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I' dico che dal di che 'l primo assalto
Mi diede Amor, molt' anni eran passati,
Si ch'io cangiava il giovenile aspetto;
E dintorno al mio cor pensier gelati
Fatto avean quasi adamantino smalto
Ch' allentar non lassava il duro affetto:
Lagrima ancor non mi bagnava il petto

Nè rompea il sonno; e quel ch' in me non era,
Mi pareva un miracolo in altrui.

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Lasso, che son! che fui!

La vita al fin, e 'l di loda la sera.

Che sentendo il crudel di ch' io ragiono,

Infin allor percossa di suo strale

Non essermi passato oltra la gonna,

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Prese in sua scorta una possente donna,
Ver cui poco giammai mi valse o vale
Ingegno o forza o dimandar perdono.
Ei duo mi trasformaro in quel ch'i' sono
Facendomi d' uom vivo un lauro verde,
Che per fredda stagion foglia non perde.

Versi 1-3. Dico dunque che da che
io provai quel primo assalto di Amore
che si prova all'entrare della giovanez-
za, erano passati molti anni, tanto che
il mio aspetto giovanile non era più quel
di prima.-4. Pensier gelati. Pensieri
gravi e severi. Studj ed occupazioni gra-
vi.-5. Adamantino smalto. Un riparo
di acciaio.-6. Che non lasciava infie-
volire il mio rigido proposito di non
amare.-7. Lagrima. Di amore.
8. Ne rompea. Nè mi rompea. E quel
ch' in me non era. Cioè gli affanni e le
smanie d'amore.-9. Un miracolo. Una
maraviglia. Una cosa appena credibile.
-40. Che son! che fui! Quanto sono
diverso da quel che fui!-44. Non lo-
dar la vita prima della fine, nè il dì pri-
ma della sera. Modo proverbiale. Qui

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loda è voce dell'imperativo di lodare. —12. Perocchè avvedendosi Amore.43. Percossa di suo strale. Verun colpo di suo strale.-14. Non avermi passata la veste. Non avermi tocco nel vivo.15.Scorta. Aiuto. Una possente donna. Laura.-16. Verso cui, cioè con cui, non mi giovò mai nè mi giova.-17. Ingegno. Arte. Perdono. Pietà.-18. Ei duo. Questi due, cioè Amore e Laura. -19-20. Cambiandomi di uomo vivo ch'io era, in lauro verde, figura di Lau ra; il quale, non ostante la stagion fred da, non perde mai foglia. Vuol significare l'intensità e la costanza dell'amor suo; la prima, dicendo di essere stato trasformato nella persona stessa della sua donna; l'altra, dicendo che egli, come fa il lauro, non perde mai foglia.

Qual mi fec' io quando primier m' accorsi
Della trasfigurala mia persona,

E i capei vidi far di quella fronde
Di che sperato avea già lor corona,

E i piedi in ch' io mi stetti e mossi e corsi,
(Com' ogni membro all' anima risponde)
Diventar due radici sovra l'onde,

Non di Peneo, ma d'un più altero fiume;
E 'n duo rami mutarsi ambe le braccia!
Nè meno ancor m' agghiaccia
L'esser coverto poi di bianche piume,
Allor che fulminato e morto giacque
Il mio sperar, che troppo alto montava.
Che, perch' io non sapea dove nè quando
Mel ritrovassi, solo, lagrimando,

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Là 've tolto mi fu, di e notte andava
Ricercando dal lato e dentro all' acque,

E giammai poi la mia lingua non tacque,
Mentre poteo, del suo cader maligno:
Ond' io presi col suon color d' un cigno.

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Verso 1. Qual mi fec' io. Qual divenni! Che pensai! Chi può dir quello che provò l'animo mio? Quando primier. Quando prima. Tosto che. 2. Che la mia persona, cioè il mio corpo era trasfigurato.-5. Far. Farsi. Divenire. 4. Della qual fronde io aveva sperato che essi, cioè i miei ca pelli, dovessero una volta essere incoronati.-5. In ch' io mi sletti e mossi. Nei quali, cioè in sui quali, io stetti ritto e mi mossi. - 6. Come. Perocchè. All'anima. La quale nel Poeta non era più d'uomo, ma di pianta. Risponde. Corrisponde.-7. Diventar. Vidi diventare. 8. Di Peneo. Fiume della l'essaglia, sulle rive del quale si finge che accadesse la trasformazione di Dafne. D'un più altero fiume. Della Sorga, o del Rodano.-10. Nè meno. E non meno.- 44. Il ripensare come fui poscia coperto di bianche piume. Imi

