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La mattina è per me più felice ora:
Che spesso in un momento apron allora
L'un sole e l'altro quasi duo levanti,
Di beltate e di lume si sembianti,
Ch' anco 'I ciel della terra s'innamora;
Come già fece allor ch' e' primi rami

Verdeggiar, che nel cor radice m' hanno;
Per cui sempre altrui più che me stess' ami.
Cosi di me due contrarie ore fanno :

E chi m'acqueta è ben ragion ch'i' brami,
E tema ed odii chi m' adduce affanno.

Verso 3. Doppia. Verbo. Raddoppia. 5-6. In un momento. In un punto medesimo.Apron allora L'un sole e l'altro quasi duo levanti. Aprono, per dir così, due orienti, cioè si levano, appariscono allora l'un sole e l'altro, cioè il sole e Laura.--7. Si somiglianti tra sè di bellezze e di lume.- 8. Che il cielo s'innamora della terra per cagion di Laura, non meno che la terra 'innamora del cielo per cagion del sole. - 9. Come già esso, cioè il cielo, s'innamorò della terra quando per la prima volta verdeggiò, cioè quando ebbe ori

SONETTO

gine, quella pianta che mi ha radice nel cuore, cioè che ha radice nel mio cuore. Vuol dir la pianta dell' alloro, figura di Laura; ed accenna la trasformazione di Dafne.-14. Per li quali rami, ovvero per la qual radice, avviene, conviene, che io ami sempre altra persona (che è Laura) più che me stesso. 12. Così di me. Tale effetto in me. Due contrarie ore. Cioè il mat

tino e la sera. — 13. Chi. Quell' ora che. Accusativo. Dipende da brami. Ragion. Ragionevole.-14. Chi. Quell'ora che. M' adduce. Mi reca.

CXCVIII.

Struggesi per lei; e sdegnato si maraviglia ch'ella ciò non vegga anche dormendo.

Far poless' io vendetta di colei

Che guardando e parlando mi distrugge,

E per più doglia poi s'asconde e fugge,
Celando gli occhi a me si dolci e rei.
Cosi gli afflitti e stanchi spirti miei

A poco a poco consumando sugge;
E 'n sul cor, quasi fero leon, rugge
La notte, allor quand' io posar devrei.
L'alma, cui Morte del suo albergo caccia,
Da me si parte; e di tal modo sciolta,
Vassene pur a lei che la minaccia.
Maravigliomi ben s'alcuna volta,

Mentre le parla, e piange, e poi l'abbraccia,
Non rompe 'l sonno suo, s'ella l'ascolta.

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La guarda fiso; ed ella copresi il volto. Qual nuovo diletto nel voler rivederlo!

In quel bel viso ch'i' sospiro e bramo,
Fermi eran gli occhi desiosi e 'ntensi,
Quand' Amor porse (quasi a dir: che pensi?)
Quell' onorata man che secondo amo.

Il cor preso ivi, come pesce all' amo,
Onde a ben far per vivo esempio viensi,
Al ver non volse gli occupati sensi,
O come novo augello al visco in ramo;
Ma la vista privata del suo obbietto,
Quasi sognando, si facea far via
Senza la qual il suo ben è imperfetto:
L'alma, tra l'una e l'altra gloria mia,
Qual celeste non so novo diletto
E qual strania dolcezza si sentia.

Verso 1. Ch'i' sospiro e bramo. Per cui sospiro, cioè peno, e il quale bramo.-2. Gli occhi. Gli occhi miei. Intensi.Intesi.Tesi. Intenti.-3. Quando Amore, cioè quell'amorosa donna, quasi dicendomi: che pensi? porse, cioè pose innanzi al suo viso.-4. Secondo. Avverbio. In secondo luogo.Cioè dopo il viso.-5. Il cor. Il mio cuore. Ivi. Cioè in quella mano.-6. Dipende da ivi. La qual mano conduce con vivo esempio a bene operare.-7. Cioè non si accorse non pose mente, che mi fosse tolta la vista del volto. 8. 0 come. Si riferisce alle parole del quinto verso, come pesce all'amo. Novo. Giovane. Inesperto. 9. La vista. La mia vista. Del suo obbietto. Cioè del viso di Laura.-10-14. Distingue il

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Poeta dal suo cuore agli occhi, e dice che quello, quasi colto e preso dalla mano di Laura, non ebbe luogo a darsi pensiero di ciò che essa toglieva agli occhi; ma questi, il cui bene, cioè la vista della mano senza la vista del volto, era imperfetto, s'aiutarono della immaginativa in modo, che quasi per sognoparve loro, non ostante la opposizione della mano, di continuare a mirare il viso. St facea far via Senza la qual. Si fa cea fare, si apriva, quella via senza la quale, la quale se non le è aperta. - 12. L'alma. L'anima mia. L'una e l'altra gloria mia. Vuol dire il viso e la mano di Laura.-13. Non so qual diletto celeste e disusato. 14. Strania. Strana. Straordinaria.

SONETTO CC.

Le liete accoglienze di Laura oltre 'l costume, lo fecero quasi morir di piacere.

Vive faville uscian de' duo bei lumi
Ver me si dolcemente folgorando,
E parte d'un cor saggio, sospirando,
D'alta eloquenza si soavi fiumi;
Che pur il rimembrar par mi consumi
Qualor a quel di torno, ripensando
Come venieno i miei spirti mancando
Al variar de' suoi duri costumi.

L'alma nudrita sempre in doglie e 'n pene,
(Quant'è 'l poter d'una prescritta usanza!)
Contra 'I doppio piacer si inferma fue,
Ch' al gusto sol del disusato bene,

Tremando or di paura or di speranza,
D'abbandonarmi fu spesso intra due.

Verso 2. Ver. Verso. Folgorando.
Folgoranti.3. E parte. E insieme,
e in quel medesimo tempo, e pari-
mente, uscivano. Sospirando. Sospi-
rante.-5. Puril rimembrar. Solo il
ricordarmene. Par mi consumi. Pare
che mi consumi. 6. Qualor. Ogni
volta che. A quel di torno. Colla me-
moria.-7. Venieno. Venivano.
8. Cioè in quel giorno medesimo, al
veder Laura così mutata, e di rigida e

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aspra divenuta benigna. —9. L'alma. L'alma mia. 10. Quant'è. Quanto

grande. Prescritta usanza. Assuefazione inveterata.-14. Contra'l doppio piacer. A reggere a quel doppio piacere, cioè di quegli sguardi benigni e di quelle parole dolci. Inferma. Debole. Fue. Fu.-12. Al gusto sol. Al solo assaggiare. Del. Di quel.-14.Fu spesse volte in dubbio, in punto, di abbandonarmi.

SONETTO CCI.

Nel pensar sempre a lei, gli dà pena di sovvenirsi anche del luogo dov' ella sta.

Cercato ho sempre solitaria vita

(Le rive il sanno e le campagne e i boschi)

Per fuggir quest' ingegni sordi e loschi,

Che la strada del ciel hanno smarrita ::

E se mia voglia in ciò fosse compita,
Fuor del dolce aere de' paesi toschi
Ancor m'avria tra' suoi be' colli foschi
Sorga, ch'a pianger e cantar m'aita.
Ma mia fortuna, a me sempre nemica,

Mi risospinge al loco ov' io mi sdegno
Veder nel fango il bel tesoro mio.
Alla man ond' io scrivo, è fatta amica

A questa volta; e non è forse indegno:
Amor sel vide, e sal Madonna ed io.

Verso 3. Quest'ingegni sordi e loschi. Cioè i tristi e gli sciocchi.-5.Cioè: se io potessi in questa cosa fare a mio modo.-6. Cioè, lontano dalla mia patria.-7. M'avria. Cioè: mi vedrebbe dimorare. Foschi. Ombrosi.-8. Sorga. Fiume di Valchiusa. -10. Al loco. Intende di Avignone, ove risedeva allora la corte di Roma.-14. Veder. Di ve

der. Nel fango. Tra quet cortigiani vili e ribaldi. Il bel tesoro mio. Cioè Laura. -12-14. Luogo oscuro, che forse accenna copertamente qualche cosa che noi non sappiamo. Le interpretazioni dei comentatori non mi soddisfanno in modo alcuno. Onde. Colla quale. E fatta amica.E divenuta amica. Cioè la mia fortuna. Sel vide. Lo vide. Sal. Sallo. Lo sa.

SONETTO CCII.

La bellezza di Laura è gloria di Natura ; e però non v'ba donna a cui si pareggi.

In tale stella duo begli occhi vidi,
Tutti pien d'onestate e di dolcezza,
Che presso a quei d'Amor leggiadri nidi
Il mio cor lasso ogni altra vista sprezza.
Non si pareggi a lei qual più s' apprezza

In qualch' etade, in qualche strani lidi ;
Non chi recò con sua vaga bellezza

In Grecia affanni, in Troia ultimi stridi;

Non la bella Romana che col ferro

Apri il suo casto e disdegnoso pelto;

Non Polissena, Issifile ed Argia.

Questa eccellenzia è gloria (s' io non erro)
Grande a Natura, a me sommo diletto;
Ma che? vien tardo e subito va via.

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SONETTO CCIII.

Le donne che vogliano imparar le virtù, mirino fise negli occhi di Laura.

Qual donna attende a gloriosa fama
Di senno, di valor, di cortesia,
Miri fiso negli occhi a quella mia

Nemica, che mia donna il mondo chiama.
Come s'acquista onor, come Dio s' ama,
Com'è giunta onestà con leggiadria,
Ivi s' impara, e qual è dritta via
Di gir al Ciel, che lei aspetta e brama.
Ivi 'l parlar che nullo stile agguaglia,

E' bel tacere, e quei santi costumi
Ch'ingegno uman non può spiegar in carte.
L'infinita bellezza, ch' altrui abbaglia,

Non vi s' impara; che quei dolci lumi
S'acquistan per ventura e non per arte.

Verso 1. Qual. Qualunque. Attende a. Cerca.-6. Com'è giunta. Co

me si congiunge.-9. Ivi. Ivi s'impara. Che. Accusativo. Nullo. Nessuno.

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Provando che l'onestà dee preferirsi alla vita, fa' il bell' elogio di Laura.

Cara la vita, e dopo lei mi pare

Vera onestà che 'n bella donna sia.
L'ordine volgi: e' non fur, madre mia,
Senz'onestà mai cose belle o care.

E qual si lascia di suo onor privare,

Nè donna è più, nè viva; e se, qual pria,
Appare in vista, è tal vita aspra e ria
Via più che morte e di più pene amare.

Nè di Lucrezia mi maravigliai,

Se non come a morir le bisognasse
Ferro, e non le bastasse il dolor solo.
Vengan quanti filosofi fur mai

A dir di ciò tutte lor vie fien basse;
E quest' una vedremo alzarsi a volo.

Versi 1-2. Pare che questi versi sieno in persona di una donna attempata che parli con Laura. In bella donna mi pare che innanzi ad ogni altra cosa sia

cara la vita, e dopo la vita una vera onestà.-3. Pare che Laura risponda. L'ordine volgi. Cioè: di piuttosto che l'onestà è cara sopra ogni cosa, e, do

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