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SONETTO CLXX.

Chiama ben felice chi guidò quella barca e quel carro, su cui Laura sedeva cantando.

Dodici donne onestamente lasse,

Anzi dodici stelle, e 'n mezzo un Sole
Vidi in una barchetta allegre e sole,
Qual non so s' altra mai onde solcasse.
Simil non credo che Giason portasse

Al vello ond' oggi ogni uom vestir si vole,
Nè 'l pastor di che ancor Troia si dole;
De' qua' duo tal romor al mondo fasse.
Poi le vidi in un carro trionfale,

E Laura mia con suoi santi atti schifi
Sedersi in parte e cantar dolcemente:
Non cose umane o vision mortale.
Felice Automedon, felice Tifi,
Che conduceste si leggiadra gente!

Verso 1. Onestamente lasse. In atto e positura compostamente e leggiadramente abbandonata e negletta.

E 'n mezzo. E in mezzo a loro. Un Sole. Vuol dir Laura. -4. Qual. Cioè simile alla qual barchetta. Altra. Altra barca. Onde. Nome accusativo. -5. Non credo che fosse simile a questa barchetta quella nave che portò Giasone.-6. Al vello. Cioè al vello d'oro. Onde. Del qual vello. Cioè di

drappi d'oro, di panni suntuosissimi.7. Di che. Di cui. - 8. De' qua' duo. Dei quali due. Cioè di Giasone e di Paride. Fasse. Fassi. Si fa.-10. Schifi. Verecondi e ritrosetti.44. In parte. Da un lato.-12. Cose sovrumane e vista più che mortale.-13. Cioè: felice te o cocchiero, e te o piloto. Automedonte fu nome del cocchiero di Achille, e Tifi del piloto degli Argonauti.

SONETTO CLXXI.

Tanto egli è misero nell' esser lontano da lei, quanto è felice il luogo che la possede.

Passer mai solitario in alcun tetto

Non fu quant'io, nè fera in alcun bosco;
Ch' i' non veggio 'l bel viso, e non conosco
Altro Sol, nè quest' occhi hann' altro obbietto.
Lagrimar sempre è 'l mio sommo diletto;

Il rider, doglia; il cibo, assenzio e tosco;
La notte, affanno; il ciel seren m'è fosco,
E duro campo di battaglia il letto.

Il sonno è veramente, qual uom dice,

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Parente della morte, e 'l cor sottragge
A quel dolce pensier che 'n vita il tene.
Solo al mondo paese almo felice,

Verdi rive, fiorite ombrose piagge,
Voi possedete ed io piango 'I mio bene.

Verso 1. Solitario. Dipende da
non fu.-2. Nè fera. Nè fiera. Sup-
pliscasi: fu mai tanto solitaria quanto
sono io.3. Che. Perchè. - 6. Do-
glia. Mi è doglia. - 9. È veramen-
te. È
per me veramente. Qual uom

dice. Quello che si dice. Come si dice. Quale egli è detto. 10.Il cor. Il mio cuore. — -11. Tene. Tiene. 12-13. Parla al paese ove è Laura. 44. Voi possedete il mio bene, ed io lo piango.

SONETTO CLXXII.

Invidia la sorte dell' aura che spira, e del fiume che scorre intorno a lei.

Aura che quelle chiome bionde e crespe
Circondi e movi, e se' mossa da loro
Soavemente, e spargi quel dolce oro,
E poi 'l raccogli e 'n bei nodi 'l rincrespe;
Tu stai negli occhi ond' amorose vespe

Mi pungon si, che infin qua il sento e ploro;
E vacillando cerco il mio tesoro,

Com' animal che spesso adombre e 'ncespe:
Ch' or mel par ritrovar, ed or m' accorgo

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Ch'i'ne son lunge; or mi sollevo, or caggio:
Ch'or quel ch' i' bramo, or quel ch'è vero, scorgo.
Aer felice, col bel vivo raggio

Rimanti. E tu, corrente e chiaro gorgo,
Che non poss' io cangiar teco viaggio?

Componeva il Poeta questo Sonetto in tempo che egli si allontanava da Laura.

Verso 2. Se'. Sei. - 4. Rincrespe. Rincrespi. - 5. Amorose vespe. Modo di dire metaforico. 6. Infin qua. Infin qua dove io sono, lungi da quegli occhi. Ploro. Piango. 8. Adombre. Adombri. Pigli ombra.

