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queste mie rime amorose, fossero per essere nell' universale così gradite, io le avrei fatte insin da principio più spesse di numero e più rare di stile, cioè ne avrei scritta più quantità, e postovi più studio e più arte.-10. Pur.

L

Solamente.-12. Non già del pianto onore. Non già di ritrarre onore e celebrità dal mio pianto.-13. Quella altera. Cioè Laura. Altera sta per nobile, alta e simili. 14. Dopo se. Dietro a se. A seguitarla.

SONETTO XXVI.

Morta Laura, ei perdette ogni bene, e nulla più gli avanza, che sospirare.

Soleasi nel mio cor star bella e viva,

Com' alta donna in loco umile e basso:
Or son fatt' io, per l'ultimo suo passo,
Non pur mortal ma morto; ed ella è diva.
L'alma d'ogni suo ben spogliata e priva,
Amor della sua luce ignudo e casso
Devrian della pietà romper un sasso:
Ma non è chi lor duol riconti o scriva;
Che piangon dentro, ov'ogni orecchia è sorda,
Se non la mia, cui tanta doglia ingombra,
Ch'altro che sospirar, nulla m'avanza.
Veramente siam noi polvere ed ombra;
Veramente la voglia è cieca e 'ngorda ;
Veramente fallace è la speranza.

Verso 3. Son fatt'io. Io son divenuto. Per l'ultimo suo passo. Per la sua morte. 4. Non pur. Non solo. —5. L'alma. L'alma mia.-6. Casso. Cioè privo, -7. Devrian. Dovriano. Della. Per la. - 8. Non è chi. Non ci ha niuno che. Riconti. Racconti. 9-10. Che. Perocchè. Dentro. Cioè

dentro di me. Ov'ogni orecchia è sorda, Se non la mia, cui. Dove non possono essere uditi da alcuno, se non da me, il quale.-11. Che non mi resta niente altro che sospirare, e però non posso nè raccontare nè scrivere il lor duolo.-13. La voglia. L' appc

tito umano.

SONETTO XXVII.

S'egli non pensava che a lei, spera ch' or essa volgerà lo sguardo verso di lui.

Soleano i miei pensier soavemente

Di lor obbietto ragionar insieme :
Pietà s' appressa, e del tardar si pente:
Forse or parla di noi o spera o teme.
Poi che l'ultimo giorno e l'ore estreme
Spogliar di lei questa vita presente,
Nostro stato dal ciel vede, ode e sente:

Altra di lei non è rimaso speme.
O miracol gentile! o felice alma!
O beltà senza esempio altera e rara,
Che tosto è ritornata ond' ella uscio !
Ivi ha del suo ben far corona e palma

Quella ch' al mondo si famosa e chiara
Fe la sua gran virtute e 'l furor mio.

Verso 1. Soleano. Al tempo che Laura era in vita. 5. E solevano dire: Laura è per muoversi a pietà, e si pente di essersi indugiata fino a ora ad usarla.. 6. Cioè privarono di lei questo mondo, la tolsero a questa vita.-7. Nostro stato. Il mio stato.

8. Altra. Altra che questa, cioè ch'ella veda, oda e senta il mio stato.

Non è rimaso. Non mi è rimasta. Credo che il Poeta scrivesse : non n'è rimaso.-11. Ond' ella uscio. Colà ond'ella uscì. Cioè al cielo.- 12. Del suo ben far corona e palma. Premio del suo bene operare, delle sue buone opere.-15.Che. Accusativo.-14.Fe. Fece. Furor. Insania amorosa. Amor veementissimo.

SONETTO XXVIII.

Doleasi a torto d' amarla; ed ora è pur contento di morire infelice per lei.

