SONETTO CLXXXIX. Perchè nessun dubiti di un eccesso nelle sue lodi, invita tutti a vederla. Parra forse ad alcun che 'n lodar quella Ch'i' adoro in terra, errante sia 'l mio stile, Santa, saggia, leggiadra, onesta e bella. Non abbia a schifo il mio dir troppo umile, Giunger non pote: Amor la spinge e tira, Verso 7. Degna. Dipende da ella. D'assai più alto. D'un dire assai più alto.Sottile. Fino.Squisito.-8. Venga egli a vedella. Venga esso medesimo a vederla.-9. Quello ove. Quella cosa a che, a cui. Cioè il lodar Laura degnamente, e quanto se le converrebbe. -10-11. Atene, Arpino, Mantova e Smirna. Cioè Demostene, Cicerone, Virgilio ed Omero. E l'una e l'altra lira. E l'uno e l'altro poeta lirico. Cioè Orazio e Pindaro: 12. Al suo stato divino. Ad agguagliare, a significar deguamente e compiutamente, le divine qualità di costei. 13. Pote. Puote. Può. La spinge e tira. Costringe la lingua del Poeta a dir le lodi di Laura. 14. Non per elezion. Perocchè il Poeta non si sarebbe messo volontariamente a si fatta impresa, conoscendosi non avere forze bastanti a condurla. Chiunque l'avrà veduta dovrà confessare che non si può mai lodarla abbastanza. Chi vuol veder quantunque può Natura E1 Ciel tra noi, venga a mirar costei, Ch'è sola un Sol, non pur agli occhi miei, E venga tosto, perchè Morte fura Giunti in un corpo con mirabil tempre. L'ingegno offeso dal soverchio lume: Pensando a quel dì in cui lasciolla sì trista, teme della salute di lei. Qual paura ho quando mi torna a mente Tra belle donne, a guisa d'una rosa Le perle e le ghirlande e i panni allegri Or tristi augurii e sogni e pensier negri Laura gli apparisce in sonno, e gli tʊglie la speranza di rivederla. Solea lontana in sonno consolarme Con quella dolce angelica sua vista Nè di duol né di tema posso aitarme: Vera pietà con grave dolor mista, Dic' ella, ch'i' lasciai gli occhi tuoi molli, Or tel dico per cosa espèrta e vera: Verso 2. Vista. Aspetto.-4. E le quali il mio cuore si persuade di SONETTO CXCIII. Non può creder vera la morte di lei; ma se è, prega Dio di togliergli la vita. O misera ed orribil visione! È dunque ver che 'nnanzi tempo spenta A me pur giova di sperare ancora La dolce vista del bel viso adorno, Che me mantene e 'l secol nostro onora. Se per salir all' eterno soggiorno Uscita è pur del bell'albergo fora, Prego non tardi il Verso 5. Si gran romor. La fama di si gran caso come sarebbe questo della morte di Laura. Sone. Suoni. Risuoni.-6. O per lei stessa il senta? O che io non lo intenda da lei che il mio ultimo giorno non tardi a venire. 13. Del bell'albergo. Cioè del suo bel corpo. Fora. Fuori. - 44. Prego Dio SONETTO CXCIV. Il dubbio di non rivederla lo spaventa sì, che non riconosce più se medesimo. In dubbio di mio stato, or piango or canto; Or fia giammai che quel bel viso santo Renda a quest' occhi le lor luci prime? E per prender il ciel debito a lui, Non curi che si sia di loro in terra, Di ch' egli è 'l sole, e non veggiono altrui? Vivo, ch'i' non son più quel che già fui; Verso 1. In dubbio di mio stato. Vuol dire incerto se Laura sia viva o morta.-3. Incarco. Affanno. Travaglio. Sollecitudine d'animo. Tutte sue lime. Cioè tutte le sue guise ed arti di tormentare. 6. Le lor luci prime. La luce che essi godettero un tempo. -7. Che di me stesso estime. Quello che io debba pensare, giudicare di me stesso, della mia sorte. 9. E. E che quel bel viso santo. - Prender il ciel. Entrare nel soggiorno del cielo. Debito. Dovuto.-10. Non si dia pensiero di quel che sia per essere di questi occhi miei.-14. Diche. Dei quali occhi. E. E i quali occhi. Altrui. Altro. SONETTO CXCV. Sospira quegli sguardi da cui, per suo gran danno, è costretto di allontanarsi. O dolci sguardi, o parolette accorte, Or fia mai 'l di ch' io vi riveggia ed oda? O bel viso, a me dato in dura sorte, Di ch'io sempre pur pianga e mai non goda; E se talor da begli occhi soavi, Ove mia vita e 'l mio pensiero alberga, Forse mi vien qualche dolcezza onesta; E m'allontane, or fa cavalli or navi Verso 3. Di che. Di cui. Con cui. sempre è si pronta e sollecita a farmi male, procaccia o cavalli o navi, cioè occasioni d'ogni maniera, per allontanarmi da Laura, e dissipare ogni mio bene. SONETTO CXCVI. Non udendo più novella di lei, teme sia morta, e sente vicino il proprio fine. I' pur ascolto, e non odo novella Della dolce ed amata mia nemica, Nè so che me ne pensi o che mi dica; Questa più d'altra è bella e più pudica : Torre alla terra, e 'n ciel farne una stella, I miei corti riposi e i lunghi affanni Verso 1. I' pur ascolto. Io sto di continuo ascoltando, coll' orecchio teso per udire. 3. Che me ne pensio che mi dica. Quello che io ne debba pensare o dire. Che pensarne o dirne.-4. Si. Talmente. In sì fatta guisa. Il cor. Actusativo. Tema. Nome.-6. D'altra. Di qualunque altra.-9. E se questo è. E se ciò è. E se così è.-11-12.0 dura dipartita, Perchè lontan m' hai fatto da'miei danni? Perchè mi è convenuto partirmi da Laura, e mi conviene ora trovarmi lontano da' miei danni, cioè non posso pure esser presente al suo transito?-13. La mia favola. La mia rappresentazione scenica. Vuol dir, la mia vita.-14. E fornito. Ed è finito. A mezzo gli anni. Al mezzo degli anni. SONETTO CXCVII. Brama l'aurora perchè lo acqueta, e gli mitiga gli affanni della notte, La sera desiar, odiar l'aurora Soglion questi tranquilli e lieti amanti: |