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Incespe. Incespi. Inciampi.-9. Mel par ritrovar. Parmi ritrovarlo. Mi pare di ritrovarlo. 10. Caggio. Cado.-12-13. Col bel vivo raggio Rimanti. Rimanti presso a quegli occhi. E tu, corrente e chiaro gorgo. E quanto si è a te, ruscello chiaro e corrente, che vai verso colà dove è Laura. -14. Che. Perchè.

SONETTO CLXXIII.

Essa, qual lauro, pose nel di lui cuor le radici; vi cresce, e l'ha con se da per tutto.

Amor con la man destra il lato manco
M'aperse, e piantovy' entro in mezzo 'l core

Un lauro verde si, che di colore

Ogni smeraldo avria ben vinto e stanco.
Vomer di penna, con sospir del fianco,

E'l piover giù dagli occhi un dolce umore
L'adornar si, ch' al ciel n' andò l'odore,
Qual non so già se d'altre frondi unquanco.
Fama, onor e virtute e leggiadria,

Casta bellezza in abito celeste

Son le radici della nobil pianta.
Tal la mi trovo al petto ove ch'i' sia;
Felice incarco; e con preghiere oneste
L'adoro e 'nchino come cosa santa.

Verso 2. In mezzo'l core. In mezzo al cuore.-3. Verde si. Sì fattamente verde. Di si fatta verdezza.-5. Vomer di penna. Il mio coltivar questo lauro colla penna, cioè il mio scriver di Laura. Con sospir del fianco. E i sospiri

del mio fianco.-8. Qual. Cioè simile al quale odore. Non so già se d'altre frondi. Suppliscasi: andasse al cielo. Unquanco. Mai. —12. La mi trovo al petto. Me la trovo al petto. La trovo nel mio petto. Ove che. Ovunque.

SONETTO CLXXIV.

Benchè in mezzo agli affanni, ei pensa d'essere il più felice di tutti.
Cantai; or piango, e non men di dolcezza
Del pianger prendo, che del canto presi;
Ch' alla cagion, non all' effetto, intesi
Son i miei sensi vaghi pur d'altezza.
Indi e mansuetudine e durezza,

Ed atti feri ed umili e cortesi

Porto egualmente; nè mi gravan pesi;
Nè l'arme mic punta di sdegni spezza.
Tengan dunque ver me l'usato stile

Amor, Madonna, il mondo e mia fortuna;
Ch'i' non penso esser mai se non felice.
Arda o mora o languisca; un più gentile
Stato del mio non è sotto la luna:
Si dolce è del mio amaro la radice.

Verso 1. Dolcezza. Piacere.
2. Che. Dipende da non men.
3-4. Che. Perocchè. Alla cagion, non
all' effetto. Alla cagione, che è Laura;
non all'effetto, o riso o pianto che egli

sia. Intesi son. Attendono. Riguardano. Vaghi. Desiderosi. 5. Indi. Però. 6. Feri. Fieri.-7. Porto egualmente. Cioè ricevo con egual di sposizione d'animo.-9. Ver. Verso.

L'usato stile. Il solito loro andamento.-14. Penso. Credo. Aspetto. 12-13. Arda o mora o languisca.

Voci di persona prima. Un più gentile Stato del mio. Uno stato più gentile del mio.

SONETTO CLXXV.

Tristo, perchè lontano da lei, al rivederla si rasserena e ritorna in vita.
I' piansí; or canto; che 'l celeste lume

Quel vivo Sole agli occhi miei non cela,
Nel qual onesto Amor chiaro rivela
Sua dolce forza e suo santo costume:
Onde e' suol trar di lagrime tal fiume,

Per accorciar del mio viver la tela,
Che non pur ponte o guado o remi o vela,
Ma scampar non potiemmi ale nè piume.
Si profond' era e di si larga vena

Il pianger mio, e si lungi la riva,
Ch' i'v' aggiungeva col pensier appena.
Non lauro o palma, ma tranquilla oliva
Pietà mi manda, e 'l tempo rasserena,
E'l pianto asciuga, e vuol ancor ch' i' viva.
8. Potiemmi. Poteanmi. Mi poteano,
11. Aggiungera. Giungeva.
12. Non lauro o palma. Segni di vit-
toria. Accusativi. Tranquilla oliva.
Segno di pace o tregua. Accusativo.
15. Pietà. Nata in cuor di Laura.
Il tempo. Accusativo.-14. Il pianto
Il mio pianto. Accusativo.

