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mo. Cioè lasciai la vista di Laura, mi allontanai da Laura.-7. Ciò che non è lei. Ciò che non è essa. Cioè, ogni qualsivoglia cosa fuorchè essa. Le voci me, te, lui, lei, loro dopo il verbo essere affermante o negante identità di persona o trasmutamento d' uno in altro, prendon forma di veri sostantivi di caso retto, e significano la mia, la tua, la sua persona. Il lei adunque in questo luogo è un nominativo, non già, come alcuni dicono, accusativo, a cui non si saprebbe trovare un reg

-

gente senza una forzatissima ellissi. La
miseria poi della variante ciò che non
è 'n lei, non ha bisogno d'esser di-
mostrata a chi ha un fil di gusto.
9. Cioè, in Valchiusa.-12. Non don-
ne, ma fontane e sassi. Queste parole
dipendono dal verbo trovo, che sta nel
verso seguente.-13. Di quel giorno.
Del giorno detto qui di sopra nel terzo
-44. Che. La quale immagi
ne. Accusativo. Figura. Verbo. Di-
pinge. Sguardo. Verbo. Guardo. Mi-
ro. Volgo gli occhi.

verso.

SONETTO LXXXI.

Se veder potesse la casa di Laura, i sospiri le giugnerebbero più spediti.

Se 'l sasso ond' è più chiusa questa valle,
Di che 'l suo proprio nome si deriva,
Tenesse volto, per natura schiva,
A Roma il viso ed a Babel le spalle;
I miei sospiri più benigno calle

Avrian per gire ove lor spene è viva:
Or vanno sparsi, e pur ciascuno arriva
Là dov' io 'l mando, che sol un non falle.
E son di là si dolcemente accolti,

Com' io m'accorgo, che nessun mai torna :
Con tal diletto in quelle parti stanno.

Degli occhi è 'l duol; che tosto che s' aggiorna,
Per gran desio de' be' luoghi a lor tolti,
Danno a me pianto, ed a' piè lassi affanno.

Versi 4-6. Se quella montagna dalla quale principalmente è chiusa questa valle, dal che, cioè dall' essere così chiusa, deriva il suo nome di Valchiusa, tenesse il dosso rivolto ad Avignone, quasi avendo a schifo le sozzure di quella corte, e la fronte volta verso Roma, i miei sospiri avrebbero, per andare alla mia donna, una strada più agiata. Forse perchè il lato di fuori della detta montagna fosse meno aspro e malagevole, sicchè, se esso fosse stato di dentro, il Poeta fosse potuto salire in sulla cima del monte, e di là inviare i suoi sospiri verso laura.

8. Che. In guisa che. Sol un. Nè pur uno. Non falle. Non fallisce. Cioè, non erra il cammino, ovvero non manca di arrivar colà.— 9. Di là. Di là dal monte. Là dove è Laura. - 10. Che. Dipende dalla voce si del verso precedente. 12. Degli occhi è 'l duol. Gli occhi, cioè gli occhi miei, sono quelli che sopportano il danno di questa presente positura della montagna. S'aggiorna. Si fa giorno. 43. De' be' luoghi a lor tolti. Di vedere il luogo dove è Laura, il che essi non possono. 14. Ed a' piè lassi affsanno. Vuol dire che esso s' inerpicava pu

re, quantunque invano, su per quella montagna, sforzandosi di salire in sulla

cima per iscoprire il luogo dove era Laura.

SONETTO LXXXII.

Benchè conosca d'essere infelice nel suo amore, è fermo di volerla amar sempre.
Rimansi addietro il sestodecim' anno

De' miei sospiri; ed io trapasso innanzi
Verso l'estremo; e parmi che pur dianzi
Fosse il principio di cotanto affanno.
L'amar m' è dolce, ed util il mio danno,

E'l viver grave; e prego ch' egli avanzi
L'empia fortuna; e temo non chiuda anzi
Morte i begli occhi che parlar mi fanno.
Or qui son, lasso, e voglio esser altrove,
E vorrei più volere, e più non voglio,
E per più non poter fo quant' io posso.
E d'antichi desir lagrime nove

Provan com' io son pur quel ch'i' mi soglio,
Nė per mille rivolte ancor son mosso.

