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Che dopo non molť anni,
Quella per ch'io ho di morir tal fame,
Canzon mia, spense Morte acerba e`rea,
Che più bel corpo occider non potea.

Verso 1.Volubil. Girevole.—2. In che. Nella qual ruota. Il nostro slame. Intende la nostra vita. 3. De' miei

danni. Delle mie calamità future.

5

5. Quella. Accusativo. Per che. Per cui. Per cagion della quale, Fame.Desiderio.

SONETTO LIV.

Potè ben Morte privarlo delle bellezze di Laura, ma non della memoria di sue virtù.

Or hai fatto l'estremo di tua possa,

O crudel Morte, or hai 'l regno d' Amore
Impoverito, or di bellezza il fiore

E 'I lume hai spento, e chiuso in poca fossa;
shaken

Or hai spogliala nostra vita e scossa

D'ogni ornamento e del sovran suo onore:
Ma la fama e 'l valor, che mai non more,
Non è in tua forza: abbiti ignude l'ossa;
Che l'altro ha 'l Cielo, e di sua chiaritate,

Quasi d'un più bel Sol, s' allegra e gloria;
E fial mondo de' buon sempre in memoria.
Vinca 'l cor vostro in sua tanta vittoria,
Angel novo, lassù di me pietate,
Come vinse qui 'I mio vostra beltate.

Verso 5. Ora hai spogliata e scos-
sa, cioè privata, la nostra vita.
6. Sovran. Sommo. Primo. Maggiore.

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Ed esso spirito di Laura sarà al mondo de' buoni. 12-14. O Laura, novello angelo, sia vinto, cioè sia preso, sia tocco, lassù in cielo il cuor Vostro, in tanto suo trionfo, da alcu na pietà di me, siccome il cor mio fa vinto quaggiù in terra dalla vostra bellezza.

SONETTO LV.

S'acqueta nel suo dolore vedendola beata in cielo, ed immortal sulla terra.
L'aura e l'odore e 'l refrigerio e l'ombra
Del dolce lauro, e sua vista fiorita,
Lume e riposo di mia stanca vita,

Tolto ha colei che tutto 'l mondo sgombra.
Come a noi 'l Sol, se sua soror l' adombra,
Cosi l'alla mia luce a me sparita,

Io cheggio a Morte incontr' a Morte aita;

Di si scuri pensieri Amor m' ingombra.
Dormito hai, bella donna, un breve sonno :
Or se' svegliata fra gli spirti eletti,

Ove nel suo Fattor l'alma s' interna.
E, se mie rime alcuna cosa ponno,
Consecrata fra i nobili intelletti,
Fia del tuo nome qui memoria eterna.

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SONETTO LVI.

Nell'ultimo di in ch'ei la vide, tristo presagi a se stesso grandi sventure,
L'ultimo, lasso, de' miei giorni allegri,
Che pochi ho visto in questo viver breve,
Giunt' era; e fatto 'l cor tepida neve,
Forse presago de' di tristi e negri.

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Qual ha già i nervi e i polsi e i pensier egri
Cui domestica febbre assalir deve,

Tal mi sentia, non sapend' io che leve
Venisse 'l fin de' miei ben non integri.
Gli occhi belli, ora in ciel chiari e felici
Del lume onde salute e vita piove,
Lasciando i miei qui miseri e mendici,
Dicean lor con faville oneste e nove:

Rimanetevi in pace, o cari amici,
Qui mai più no, ma rivedrenne altrove.

Verso 2. Che. Dei quali. 5. E fatto 'l cor. E divenuto il mio cuore. Suppliscasi era. 5. Qual. Come. Egri. Infermi. 6. Cui. Quegli cui. Domestica febbre. Febbre consueta, cioè quotidiana o terzana o quartana. —7-8. Mi sentia. Io mi sentiva. Leve

Venisse. Venisse spedito, sollecito. Cioè fosse vicino. Non integri. Non interi. Imperfetti. 9-10. Chiari e felici Del lume onde. Fatti risplendenti e felici da quel lume da cui. 12. Lor. Cioè agli occhi miei. —14. Rivedrenne. Ci rivedremo.

SONETTO LVII.

Cieco non conobbe che gli sguardi di lei in quel dì doveano essere gli ultimi.

O giorno, o ora, o ultimo momento,
O stelle congiurate a 'mpoverirme!

O fido sguardo, or che volei tu dirme,
Partend' io per non esser mai contento?
Or conosco i miei danni, or mi risento:
Ch'i' credeva (ahi credenze vane e 'nfirme!)
Perder parte, non tutto, al dipartirme.
Quante speranze se ne porta il vento!
Che già 'l contrario era ordinato in cielo;
Spegner l'almo mio lume ond' io vivea;
E scritto era in sua dolce amara vista.
Ma 'nnanzi agli occhi m'era posto un velo,
Che mi fea non veder quel ch' i' vedea,
Per far mia vita subito più trista.

Verso 2. A'mpoverirme. A impoverirmi.-3. Sguardo. di Laura. Volei. Volevi. Dirme. Dirmi. -4. Partend'io. Da te. Mai. Mai più. — 5. Mi risento. Ripiglio il sentimento, il senno. Ritorno in me stesso. . 6. In

firme. Iferme. Al dipartirme. Al partirmi.

9. Ordinato. Sta

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bilito. 41. E scritto era. E ciò
era altresì scritte. Sua. Del mio lu-
me, cioè di Laura. Vista. Aspetto.
42. Mera posto. Mi stava. - - 13. Fea.
Facea. 14. Subito più trista.
Tanto più trista quanto che la morte
di Laura mi sarebbe riuscita improv-
visa.

SONETTO LVIII.

E' doveva antiveder il suo danno all'insolito sfavillare degli occhi di lei.

