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Ancor (e questo è quel che tutto avanza)
Da volar sopra 'l ciel gli avea dat' ali
Per le cose mortali,

Che son scala al Fattor, chi ben l'estima.
Che mirando ei ben fiso quante e quali
Eran virtuti in quella sua speranza,
D'una in altra sembianza

Potea levarsi all' alta cagion prima:

Ed ei l' ha detto alcuna volta in rima.

Or m' ha posto in obblio con quella donna
Ch' i' li die' per colonna

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Della sua frale vita. A questo, un strido
Lagrimoso alzo, e grido:

Ben me la diè, ma tosto la ritolse.
Risponde: io no, ma chi per se la volse.

Verso 1. Ancor. Di più. Oltracciò. E questo è quel che tullo avanza. E questo è il più. E questa è la cosa principale. 2-4. Io gli aveva date ali da volare al cielo, innalzandosi per via delle cose mortali, che a ben giudicarle, sono scala da salire al creatore.- 5-6. Che. Peroechè. Quante e quali Eran virtuti. Quante e quali

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virtù si trovavano. In quella sua speranza. In Laura. -7-8. Poteva, salendo su per le cose visibili, da una ad un'altra, innalzarsi fino a Dio.— 10. Ora egli si è dimenticato di me e di quella donna. -44. Li die'. Gli diedi. 12. A questo. Qui.

44. Ben. Vero è che.-15. Chi per se la volse. Chi la volle per se. Cioè Dio.

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Io con tremanti, ei con voci alle e crude,

Ciascun per se conchiude:

Nobile donna, tua sentenza attendo.

Ella allor sorridendo:

Piacemi aver vostre questioni udite;
Ma più tempo bisogna a tanta lite.

Verso 1. Conversi. Rivolti. Al
giusto seggio. Al tribunale della
Ragione. 2. Con tremanti. Sup-
pliscasi voci.
scuno de' due.

3. Ciascun. Cia-
Per se. Per la

-

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sua parte. Dalla sua parte. Conchiude. Conchiude dicendo. 7. A tanta lile. A sciorre, à decidere, tanta lite, cioè lite sì difficile o di tanto momento.

SONETTO LXXXI.

La sua grave età e i saggi consigli di lei lo fanno rientrare in se stesso.

Dicemi spesso il mio fidato speglio,

L'animo stanco e la cangiata scorza

E la scemata mia destrezza e forza:
Non ti nasconder più; tu se' pur veglio.
Obbedir a Natura in tutto è il meglio;

Ch' a contender con lei il tempo ne sforza.
Subito allor, com' acqua il foco ammorza,
D'un lungo e grave sonno mi risveglio:
E veggio ben che 'l nostro viver vola,

E ch'esser non si può più d' una volta;
E'n mezzo 'l cor mi sona una parola
Di lei ch'è or dal suo bel nodo sciolta,

Ma ne' suoi giorni al mondo fu si sola,
Ch' a tutte, s'i' non erro, fama ha tolta.

Verso 1. Fidato. Fido. Speglio.
Specchio. 2. Scorza. Cioè corpo,

4. Non ti nasconder più. A te stesso. Nón dissimular più il vero a te medesimo.5. In tutto. Onninamente. Dipende dalle parole è il meglio, non da obbedir. — 6. Che il tempo ci toglie le forze, ne sforza, da

poter contrastare a lei, cioè alla Na-
tura. 10. Esser. Cioè al mondo. Vi-
vere.-11. Una parola. Intende di
qualche documento o ricordo morale
datogli da Laura. — 12. