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E gli aspidi incantar sanno in lor note,
Non che 'l gielo adornar di novi fiori.

Verso 4. All' ultimo bisogno. In questo bisgno estremo. 2. Accampa. Metti in campo, cioè in ope5. Mentre. Finchè. Fra

ra.

noi. Con noi, cioè te e me.
5. Gli aspidi. Accusativo. Sanno. I
versi. In lor note. Cioè colle loro
note.

Ridono or per le piagge erbette e fiori :
Esser non può che quell' angelic' alma
Non senta 'l suon dell' amorose note.
Se nostra ria fortuna è di più forza,
Lagrimando, e cantando i nostri versi,
E col bue zoppo andrem cacciando l' aura.

Verso 4. Vuol dir che era il tempo della primavera. 4. E di più forza. Può più che le amorose note. 3. Dipende dalla voce andrem del verso seguente. 6. Cioè: an

dremo procacciando una cosa impossi-
bile. Veggasi la seconda quartina del
Sonetto centesimo cinquantesimottavo.
Dicendo l'aura, allude al nome di
Laura.

In rete accolgo l'aura e 'n ghiaccio i fiori,
E 'n versi tento sorda e rigid' alma,
Che nè forza d'Amor prezza nè note.
nè forza nè note d' Amore.

Verso 3. Che non prezza, cioè non cura,

SONETTO CLXXXII.

La invita a trovare in se stessa il perchè egli non possa mai starsi senza di lei.

I'ho pregato Amor, e nel riprego,

Che mi scusi appo voi, dolce mia pena,
Amaro mio diletto, se con piena
Fede dal dritto mio sentier mi piego.

I' nol posso negar, donna, e nol nego,

ཏྟཱ

Che la ragion, ch' ogni buon' alma affrena,
Non sia dal voler vinta ; ond' ei mi mena

Talor in parte ov' io per forza il sego.

Voi, con quel cor che di si chiaro ingegno,
Di si alta virtute il cielo alluma,

Quanto mai piovve da benigna stella;
Devete dir pietosa e senza sdegna:

Che può questi altro? il mio volto 'I consuma:
Ei perchè ingordo, ed io perchè si bella.

Verso 1. Nel. Ne lo.

po. Appresso.

2. Ap- fede. Conservando nondimeno intera 3-4. Con piena la mia fedeltà e lealtà verso di voi.

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SONETTO CLXXXIII.

Il pianger ch' ei fa per Laura malata, non ammorza, ma cresce il suo incendio.
L'alto Signor dinanzi a cui non vale
Nasconder nè fuggir nè far difesa,
Di bel piacer m' avea la mente accesa
Con un ardente ed amoroso strale:
E benchè 'l primo colpo aspro e mortale
Fosse da sè; per avanzar sua impresa,
Una saetta di pietate ha presa;

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E quinci e quindi 'l cor punge ed assale.
L'una piaga arde, e versa foco e fiamma ;
Lagrime l'altra, che 'l dolor distilla
Per gli occhi miei del vostro stato rio.
Nè per duo fonti sol una favilla

Rallenta dell' incendio che m'infiamma;
Anzi per la pietà cresce 'l desio.

Verso 1. L'alto Signor. Cioè Amo-
re. 2. Nasconder. Nascondersi.
3. Piacer. Desiderio, come si vede
dichiarato nell' ultimo verso. 5. Il
primo colpo. Cioè questo colpo di de-
siderio.-6. Da sè. Per sè medesimo
senza più. Per avanzar sua impresa.
Per far maggiore effetto. - 7. Di
pietate. Che mi è cagionata dal veder
Laura inferma. Ha presa. Cioè l'alto
Signore detto di sopra. 8. Quinci
e quindi. Cioè colla saetta del desi-

derio e con quella della pietà. Il cor.
Il mio cuore. - 10. Lagrime l'al-
tra. L'altra piaga versa lagrime. Che.
Accusativo. Le quali lagrime.
11. Del vostro stato rio. Dipende
dal nome precedente, il dolor.
12. Nè per duo fonti. Nè per que-
sto mio piangere. Nè con tutto il mio
pianto. Sol una. Pur una. Una sola.

15. Rallenta. Verbo neutro. Si mitiga. Dell' incendio. Dipende da fa villa.

SONETTO CLXXXIV.

Dice al suo cuore di ritornarsene a Laura, e non pensa ch'è già seco lei.

Mira quel colle, o stanco mio cor vago:

Ivi lasciammo ier lei ch' alcun tempo ebbe
Qualche cura di noi e le ne 'ncrebbe,
Or vorria trar degli occhi nostri un lago.

L

Torna tu in là, ch' io d' esser sol m' appago;
Tenta se forse ancor tempo sarebbe

Da scemar nostro duol, che 'n fin qui crebbe,
O del mio mal partecipe e presago.

Or tu c' hai posto te stesso in obblio,

E parli al cor pur com'e' fosse or teco,
Misero, e pien di pensier vani e sciocchi!
Ch' al dipartir del tuo sommo desio,

Tu te n' andasti, e' si rimase seco
E si nascose dentro a' suoi begli occhi.
Verso 2. Alcun tempo. Già un tem-
po.-5. Le ne 'ncrebbe. Le increbbe
di noi. Ci ebbe compassione.-5. D'es-
ser sol m'appago. Mi compiaccio, o
pur mi contento, di star solo.-6. Se
forse ancor tempo sarebbe. Se fosse
ancor tempo.-7. Da scemar nostro
duol. Rammorbidando un poco l'ani-
mo di Laura. Che 'nfin qui crebbe.

SONETTO

Che fino a ora non ha fatto altro che crescere. 8. O. O cuore. - -9. Or tu. Si volge il Poeta a se stesso, riprendendosi. 10. Pur com'e'. Nè più nè meno come se egli.—12. Al dipartir. Al partirsi. Ovvero, al partirti. Del tuo sommo desio. Di Laura. Ovvero, da Laura. 13. E'. Il tuo cuore. Seco. Cioè con Laura,

CLXXXV.

Misero! ch' essendo per lei senza cuore, ella si ride se questo parli in suo pro.
Fresco, ombroso, fiorito e verde colle

Ov' or pensando ed or cantando siede,
E fa qui de' celesti spirti fede
Quella ch'a tutto 'l mondo fama tolle;
Il mio cor, che per lei lasciar mi volle,
E fe gran senno, e più se mai non riede,
Va or cantando ove da quel bel piede
Segnata è l'erba e da quest'occhi molle.
Seco si stringe, e dice a ciascun passo:
Deh fosse or qui quel miser pur un poco,
Ch' è già di pianger e di viver lasso.
Ella sel ride; e non pari il gioco:

mente farà se non tornerà meco mai

Tu paradiso, i' senza core un sasso, O sacro, avventuroso e dolce loco. Verso 3. E rende testimonianza quaggiù in terra degli spiriti del cielo, cioè mostra in se un'immagine di quegli spiriti.4. Cioè quella che vince, oscura, la fama di chicchessia. Tolle sta per toglie. 6. E fece molto saviamente, e anco più savia

di

più. 7. Contando. Cioè notando.
Ove. I luoghi ove. - 8. E da que-
st' occhi molle. E molle del pianto
questi occhi. 9. Seco si stringe. Si
stringe, cioè si fa presso,
a colei. -
10. Quel miser. Cioè il Poeta.

12. Sel ride. Si ride di ciò. Il gioco. Cioè il caso, la condizione tua e la mia. — 15-14. Tu, o sacro, dolce e

fortunato colle, sei un paradiso, per la presenza di Laura; io sono un sasso

senza cuore.

SONETTO CLXXXVI.

Ad un amico innamorato suo pari, non sa dar consiglio, che di alzar l'anima a Dio.

Il mal mi preme, e mi spaventa il peggio,
Al qual veggio si larga e piana via,
Ch'i' son intrato in simil frenesia,

E con duro pensier teco vaneggio.
Nè so se guerra o pace a Dio mi cheggio:
Che 'l danno è grave e la vergogna è ria.
Ma perchè più languir? di noi pur fia

Quel ch' ordinato è già nel sommo seggio.
Bench' i' non sia di quel grande onor degno
Che tu mi fai; che te ne 'nganna amore,
Che spesso occhio ben san fa veder torto;
Pur d'alzar l'alma a quel celeste regno

È'l mio consiglio, e di spronare il core;
Perchè 'l cammin è lungo e 'l tempo è corto.
6. Il danno. Del continuar

Risposta a un Sonetto di Giovanni De' Dondi, che, dicendo di esser quasi fuori di senno per una sua passione amorosa, dimandava consiglio al Poeta.

Verso 1. Il mal. Cioè il mal presente. Mi preme. Mi grava. Mi opprime. Il peggio. Che io temo. 3. Intrato. Entrato. In simil frenesia. In frenesia simile alla vostra. 5. Mi cheggio. Io chiegga. Debba io chiede

re.

nella guerra, cioè nella mia passione.
La vergogna. Dell' abbandonar la
guerra e la impresa. 7. Pur. A
ogni modo. 8. Nel sommo seggio.
Nella sede di Dio, cioè in cielo.
10. Te ne 'nganna. T'inganna di ciò,
in ciò. Amore. L'amore che tu mi
porti. 14. Che. Il quale amore.
San. Sano.

SONETTO CLXXXVII.

S'allegra per le lusinghiere parole dettegli da un amico in presenza di Laura.

Due rose fresche, e colte in paradiso

L'altr' ier, nascendo, il di primo di maggio,
Bel dono, e d'un amante antiquo e saggio
Tra duo minori egualmente diviso,"

Con si dolce parlar e con un riso
Da far innamorar un uom selvaggio,
Di sfavillante ed amoroso raggio
E l'uno e l'altro fe cangiare il viso.
Non vede un simil par d'amanti il sole,

Dicea ridendo e sospirando insieme;
E stringendo ambedue, volgeasi attorno.
Cosi partia le rose e le parole:

Onde 'l cor lasso ancor s' allegra e teme.
O felice eloquenza! o lieto giorno!

Verso 1-2. Colte in paradiso L'altr'ier, nascendo, il dì primo di maggio. Colte in paradiso in sul loro nascere, l'altro ieri, che fu il primo di maggio.3. E d'un amante antiquo. E da un amante vecchio. Chi fosse costui, non si ha notizia. 4. Tra duo minori. Tra due altri amanti, minori di età. Cioè tra Laura e me. Egualmente diviso. Vuol dire che quel vecchio diede a ciascuno de' due

una rosa. - 5. Con. Dipende dalla parola diviso del verso precedente. — 7-8. Fece che l'uno e l'altro cangia. rono il viso, si cangiarono in viso, il quale sfavillò di un raggio amoroso.

9. Par. Paio. Coppia. Accusativo. - 11. Volgeasi attorno. Si volgeva ora all' uno e ora all' altro de' due. 12. Partia. Compartia, dividea, tra noi due. 13. Il cor. Il mio cuore. Ancor. A ricordarsene.

SONETTO CLXXXVIII.

La morte di Laura sarà un danno pubblico, e brama perciò di morire prima di lei.
Laura, che 'l verde lauro e l' aureo crine
Soavemente sospirando move,

Fa con sue viste leggiadrette e nove
L'anime da' lor corpi pellegrine.

Candida rosa nata in dure spine!

Quando fia chi sua pari al mondo trove?
Gloria di nostra etate! O vivo Giove,
Manda, prego, il mio in prīma che'l suo fine;
Si ch' io non veggia il gran pubblico danno,
E 'l mondo rimaner senza 'l suo sole,
Nè gli occhi miei, che luce altra non hanno;
Nè l' alma, che pensar d'altro non vole,
Nè l'orecchie, ch' udir altro non sanno,
Senza l'oneste sue dolci parole.

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