Quel vago, dolce, caro, onesto sguardo

Dir parea: to' di me quel che tu puoi ;
Che mai più qui non mi vedrai da poi
Ch' arai quinci 'l piè mosso a mover tardo.
Intelletto veloce più che pardo,

Pigro in antiveder i dolor tuoi,

Come non vedestu negli occhi suoi

Quel che ved' ora, ond' io mi struggo ed ardo?

Taciti, sfavillando oltra lor modo,

Dicean: o lumi amici, che gran tempo,
Con tal dolcezza feste di noi specchi,
II Ciel n' aspetta a voi parrà per tempo;

Ma chi ne strinse qui, dissolve il nodo ;
E'l vostro, per farv' ira, vuol che 'nvecchi.

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CANZONE V.

Visse lieto, e non visse che per lei. E' doveva dunque saper morire a suo tempo.
Solea dalla fontana di mia vila

Allontanarme, e cercar terre e mari,
Non mio voler, ma mia stella seguendo;
E sempre andai (tal Amor diemmi aita),
In quelli esilii, quanto e' vide, amari,
Di memoria e di speme il cor pascendo.
Or, lasso, alzo la mano, e l'arme rendo
All' empia e violenta mia fortuna,
Che privo m' ha di si dolce speranza.
Sol memoria m' avanza;

E pasco 'gran

desir sol di quest'una: Onde l'alma vien men, frale e digiuna.

Verso 1. Solea. Persona prima. Dalla fontana di mia vita. Da Laura. 3. Mia stella. Il mio destino. 4. Andai. Si riferisce alla voce pascendo, che sta due versi più sotto. Tal Amor diemmi aita. Tale aiuto mi diede Amore. 7. Alzo la mano, e

10

l'arme rendo. Cedo. Mi rendo per vinto.-8. Empia. Spietata.-9. Di si dolce speranza. Di quella detta di sopra nel sesto verso, cioè di riveder Laura. 10. M avanza. Mi resta. 11. Sol di quest' una. Cioè della memoria sola. Dipende da pasco.

Come a corrier tra via, se 'I cibo manca,
Conven per forza rallentar il corso,
Scemando la virtù che 'l fea gir presto;
Cosi, mancando alla mia vita stanca
Quel caro nutrimento, in che di morso
Diè chi 'l mondo fa nudo e 'l mio cor mesto,
Il dolce acerbo, e 'l bel piacer molesto

Mi si fa d'ora in ora: onde 'I cammino

Si breve non fornir spero e pavento.

Nebbia o polvere al vento,

Fuggo per più non esser pellegrino.

E cosi vada, s'è pur mio destino.

10

Verso 1. Tra via. Per via. —2. Conven. Conviene. 3. Scemando. Ver

bo neutro. Virtù. Forza. Fea. Facea.

:

5-6. Quel caro nutrimento. Cioè la vista di Laura, o la speranza di essa vista. In che di morso Diè chi'l mondo fa nudo e'l mio cor mesto. In cui diede di morso quella che fa nudo il mondo (cioè privo del suo più bello ornamento, che era Laura) e mesto il cuor mio. Vuol dire che mi fu tolto dalla morte.-7-9. Il dolce acerbo, e'l bel piacer molesto Mi si fa d'ora in ora. Il dolce mi diviene acerbo, e il piacer noioso ogni giorno più. Onde 'l cammino Si breve non fornir spero e pavento. Onde io dubito di non arrivare a compiere il corso naturale della

vita umana, che è così breve; e questo mio dubbio da un lato è una speranza, perchè la vita m'è in odio, dall' altro è una paura, perocchè la morte è un passo pericoloso e terribile, ed io ho che temere assai del mio stato nella vita futura. — 10–14. Io fuggo, cioè corro, così rapidamente come si vede fuggir la nebbia o la polvere cacciata dal vento, per non esser più pellegrino, cioè verso il termine della mia peregrinazione terrena. 12. E cosi vada. E così sia, cioè che io corra così prestamente al mio fine, e che io non compia il corso naturale della nostra vita.

Mai questa mortal vita a me non piacque
(Sassel Amor, con cui spesso ne parlo)
Se non per lei che fu 'l suo lume e 'l mio.
Poi che 'n terra morendo, al ciel rinacque
Quello spirto ond' io vissi, a seguitarlo
(Licito fosse) è 'l mio sommo desio.
Ma da dolermi ho ben sempre perch'io
Fui mal accorto a provveder mio stato,
Ch' Amor mostrommi sotto quel bel ciglio,
Per darmi altro consiglio:

Che tal mori già tristo e sconsolato,

Cui poco innanzi era 'l morir beato.

Verso 2. Sassel. Sel sa. Lo sa. 5. Suo. Cioè di questa mortal vita.

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6. Licito fosse. Manicra significativa di desiderio. Licito sta per lecito. E. È volto. 8. A provveder mio stato. Cioè a prevedere la mia presente miseria, e ripararla. 9. Che. Il quale stato. Accusativo. Sotto quel bel ciglio. Cioè negli occhi di Laura. Veg

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gasi il Sonetto precedente.-10. Cioè: per consigliarmi di lasciar la vita innanzi che mi avvenisse questa disavventura che poi mi è sopraggiunta. 11-12. Perocchè non mancano di quelli che sono morti miseri e sconsolati, i quali se fossero usciti del mondo un poco innanzi, avrebbero fatta una morte lieta.

Negli occhi ov' abitar solea 'l mio core,
Fin che mia dura sorte invidia n'ebbe,
Che di si ricco albergo il pose in bando,
Di sua man propria avea descritto Amore,
Con lettre di pietà, quel ch'avverrebbe
Tosto del mio si lungo ir desiando :

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