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tazione della favola di Fetonte e di Cigno re della Liguria, di qui fino a tutta la stanza.-13. Il mio sperar. La mia speranza intorno a Laura.-14. Che. Poichè. Narra perchè fosse poi trasformato in un cigno.-15. Mel ritrovassi. Ritrovarlo, cioè il mio sperare. Io non sapea dove nè quando ritrovare, cioè ricuperare, la mia speranza perdu ta. 16. Là 've. Là dove. Tolto mi fu. Il mio sperare, che mi era stato ucciso.-17. Dal lato. Di qua e di là.— 48-20. E da quell'ora in poi la mia lingua, finchè potè, non cessò mai di lamentarsi della infelice caduta della mia speranza: onde io presi la voce e colla voce il colore di un cigno. Quanto al colore del cigno, che è bianco, il Poeta vuole accennare la sua canutezza, cominciata fino nella prima gioventù, come racconta esso medesimo nelle opere latine.

Cosi lungo l'amate rive andai;

Che volendo parlar, cantava sempre,
Mercè chiamando con estrania voce:
Nè mai in si dolci o in si soavi sempre
Risonar seppi gli amorosi guai,

Che 'l cor s'umiliasse aspro e feroce.
Qual fu a sentir, che 'l ricordar mi coce?
Ma molto più di quel ch'è per innanzi,
Della dolce ed acerba mia nemica
È bisogno ch' io dica;

Benchè sia tal, ch' ogni parlare avanzi.
Questa, che col mirar gli animi fura,

M'aperse il petto, e 'l cor prese con mano,
Dicendo a me: di ciò non far parola.

Poi la rividi in altro abito sola,

Tal ch'i' non la conobbi, (o senso umano!)
Anzi le dissi 'l ver, pien di paura:
Ed ella nell' usata sua figura
Tosto tornando, fecemi, oimè lasso,
D'uom, quasi vivo e sbigottito sasso.

Verso 1. L'amate rive. Del fiume
che ha detto di sopra.-5. Mercè chia-
mando. Chiedendo alla mia donna pie-
tà. Estrania. Non d'uomo, ma di ci-
gno.-4. Tempre. Modi.-5. Riso-
nar. Esprimer cantando.-6. Il cor.
Di Laura.-7. Pensate voi quanta fosse
la mia
pena
allora a sentirla, se mi cru-
cia anche il ricordarmene.-8-11. Ma
bisogna che io dica di Laura una
cosa molto maggiore, o pur cose molto
maggiori, di quelle che ho dette innan-
zi; benchè questo che ho a dire sia
tale che vinca ogni parlare, cioè non si
possa ben dare ad intendere con paro-
le.-12. Questa. Laura.-13-14. Ac-
cenna qualche dimostrazione di amore
datagli da Laura con divieto di farne

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parola. -15. In altro abito. Cioè in
aspetto più benigno del consueto,
16. Non la conobbi. Cioè la credetti
meno altiera di prima. O senso uma-
no! Come sei fallace! O giudizio uma-
no come sei facilmente ingannato
dalle apparenze! come ci lasciamo in-
gannare dalla speranza! 17. Anzi
cogliendo il tempo, perch' ella era sola
e mi parea più cortese, tremando, le
scopersi il mio desiderio.-18-20. Ma
ella ripigliando subito il solito suo ri-
gore, mi cangiò di uomo in un sasso
semivivo e sbigottito. Vuol significare
quanto fosse grande la confusione e
lo sbigottimento che provò per lo sde-
gno mostrato da Laura all'udire quella
richiesta.

Ella parlava si turbata in vista,

Che tremar mi fea dentro a quella petra
Udendo: I' non son forse chi tu credi.
E dicea meco: Se costei mi spetra,

Nulla vita mi fia noiosa e trista:

A farmi lagrimar, signor mio, riedi.

Come, non so; pur io mossi indi i piedi,
Non altrui incolpando, che me stesso,
Mezzo, tutto quel di, tra vivo e morto.
Ma perchè 'l tempo è corto,

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La penna al buon voler non può gir presso;
Onde più cose nella mente scritte

Vo trapassando, e sol d'alcune parlo,
Che maraviglia fanno a chi l'ascolta.

