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Verso. Dell'aurata piuma. Cioè, più veduto. 12-14. Cioè, la fama de' suoi capelli biondi. 5. Alluma. Illumina, o accende. 7. Indi. Da esso diadema. - 8. Alla più algente bruma. Alla più gelata brina. Cioè nel maggior freddo. 9. Vesta. Veste. D'un. Con un. Dipende dal verbo vela.-14. Novo. Straordinario. Non

porta che la Fenice viva nascosta nelle montagne dell'Arabia, quando ella in verità vive nelle nostre parti, e vola maestosamente per l'aria. Vuol dire che Laura è la vera fenice, e l'altra è una favola. Che vuol dir la quale, e ip ende da lei.

SONETTO CXXXIV.

I più famosi poeti non avrebber cantato che di Laura, se l' avesser veduta.
Se Virgilio ed Omero avessin visto

Quel Sole il qual vegg' io con gli occhi miei,
Tutte lor forze in dar fama a costei
Avrian posto, e l' un stil con l'altro misto :
Di che sarebbe Enea turbato e tristo,
Achille, Ulisse e gli altri semidei,
E quel che resse anni cinquantasei
Si bene il mondo, e quel ch' ancise Egisto.
Quel fior antico di virtuti e d'arme,

Come sembiante stella ebbe con questo
Novo fior d' onestate e di bellezze!

Ennio di quel cantò ruvido carme;

Di quest' altr' io: ed o pur non molesto

Gli sia 'l mio ingegno, e 'l mio lodar non sprezze!

Verso 1. Avessin. Avessero. 2. Quel Sole. Cioè Laura. - 4. E l'un stil con l'altro misto. E avrebbero mescolato insieme i due stili, cioè gli stili di loro due. 5. Di che. Onde. Della qual cosa. Per la qual cosa. Cioè perchè Omero e Virgilio, occupati al tutto nelle lodi di Laura, non avrebbero cantato di loro.-7-8. Cioè Augusto ed Agamennone. Quel ch'ancise Egisto vuol dire quel che fu ucciso da Egisto. 9. Cioè Scipione

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SONETTO CXXXV.

Teme che le sue rime non sieno atte a celebrar degnamente le virtù di Laura

Giunto Alessandro alla famosa tomba

Del fero Achille, sospirando disse:

O fortunato, che si chiara tromba
Trovasti e chi di te si alto scrisse!
Ma questa pura e candida colomba,

A cui non so s' al mondo mai par visse,
Nel mio stil frale assai poco rimbomba:
Cosi son le sue sorti a ciascun fisse.
Che d' Omero dignissima e d' Orfeo,

O del pastor ch' ancor Mantova onora,
Ch' andassen sempre lei sola cantando;
Stella difforme, e fato sol qui reo

Commise a tal che 'l suo bel nome adora,
Ma forse scema sue lode parlando.

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Prega il Sole a non privarlo della vista del beato paese di Laura.

Almo Sol, quella fronde ch'io sol' amo,

Tu prima amasti: or sola al bel soggiorno
Verdeggia e senza par, poi che l' adorno
Suo male e nostro vide in prima Adamo.
Stiamo a mirarla: i' ti pur prego e chiamo,
O Sole; e tu pur fuggi, e fai d'intorno
Ombrare i poggi, e te ne porti 'l giorno,
E fuggendo mi toi quel ch'i' più bramo.
L'ombra che cade da quell' umil colle,
Ove favilla il mio soave foco,

Ove 'l gran lauro fu picciola verga,
-Crescendo mentr' io parlo, agli occhi tolle
La dolce vista del beato loco

Ove 'I mio cor con la sua donna alberga.

Verso 1. Quella fronde. Cioè il lauro, allegoria di Laura e di Dafne. -2. Or. Forse era in tempo d'inver

no, quando non verdeggiano le altre piante. Al bel soggiorno. Nel suo bel soggiorno. 3-4. Par. Pari. Poi

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Paragonasi ad una nave in tempesta, e che incomincia a disperare del porto.

Passa la nave mia colma d'obblio

Per aspro mare a mezza notte il verno
Infra Scilla e Cariddi; ed al governo

Siede 'l signor, anzi 'l nemico mio.

A ciascun remo un pensier pronto e rio,

Che la tempesta e 'l fin par ch' abbia a scherno:
La vela rompe un vento umido eterno
Di sospir, di speranze e di desio.
Pioggia di lagrimar, nebbia di sdegni

Bagna e rallenta le già stanche sarte,
Che son d'error con ignoranza attorlo.
Celansi i duo miei dolci usati segni ;

Morta fra l'onde è la ragion e l'arte:
Tal ch'incomincio a disperar del porto.

Verso 2. Aspro. Turbato. Il ver-
no. In tempo d'inverno.
3. Al go-
verno. Della nave. -4. Il signor,
anzi 'l nemico mio. Amore. — 5. A
ciascun remo. Suppliscasi siede o sta.
-6. Il fin. La morte. 7. La
vela. Accusativo. Rompe. Fiede. Bat-

te. Percuote. Eterno. Continuo. Pe-
11. Che son. Che son

renne.

fatte. 12. duo miei dolci usati
segni. Le due mie consuete stelle.
Vuol dir gli occhi di Laura.-14. Del
porto. Di giungere in porto. Di sal-
varmi.