Verso 1. Che. Perocchè. Il celeste lume. Il suo celeste lume. Accusativo. 2. Quel vivo Sole. Laura.3. Nel qual. Nel qual sole. Chiaro. Avverbio. Rivela. Manifesta. Dà a vedere. 5. Onde. Dai quali occhi miei, detti qui di sopra nel secondo verso.-7. Non pur. Non solo.

SONETTO CLXXVI.

Trema che il male sopravvenuto a Laura negli occhi, lo privi della lor vista.

I' mi vivea di mia sorte contento,

Senza lagrime e senza invidia alcuna;
Che s'altro amante ha più destra fortuna,
Mille piacer non vaglion un tormento.
Or que' begli occhi, ond' io mai non mi pento
Delle mie pene, e men non ne voglio una,
Tal nebbia copre, si gravosa e bruna,
Che 'l Sol della mia vita ha quasi spento.

O natura, pietosa e fera madre,

Onde tal possa e si contrarie voglie
Di far cose e disfar tanto leggiadre?

D'un vivo fonte ogni poter s' accoglie.
Ma tu come 'I consenti, o sommo Padre,
Che del tuo caro dono altri ne spoglie?

Verso 2. Senza invidia alcuna.
Senza portare invidia ad alcuno.
3. S'altro amante. Se qualche altro
amante. Più destra. Più benigna. Mi-
gliore. 5-6. Onde. Per cagione dei
quali. Non mi pento Delle mie pene.
Non ho a grave le mie pene. E men
non ne voglio una. E non ne vorrei
una di meno. 7. Tal nebbia. Ac-
cenna un'infermità di Laura.—8. Il

Sol. Accusativo.

ra.

9. Fera. Fie 10. Onde. Onde ti vengono. Onde hai tu. 11. Di far cose e disfar. Di fare e disfar cose. 12. Risponde la Natura. Da un vivo fonte, che è Dio, deriva e si raccoglie in me ogni potere ch'io ho.

-13. Consenti. Permetti.-14. Altri. Cioè una malattia. Ne spoglie. Ci spogli.

SONETTO CLXXVII.

Gode di soffrire negli occhi suoi quel male medesimo da cui Laura guari.
Qual ventura mi fu quando dall' uno

De' duo i più begli occhi che mai furo,
Mirandol di dolor turbato e scuro,

Mosse vertù che fe 'l mio infermo e bruno!
Send' io tornato a solver il digiuno

Di veder lei che sola al mondo curo,
Fummi 'l Ciel ed Amor men che mai duro,
Se tutte altre mie grazie insieme aduno.
Che dal destr' occhio, anzi dal destro sole
Della mia donna, al mio destr' occhio venne
Il mal, che mi diletta e non mi dole :
E pur come intelletto avesse e penne,
Passò, quasi una stella che 'n ciel vole;
E Natura e pietade il corso tenne.
Essendo Laura inferma dell'occhio
destro, il Poeta, andato a vederla, in-
fermò esso parimente dell' occhio ritto,
e Laura guari.

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Verso 2. De' due occhi più belli che mai furono al mondo. 3. Mirandol. Mirandolo io. 4. Mosse. Neutro. Vertù. Una virtù. Un effluvio. -5.Send'io. Essendo io. Solver. Sciogliere. Rompere, -7-8. Il Cielo ed

Amore mi furono più cortesi che mi
fossero stati mai, se anche si raccol-
gano insieme tutte le altre grazie ch' io
ne ho ricevute fin qui, e così raccolte
si paragonino a questa sola.-12. Pur
come. Appunto come se.-13. Fole.
Voli. 14. Il corso tenne. Resse,
diresse, indirizzò all'occhio mio de
stro,
il suo corso,
cioè il corso del
detto male.

SONETTO CLXXVII.

Non trovando conforto in se stesso e nella solitudine, lo cerca tra gli uomini.

O cameretta, che già fosti un porto

Alle gravi tempeste mie diurne,

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