Verso. Rimansi addietro. Èpas-
sato, è compiuto già,- 3-4. L'estre-
mo. Il fine della mia vita. Ovvero, il
mio ultimo anno. Che pur dianzi
Fosse'l principio di cotanto affan-
no. Che il mio tanto affanno sia co-
minciato poco dianzi. 6-8. Prego
ch' egli avanzi L'empia fortuna.
Cioè, desidero che la mia vita duri più
lungamente che la mia mala fortuna.
E temo non chiuda anzi Morte i be-
gli occhi che parlar mi fanno. E te-
mo che morte non chiuda quei begli
occhi che mi danno materia di ragio-
nare e di scrivere, anzi, cioè, avanti,
che il detto mio desiderio sia compiu-
to, che la mia mala fortuna abbia
avuto fine.
9. Qui. Cioè in tale

stato. Voglio. Desidero. Altrove. In altro stato. 10. E vorrei aver più efficace volontà di essere altrove, cioè in altro stato, e non ne ho.-11. E fo quanto posso a fine di non poter da vantaggio, cioè a fine di non potere uscire di questo mio stato. 12. E le lagrime che io spargo al presente per forza di desiderj nati gran tempo addietro. 15. Come. Che. Quel ch'i' mi soglio. Quello che io soglio essere, Quello di questi tempi addietro. 14. Per mille rivolte. Non ostante mille rivolgimenti, cioè mille vicende di fortuna e di vita, ov vero mille sforzi fatti per uscire del mio stato amoroso. Mosso. Mutato da quel di prima.

MADRIGALE IV.

Eccita Amore a far vendetta di Laura, che superba disprezza il suo regno.

Or vedi, Amor, che giovinetta donna

Tuo regno sprezza e del mio mal non cura,
E tra duo ta' nemici è si secura.

Tu se' armato, ed ella in trecce e 'n gonna
Si siede e scalza in mezzo i fiori e l'erba,
Ver me spietata e contra te superba.
I' son prigion; ma se pietà ancor serba
L'arco tuo saldo, e qualcuna saelta,
signor, vendetta.

Fa di te e di me,
Verso 1. Che giovinetta donna.
Quanto giovanetta, ovvero qual giova-
netta donna.-3. Tra duo ta' nemici.
Tra due tali nemici, che siamo tu ed io.

SONETTO

-6. Ver. Verso.-7. I' son prigion. E però, in quanto a me, non posso far vendetta.Pietà.Accusativo.-8. Qualcuna saetta. Qualche saetta. Accusativi.

LXXXIII.

L'abito non si lascia, benchè abbiasene danno. Propone se stesso in esempio.

Dicessett' anni ha già rivolto il cielo

Poi che 'n prima arsi e giammai non mi spensi;
Ma quando avven ch' al mio stato ripensi,
Sento nel mezzo delle fiamme un gelo.
Vero è'l proverbio, ch' altri cangia il pelo
Anzi che 'l vezzo; e per lentar i sensi,
Gli umani affetti non son meno intensi :
Ciò ne fa l'ombra ria del grave velo.
Oimè lasso; e quando fia quel giorno

Che mirando 'l fuggir degli anni miei,
Esca del foco e di si lunghe pene?
Vedrò mai 'l di che pur quant' io vorrei

Quell'aria dolce del bel viso adorno
Piaccia a quest' occhi, e quanto si convene?

Verso 2. Da che io fui preso di questo amore, il quale in questi diciassett' anni non è stato mai spento per alcun tempo.-3. Avven. Avvie- 4. Un gelo. Per la considerazione del mio così lungo errore. — 5. Altri. L'uomo. La persona. Uno.

De.

6. Anzi che 'l vezzo. Prima che l'usanza, la consuetudine. Per lentar i sensi. Per quanto i sensi si allentino, cioè s'indeboliscano colla età.

8. Ne fa. Ci cagiona. L'ombra ria del grave velo. Cioè il nostro esser congiunti col corpo. 11. Esca. Io esca.-12. Pur quant'io vorrei. Solo quanto io vorrei. Cioè in guisa puramente spirituale e nobile, e senza alcuna mescolanza di sensualità.

13. Del bel viso adorno. Del viso di Laura. 14. E quanto si convene. E solo quanto si conviene. Cioè, senza alcuno affetto sensuale.

SONETTO LXXXIV.

Laura impallidisce alla novella ch' egli debba da lei allontanarsi.

Quel vago impallidir che 'l dolce riso

D' un' amorosa nebbia ricoperse,

Con tanta maestade al cor s' offerse,
Che li si fece incontro a mezzo 'l viso.
Conobbi allor si come in paradiso

Vede l'un l'altro; in tal guisa s'aperse
Quel pietoso pensier, ch' altri non scerse,
Ma vidil' io, ch'altrove non m' affiso.
Ogni angelica vista, ogni atto umile

Che giammai in donna, ov'amor fosse, apparve,
Fora uno sdegno a lato a quel ch'i' dico.
Chinava a terra il bel guardo gentile,

E tacendo dicea (com'a me parve):
Chi m'allontana il mio fedele amico?