I'mi soglio accusare; ed or mi scuso,
Anzi mi pregio, e tengo assai più caro
Dell' onesta prigion, del dolce amaro
Colpo ch' i' portai già molt' anni chiuso.
Invide Parche, si repente il fuso

Troncaste ch' attorcea soave e chiaro
Stame al mio laccio, e quell' aurato e raro
Strale onde morte piacque oltra nostr' uso!
Che non fu d'allegrezza a' suoi di mai,
Di libertà, di vita alma si vaga,

Che non cangiasse 'l suo natural modo,
Togliendo anzi per lei sempre trar guai,
Che cantar per qualunque ; e di tal piaga
Morir contenta, e vivere in tal nodo.

Verso 1. I' mi soglio accusare. Io soglio dir male di me, e riprendermi della mia passione.-2. E tengo. E mi tengo. Più caro. Più caro che non mi terrei altrimenti. 3-4. Dell' onesta prigion. Per l'onorata prigione ov'io fui. Del dolce amaro Colpo. Civè della mia piaga amorosa. Chiuso. Celato.

-

7-8. Al mio laccio. Al mio legame. Vuol dire a Laura. E quell' aurato e raro Strale. Vuol dir medesimamente Laura. Suppliscasi troncaste, cioè spezzaste. Onde morte piacque ol tra nostr'uso. Vuol dire : in cui, fuor dell'uso naturale, la morte parve bella ed amabile. — 9-14. Mi scuso, dico,

della mia passione amorosa, anzi me ne pregio, perocchè non ci fu mai anima così vaga, cioè cupida, a' suoi dì, cioè al tempo ch'ella visse, di allegrezza, di libertà e di vita, che, conosciuta Laura, non avesse cangiato natura e costume,

eleggendosi sempre trar guai, cioè piangere e sospirare, per lei, piuttosto che cantare, cioè vivere in allegrezza, per qualunque altra; e di menar la vita in tal nodo, cioè nell'amor di Laura, e di questo amore morir volentieri.

SONETTO XXIX.

Farà immortale quella donna in cui l' Onestà e la Bellezza si stavano in pace.

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Due gran nemiche insieme erano aggiunte,
Bellezza ed Onestà, con pace tanta
Che mai rebellion l'anima santa

Non senti poi ch' a star seco fur giunte;
Ed or per morte son sparse e disgiunte:

L'una è nel ciel, che se ne gloria e vanta;
L'altra sotterra, ch' e' begli occhi ammanta
Ond' uscir già tante amorose punte.
L'atto soave, e 'l parlar saggio umile,

Che movea d'alto loco, e 'l dolce sguardo,
Che piagava 'I mio core (ancor l'accenna),
Sono spariti: e s' al seguir son tardo,

Forse avverrà che 'l bel nome gentile
Consacrerò con questa stanca penna.

Verso 1. Erano. Si erano. Aggiunte. Congiunte. - 2. Con pace

tanta. Con tanta concordia scambie-
vole. - 5. Rebellion. Accusativo.
4. Poi che. Da che. Da poi che.
6. L'una. Cioè Onestà.-7. L'altra.
Cioè Bellezza. Solterra, che. Sotto
terra, la quale. E'. I. Ammanta. Cuo-
pre. 8. Onde. Dai quali occhi.

Punte. Saette.

10. Che movea d'alto loco. Cioè che procedeva da alto intelletto.-11. Ancor l'accenna. Il qual core porta ancora i segni di quelle piaghe.-12. S' al seguir son tardo. Se io tarderò a seguirli. Cioè: se avrò ancora spazio di vita. 44. Consacrerò. Renderò sacro e immortale.

SONETTO XXX.

Riandando la sua vita passata și riscuote, e conosce la propria miseria.

Quand' io mi volgo indietro a mirar gli anni
C' hanno, fuggendo, i miei pensieri sparsi,
E spento 'l foco ov' agghiacciando i' arsi,
E finito il riposo pien d'affanni;
Rotta la fe' degli amorosi inganni;
E sol due parti d'ogni mio ben farsi,

L'una nel cielo e l'altra in terra starsi ;
E perduto 'I guadagno de' miei danni;
I' mi riscuoto, e trovomi si nudo

Ch'i' porto invidia ad ogni estrema sorte:
Tal cordoglio e paura ho di me stesso.
O mia stella, o fortuna, o fato, o morte,
O per me sempre dolce giorno e crudo,
Come m'avete in basso stato messo!

