Sayfadaki görseller
PDF
ePub

etion

Diè con tanti sospir, con tal sospetto
In dubbio stato si fedel consiglio; il
Come a me quella che 'l mio grave esiglio
Mirando dal suo eterno alto ricetto,
Spesso a me torna con l'usato affetto;
E di doppia pietate ornata il ciglio,
Or di madre or d'amante: or teme or arde
D'onesto foco; e nel parlar mi mostra
Quel che 'n questo viaggio fugga o segua,
Contando i casi della vita nostra,

Pregando ch'a levar l'alma non tarde:
E sol quant' ella parla ho pace o tregua.

Verso 3. Sospetto. Cioè timor di
male che potesse avvenire al figlio o
allo sposo.
7. Usato. Consueto.
Solito. 11. In questo viaggio. In
questa vita. Fugga o segua. Io deb-

ba fuggire o cercare.

- 13. Pregando. Pregandomi. Levar. Innalzare a Dio. Non tarde. Io non tardi. 14. Quanto. Mentre. Intanto che. Finchè.

SONETTO XVIII.

Torna pietosa a riconfortarlo co' suoi consigli; ed ei non può non piegarvisi.

Se quell' aura soave de' sospiri

Ch'i' odo di colei che qui fu mia

Donna, or è in cielo, ed ancor par qui sia,
E viva e senta e vada ed ami e spiri,

Ritrar potessi; o che caldi desiri

Movrei parlando! si gelosa e pia

[ocr errors]

Torna ov' io son, temendo non fra via Mi stanchi, o 'ndietro o da man manca giri. Ir dritto alto m'insegna: ed io che 'ntendo Le sue caste lusinghe e i giusti preghi Col dolce mormorar pietoso e basso, Secondo lei conven mi regga e pieghi, Per la dolcezza che del suo dir prendo, Ch' avria vertù di far piangere un sasso. per via. 9. Leopardi poneva una virgola dopo dritto, e spiegava: M'insegna di andar diritto e all'alto. A noi piace la lezione del sig. Carrer che non ha quella virgola; e spieghiamo: ir drillamente all'alto, cioè tendere alle celesti cose senza voltarsi nè d'una

Verso. 5. Donna. Signora. Par qui sia. Par che sia qui, cioè in terra.

5. Ritrar. Esprimere con parole. - 6. Movrei. Moverei. Cioè in chi mi ascoltasse. Gelosa. Paurosa del mio male. Pia. Pietosa. 7-8. Non fra via Mi stanchi. Che io non mi stanchi

[ocr errors]
[merged small][merged small][merged small][merged small][ocr errors][merged small]

Morto Sennuccio, lo prega di far sapere a Laura l'infelicità del suo stato.

Sennuccio mio, benchè doglioso e solo
M'abbi lasciato, i' pur mi riconforto,
Perchè del corpo, ov'eri preso e morto,
Alteramente se' levato a volo.

Or vedi insieme l' uno e l'altro polo,
Le stelle vaghe e lor viaggio torto;
E vedi 'l veder nostro quanto è corto :
Onde col tuo gioir tempro 'l mio duolo.
Ma ben ti prego che 'n la terza spera

Guitton saluti e messer Cino e Dante,
Franceschin nostro, e tutta quella schiera.
Alla mia donna puoi ben dire in quante
Lagrime i' vivo; e son fatto una fera,
Membrando 'l suo bel viso e l'opre sante.

Verso 3. Del. Dal. Preso. Prigioniero. Morto. Dà ad intendere che quel che si chiama vita, è più veramente una morte. 4. Se' levato. Ti sei le6. Vaghe. Erran

vato, cioè alzato.

ti.

[ocr errors]

8. Col tuo gioir. Col pensiero

de' tuoi godimenti. 9. In la terza

spera. Nella sfera di Venere, pianeta degli amanti. - 11. Quella schiera. Delle anime amorose.-13. Fatto. Diventato. Una fera. Un animale salvatico. - 14. Membrando. Rimembrando. E l'opre. E le sue opere.

SONETTO XX.

Mirando là dov'ella nacque e morì, va sfogando co' sospiri l' acerba sua pena.

I' ho pien di sospir quest' aer tutto,

D'aspri colli mirando il dolce piano
Ove nacque colei ch' avendo in mano
Mio cor in sul fiorire e 'n sul far frutto,
E gita al cielo, ed hammi a tal condutto

Col subito partir, che di lontano

Gli occhi miei stanchi lei cercando in vano,
Presso di se non lassan loco asciutto.

Non è sterpo nè sasso in questi monti,

Non ramo o fronda verde in queste piagge,

leat

Non fior in queste valli o foglia d'erba ;
Still d'acqua non vien di queste fonti,

Nè fiere han questi boschi si selvagge,
Che non sappian quant' è mia pena acerba.

Verso 1. Pien. Empiuto.-2. D'a-
spri colli. Da aspri colli. Dalle cime,
dalle alture, di aspri colli.-4. In sul
forire e 'n sul far frutto. Cioè nella
mia età giovanile e nella matura.
5. Ed hammi a tal condutto. E mi ha

SONETTO

condotto a tale, cioè in tale stato.
6. Subito. Repentino. Partir. Cioè
morire. Suppliscasi suo. Che. Dipende.
dalla voce tale. Di lontano. Cioè da
questo mondo.-8. Lassan. Lasciano
13. Fiere. Accusativo.

XXI.

Adesso e conosce quant' ella era saggia nel dimostrarsi severa verso di lui.

L'alma mia fiamma oltra le belle bella,
Ch' ebbe qui 'l Ciel si amico e si cortese,
Anzi tempo per me nel suo paese

È ritornata ed alla par sua stella.
Or comincio a svegliarmi, e veggio ch'ella
Per lo migliore al mio desir contese,
E quelle voglie giovenili accese
Tempro con una vista dolce e fella.
Lei ne ringrazio e 'l suo alto consiglio,
Che col bel viso e co' soavi sdegni
Fecemi, ardendo, pensar mia salute.
O leggiadre arti e lor effetti degni :
L'un con la lingua oprar, l'altra col ciglio,
Io gloria in lei ed ella in me virtute!

[ocr errors][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small][merged small]

Chiamava crudele quella che guidavalo alla virtù. Si pente, e la ringrazia.

Come va 'l mondo! or mi diletta e piace

Quel che più mi dispiacque; or veggio e sento

Che per aver salute ebbi tormento,

E breve guerra per eterna pace.
O speranza, o desir sempre fallace,

E degli amanti più ben per un cento!
O quant' era 'l peggior farmi contento
Quella ch' or siede in cielo e 'n terra giace!
Ma 'l cieco Amor e la mia sorda mente
Mi traviavan si, ch' andar per viva
Forza mi convenia dove morte era.
Benedetta colei ch' a miglior riva

Volse 'l mio corso, e l'empia voglia ardente,
Lusingando, affrenò, perch' io non pera.

Verso 2. Quel che più mi dispiasque. Cioè il rigore usatomi da Laura in sua vita.-6. E cento volte, a cento doppi, più fallace che mai, la speranza e il desiderio degli amanti !—7. Quant'era'l peggior. Quanto peggio sarebbe stato. Farmi contento. Se mi avesse

fatto contento, cioè avesse soddisfatto, compiaciuto, a' miei desiderii. 10-11. Andar dove morte era. Cioè Cercar quello che avrebbe dato morte all'anima mia. - 12. Riva. Termi

ne.

- 13. L'empia voglia. L'empia mia voglia.

SONETTO XXIII.

Tristo 'l dì e la notte, in sull' aurora gli par di vederla, e gli si doppia la pena.

Quand' io veggio dal ciel scender l'Aurora
Con la fronte di rose e co' crin d'oro,
Amor m' assale; ond' io mi discoloro,
E dico sospirando: ivi è Laura ora.

O felice Titon! tu sai ben l'ora

Da ricovrare il tuo caro tesoro ;

Ma io che debbo far del dolce alloro?

Che se 'l vo' riveder conven ch'io mora.

I vostri dipartir non son si duri;

Ch' almen di notte suol tornar colei

Che non ha a schifo le tue bianche chiome:

Le mie notti fa triste e i giorni oscuri

Quella che n'ha portato i penser miei
Nè di se m' ha lasciato altro che 'l nome.

Verso 4. Ini. Cioè in cielo.-6. Da ricovrare. Da ricuperare. Nella quale ricupererai. Il tuo caro tesoro. Cioè la tua donna, che è l'Aurora.-7. Del dolce alloro. Vuol dir di Laura.

[ocr errors]

8. Vo'. Voglio. Conven. Conviene.
9. I vostri dipartir. Le vostre separa-
zioni. Cioè di te e dell' Aurora.
13. N'ha portato. Si ha portato seco.
Penser. Pensieri.

SONETTO XXIV.

Mette fine a parlare di quelle grazie e di quelle bellezze che già non son più.

Gli occhi di ch'io parlai si caldamente,

E le braccia e le mani e i piedi e 'l viso
Che m'avean si da me stesso diviso
E fatto singular dall'altra gente;
Le crespe chiome d' ôr puro lucente,
E'l lampeggiar dell' angelico riso
Che solean far in terra un paradiso,
Poca polvere son, che nulla sente.
Ed io pur vivo; onde mi doglio e sdegno,
Rimaso senza 'l lume ch' amai tanto,
In gran fortuna e 'n disarmato legno.
Or-sia qui fine al mio amoroso canto:

Secca è la vena dell'usato ingegno,
E la cetera mia rivolta in pianto.

Verso 1. Di che. Di cui.-3. Si.
Si fattamente. Da me stesso diviso.
Rapito a me stesso. Tratto fuor di me

stesso. - 11. In gran fortuna. In gran tempesta. - 13. Usato ingegno. Consueto ingegno.

SONETTO XXV.

Tardi conosce quanto piacessero le sue rime d'amore. Vorria più limarle, e nol può.

S'io avessi pensato che si care

Fossin le voci de' sospir miei in rima,
Fatte l'avrei dal sospirar mio prima
In numero più spesse, in stil più rare.
Morta colei che mi facea parlare,

E che si stava de' pensier miei in cima,
Non posso (e non ho più si dolce lima)
Rime aspre e fosche far soavi e chiare.
E certo ogni mio studio in quel temp' era
Pur di sfogare il doloroso core

In qualche modo, non d' acquistar fama.
Pianger cercai, non già del pianto onore.

Or vorrei ben piacer; ma quella altera,
Tacito, stanco, dopo se mi chiama.

Versi 1-4. Se io avessi creduto che le voci de' miei sospiri in rima, cioè

« ÖncekiDevam »