SONETTO CXXXVIII.

Contempla estatico Laura in visione, e predice, dolente, la morte di lei.
Una candida cerva sopra l'erba

Verde m' apparve, con duo corna d'oro,
Fra due riviere, all' ombra d'un alloro,
Levando 'l Sole, alla stagion acerba.

Era sua vista si dolce superba

Ch'i' lasciai per seguirla ogni lavoro;
Come l'avaro, che 'n cercar tesoro

થાય.

Con diletto l' affanno disacerba.

<< Nessun mi tocchi,» al bel collo d'intorno
Scritto avea di diamanti e di topazi;
<< Libera farmi al mio Cesare parve. »
Ed era 'l Sol già volto al mezzo giorno;
Gli occhi miei stanchi di mirar, non sazi;
Quand' io caddi nell'acqua, ed ella sparve.

Verso 3. Riviere. Fiumi. * Forse tra Sorga e Durenza. * 4. Levando 'l Sole. In sul levar del sole. Alla stagion acerba. In tempo di primavera. Veggasi il duodecimo verso del Sonetto centesimonono. 5. Vista. Aspetto. 8. Disacerba. Solleva. Tempera. 10. Portava scritto in

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caratteri di diamanti e di topazi.
11. Parve. Piacque. Ha riguardo al-
l'antico motto: Cæsaris sum; noli
me tangere. 12. Volto. Cioè vicino.
-13. Suppliscasi erano.-14.Il Tas-
soni pensa che il cader nell' acqua si-
gnifichi la quantità delle lacrime versate
dal Poeta, dopo lo sparire di Laura.*

SONETTO CXXXIX.

Ripone tutta la sua felicità solo nel contemplare le bellezze di Laura.

Siccome eterna vita è veder Dio,

Nè più si brama, nè bramar più lice,
Cosi me, donna, il voi veder, felice
Fa in questo breve e frale viver mio.
Nė voi stessa, com' or, bella vidio

Giammai, se vero al cor l'occhio ridice;
Dolce del mio pensier ôra beatrice,
Che vince ogni alta speme, ogni desio.
E se non fosse il suo fuggir si ratto,

Più non dimanderei: che s' alcun vive
Sol d'odore, e tal fama fede acquista ;
Alcun d'acqua o di foco il gusto e 'l tatto
Acquetan, cose d'ogni dolzor prive;
I' perchè non della vostr' alma vista?

Verso 1. Eterna vita è veder Dio. Il veder Dio è vita eterna.-5. Il voi veder. Il veder voi.-5. Com'or, bella. Bella come ora. Così bella come vi veggo al presente.-7. Del mio pensier ôra beatrice.Aura beatrice del mio pensiero. 9. Suo. Della detta ôra, cioè aura.-10. Alcun. Cioè alcuni animali. 11. E tal fama fede acquista.

Etal cosa è creduta per vera.*Si allude alla favola di Solino e di Plinio intorno agli astomi, cioè senza bocca, popoli che abitavano presso le fonti del Gange e che viveano di solo odore."-12.Alcun. Alcuni animali. 13. Acquetan. Appagano.Contentano. Dolzor. Dolcez14. Perchè non. Perchè non potrei vivere ed appagarmi.

za.

SONETTO CXL.

Invita Amore a vedere il bell' andamento e gli atti dolci e soavi di Laura.

Stiamo, Amor, a veder la gloria nostra,
Cose sopra naturá, altere e nove:
Vedi ben quanta in lei dolcezza piove;
Vedi lume che l' Cielo in terra mostra.
Vedi quant' arte dora e 'mperla e 'nnostra
L'abito eletto e mai non visto altrove;
Che dolcemente i piedi e gli occhi move
Per questa di bei colli ombrosa chiostra.
L'erbetta verde e i fior di color mille,

Sparsi sotto quell' elce antiqua e negra,
Pregan pur che 'l bel piè li prema o tocchi.
E'l ciel di vaghe e lucide faville

S'accende intorno, e 'n vista si rallegra
D'esser fatto seren da si begli occhi.

Verso 2. Altere e nove. Nobili e inusitate.-4. Il Cielo. Accusativo.5. Innostra. Imporpora. 7. Che.

Quanto. Veggasi il primo verso del Sonetto quarantesimosecondo.-13. In vista. Nel sembiante. Visibilmente.

SONETTO CXLI.

Nulla può immaginarsi di più perfetto che veder Laura, e sentirla parlare.
Pasco la mente d'un si nobil cibo,

Ch' ambrosia e nettar non invidio a Giove :
Che sol mirando, obblio nell'alma piove
D'ogni altro dolce, e Lete al fondo bibo.
Talor ch' odo dir cose e 'n cor describo,

Perchè da sospirar sempre ritrove,
Ratto per man d'Amor, nè so ben dove,
Doppia dolcezza in un volto delibo:
Che quella voce infin al Ciel gradita,

Suona in parole si leggiadre e care,
Che pensar nol poria chi non l'ha udita.
Allor insieme in men d' un palmo appare

Visibilmente, quanto in questa vita
Arte, ingegno e natura e 'l ciel può fare.

Verso 1. D'un si nobil cibo. Cioè del mirare e dell'ascoltar la sua Laura,

come poi dichiara. 3. Che. Perocchè. Mirando. Cioè mirando io Laura

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