunta. 11. Avversario. Rivale. Intende del Sole. 12. A lui. Cioè al Sole. 13. Nuviletto. Nuvoletto. Ricoverse. Ricoperse. Ricoprì. — 14. Li. Gli.

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SONETTO LXXX.

Non desidera, non contempla e non trova che la sola immagine della sua Donna.

Pien di quella ineffabile dolcezza

Che del bel viso trassen gli occhi miei
Nel di che volentier chiusi gli avrei
Per non mirar giammai minor bellezza,
Lassai quel ch'i' più bramo; ed ho si avvezza
La mente a contemplar sola costei,
Ch'altro non vede, e ciò che non è lei
Già per antica usanza odia e disprezza.
In una valle chiusa d'ogni 'ntorno,

Ch'è refrigerio de' sospir miei lassi,
Giunsi sol con Amor, pensoso e tardo.

Ivi non donne, ma fontane e sassi,

E l'immagine trovo di quel giorno

Che 'l pensier mio figura ovunqu' io sguardo.

Verso 2. Trassen. Trassero.

3. Volentier chiusi gli avrei. Cioè,

volentieri sarei morto o diventato cieCo.- - 5. Lassai quel ch' ï' più bra

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