Soprail rincrescimento mostrato da Laura al Poeta per la novella che egli era per partirsi da lei.

Verso 1. Il dolce riso. Vuol dire il volto di Laura.-3. Al cor. Al cuor mio. S'offerse. Si appresentò.-4. Che esso mio cuore si fece incontro a quello impallidire di Laura a mezzo il mio viso, cioè mi corse al viso; o mi si dipinse in sul viso. Il pronome li sta per gli.-5-6. Si come in paradiso Vede l'un l'altro. In che modo gli Spiriti in paradiso si veggono e intendono l'un l'altro. S'aperse Si manifestò. Si

diede a conoscere.-7. Quel pietoso
sentimento dell'animo di Laura, che gli
altri non iscorsero, di cui gli altri non
si avvidero.-8. Ch' altrove non m'af-
fiso. Che non soglio fissar gli occhi in
altro oggetto, cioè, non soglio mirare
intentamente altro che il volto di Lau-
ra.- - 9-11. Qualunque più angelico
tenore di volto, qualunque più cortese
atto che mai fino a ora si vedesse in
donna che fosse tocca di amore, sa-
rebbe quasi un atto di sdegno e una
scortesia in comparazione di quell'atto
che io dico.

SONETTO LXXXV.

Amore, Fortuna e memoria del passato vietangli di sperare giorni felici.

Amor, Fortuna, e la mia mente schiva

Di quel che vede, e nel passato volta,
M'affliggon si, ch'io porto alcuna volta
Invidia a quei che son su l'altra riva.
Amor mi strugge 'l cor; Fortuna il priva
D'ogni conforto; onde la mente stolta
S'adira e piagne: e così in pena molla
Sempre conven che combattendo viva.
Nè spero i dolci di tornino indietro,

Ma pur di male in peggio quel ch'avanza:
E di mio corso ho già passato il mezzo.
Lasso, non di diamante ma d'un vetro,

1

Veggio di man cadermi ogni speranza,
E tutt'i miei pensier romper nel mezzo.

Versi 1-2. Schiva Di quel che vede, e nel passato volta. Mal soddisfatta del presente, e piena della ricordanza e del desiderio del passato.4. Sul'altra riva. Cioè morti.-S. Viva. Io viva.-9. Nè spero. Nè spero che. - 10. Ma spero, cioè m'aspet to, pure, solo, che quella parte che

mi avanza del vivere vada di male

in peggio. 12-13. Veggo, tri-
sto che io sono, cadermi di mano
ogni speranza, e disfarsi come cosa
non di diamante ma di vetro.
14. Romper nel mezzo. Rompersi
nel mezzo. Cioè andar fallati, riuscire
a nulla.

CANZONE X.

Cerca ogni via di mitigar il suo affanno, ma ci rimane sempre più immerso.

Se 'l pensier che mi strugge,

Com'è pungente e saldo,

Cosi vestisse d'un color conforme,
Forse tal m' arde e fugge,

Ch' avria parte del caldo,

E desteriasi Amor là dov' or dorme :
Men solitarie l'orme

Foran de' miei piè lassi

Per campagne e per colli;

Men gli occhi ad ogni or molli;

Ardendo lei che come un ghiaccio stassi,
E non lassa in me dramma

Che non sia foco e fiamma.

Verso. Il pensier. Il pensiero, il sentimento, amoroso. - 3. Vestisse d'un color conforme. Cioè potesse esser dato ad intendere con parole proporzionate alle sue qualità.-4-6.Forse una tale che ora in un medesimo tempo m'arde e mi fugge, avrebbe parte dell' ardore che ella mi cagiona, e desterebbesi Amore colà dove esso ora dorme, cioè nel cuor di colei.

10

7-9. Perchè io non cercherei, come ora,
la solitudine. Ovvero, perchè Laura mi
seguirebbe o verrebbe in mia compa-
gnia. Foran vuol dire sarebbero.
10. Ad ogni or. Ognora. Sempre. Di
continuo. Molli. Forano, cioè sareb-
bono, molli. 11. Ardendo lei. At-
teso che arderebbe, cioè sentirebbe
12. Lassa. Lascia.
amore, colei.
Dramma. Una menoma particella.

Però ch' Amor mi sforza

E di saver mi spoglia,

-

Parlo in rim' aspre e di dolcezza ignude:

'Ma non sempre alla scorza

Ramo, nè 'n fior, nè 'n foglia,

Mostra di fuor sua natural virtude.

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