Morte mi s'era intorno al core avvolta;

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Nè lacendo potea di sua man trarlo,
O dar soccorso alle virtuti afflitte:

Le vive voci m'erano interditte:

Ond' io gridai con carta e con inchiostro:
Non son mio, no; s' io moro, il danno è vostro. 20

que

Verso 1. Turbata. Adirata. In vista. Nell'aspetto.-2. Fea. Faceva. A quella petra. A quella pietra nella quale io era mutato. — 5. Udendo. Üdendola io dire. I' non son forse chi tu credi. Io non sono tale qual tu forse mi credi, cioè donna da prestare orecchio a tali dimande. -4-6. E io diceva fra me : se costei mi libera da sto esser di pietra, cioè, partito ch'io mi sia questa volta dalla sua presenza, ogni vita, per dura e misera che sia, mi parrà dolce a paragone dello smarrimento e del travaglio che provo adesso. Torna, Amore, a farmi piangere come soglio, cioè, lasciami tornare alla mia vita trista, che pure è assai più comportabile di questo mio stato presente. 7. Io mi mossi di là, pur uscii di quell' esser di pietra, non so come.- 8. Dando solo a me stesso la

ed

colpa di quel che m'era accaduto. 9. E tutto quel dì fui mezzo vivo e mezzo morto.-14. La penna non può scrivere tutto quel ch'io vorrei. 42. Più cose. Molte cose.-13. Trapassando. Passando in silenzio.-14. Che sono maravigliose, e però più notabili delle altre.-15.Io era in un affanno mortale. -16. Potea. Io. Di sua man. Di mano della morte. Trarlo. Il mio cuore. 17. Alle virtuti afflitte. Ai miei spiriti oppressi. 18. Il parlare a Laura presenzialmente mi era interdetto, cioè impedito, perchè ella non mi voleva ascoltare. 19-20. Dunque non potendo reggere se io taceva, nè anche potendo parlare a viva voce, mi diedi a scrivere e far versi, e in questi gridai: Donna, io non sono più mio, ma vostro per tanto, se muoio, è vostro il danno.

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Ben mi credea dinanzi agli occhi suoi
D'indegno far cosi di mercè degno;
E questa spene m' avea fatto ardito.
Ma talor umiltà spegne disdegno,
Talor l'enfiamma: e ciò sepp' io dappoi,
Lunga stagion di tenebre vestito;

Ch' a quei preghi il mio lume era sparito.
Ed io non ritrovando intorno intorno
Ombra di lei, nè pur de' suoi piedi orma;
Com' uom che tra via dorma,
Gittaimi stanco sopra l'erba un giorno.
Ivi, accusando il fuggitivo raggio,
Alle lagrime triste allargai 'l freno,
E lasciaile cader come a lor parve:
Nè giammai neve sott' al Sol disparve,
Com'io sentii me tutto venir meno,
E farmi una fontana a piè d'un faggio.
Gran tempo umido tenni quel viaggio.
Chi udi mai d'uom vero nascer fonte?
E parlo cose manifeste e conte.

Versi 1-2. Ben credeva io così, cioè
con tali versi umili e supplichevoli, ren-
dermi nella estimazione di Laura degno
di perdono, da indegno ch' io n'era. Mi
credea far vuol dire credea farmi, ed
è maniera molto usata dagli antichi.-
3. Spene. Speme. Speranza.-5. En-
framma. Infiamma. E ciò sepp' io dap-
poi.E di ciò m'avvidi io di poi.-6-7.Es-
sendo vissuto per lungo tempo in te-
nebre, perchè il mio lume, cioè Laura,
per questo pregarla di perdono che io
faceva in versi, era sparita, cioè non mi
si lasciava più vedere.-8. Intorno in-
torno. All'intorno. In alcun luogo.
10. Come viandante che per via si getti

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a dormire. 12. Ivi, dolendomi della
mia luce, cioè della mia donna, che mi
fuggiva. 14. Parve. Piacque.
15-16. Nè mai neve si liquefece al Sole
così compiutamente come io mi sentii
tutto mancare e disfare. Dimostra
poeta con questa trasformazione come
le sue lagrime fossero abbondanti e con-
tinue.-17. E farmi. E divenire.
48. Umido. Si riferisce al viaggio, o più
probabilmente al Poeta. Tenni quel
viaggio. Andai trascorrendo,come fanno
i fiumi.-19. Chi udi mai che d'uom
vero nascesse un fonte? 20. E pur
queste cose che io narro, sono verissi
me; anzi manifeste e note.

L'alma, ch'è sol da Dio fatta gentile,
(Che già d'altrui non può venir tal grazia
Simile al suo Fattor stato ritene:
Però di perdonar mai non è sazia
A chi col core e col sembiante umile,
Dopo quantunque offese a mercè vene:
E se contra suo stile ella sostene

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D'esser molto pregata, in lui si specchia;
E fal, perchè 'l peccar più si pavente:
Che non ben si ripente

Dell' un mal chi dell' altro s' apparecchia.

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