Verso 2. Hanno i miei pensieri sparsi. Hanno dissipate, sparse al vento, le mie cure e le mie speranze. 5. Suppliscasi: quando io mi volgo indietro a mirare. Rotta la fe' degli amorosi inganni. Cioè dileguate le mie illusioni amorose-7. L'una. Cioè l'anima di Laura, L'altra. Il

corpo di Laura. 8. Il guadagno
de' miei danni. Il frutto delle mie pene
amorose. - -9. Mi riscuoto. Mi com-
muovo tutto. Si nudo. Cioè d'ogni
bene.-10. Che ogni più misero stato
mi
par da anteporre al mio.—14. Di.
Cioè per.
- 13. Vuol dire il giorno
in cui fu preso dell' amor di Laura.

SONETTO XXXI.

Somma è la perdita di Laura, perchè rare e somme erano le bellezze di lei.

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Ov'è la fronte che con picciol cenno

Volgea 'l mio core in questa parte e 'n quella ?
Ov'è 'l bel ciglio e l'una e l'altra stella
Ch' al corso del mio viver lume denno?

Ov'è 'l valor, la conoscenza e 'l sennoch
L'accorta, onesta, umil, dolce favella?
Ove son le bellezze accolte in ella,
Che gran tempo di me lor voglia fenno?
Ov'è l'ombra gentil del viso umano,

Ch' ôra e riposo dava all' alma stanca,

E là 've i miei pensier scritti eran tutti?
Ov'è colei che mia vita ebbe in mano?

Quanto al misero mondo e quanto manca
Agli occhi miei, che mai non fieno asciutti !

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SONETTO XXXII.

Invidia alla terra, al cielo, alla morte quel bene, senza cui e' non può vivere.

Quanta invidia io ti porto, avara terra,

Ch' abbracci quella cui veder m'è tolto,
E mi contendi l'aria del bel volto
Dove pace trovai d'ogni mia guerra!
Quanta ne porto al ciel, che chiude e serra
E si cupidamente ha in se raccolto
Lo spirto dalle belle membra sciolto,
E per altrui si rado si disserra!
Quanta invidia a quell'anime che 'n sorte
Hann' or sua santa e dolce compagnia,
La qual io cercai sempre con tal brama!
Quant' alla dispietata e dura morte,

Ch' avendo spento in lei la vita mia,

Stassi ne' suoi begli occhi e me non chiama !

Verso 3. Mi contendi. Mi contrasti. Mi togli.-3. Quanta ne porto. Cioè quanta invidia porto.-S. Per altrui. Per altre anime. Si rado si

disserra. Piccolo essendo il numero
degli eletti. Rado vale rare volte.
9. Quanta invidia. Suppliscasi porto.
-12. Quanta. Quanta invidia porto.

SONETTO XXXIII.

Rivede Valchiusa, che i suoi occhi riconoscono quella stessa, ma non il suo cuore.

Valle che de' lamenti miei se' piena,

Fiume che spesso del mio pianger cresci,

Fere silvestre, vaghi augelli, e pesci

Intains
Che l'una e l'altra verde riva affrena;
Aria de' miei sospir calda e serena,
Dolce sentier che si amaro riesci,
Colle che mi piacesti, or mi rincresci,
Ov' ancor per usanza Amor mi mena;

Ben riconosco in voi l' usate forme,

Non, lasso, in me, che da si lieta vita
Son fatto albergo d'infinita doglia.

Quinci vedea 'I mio bene; e per quest' orme
Torno a veder ond' al ciel nuda è gita,

Lasciando in terra la sua bella spoglia.

Verso 1. Se'. Sei. — 3-4. Fere silvestre. Fiere silvestri. Vaghi. Vaga

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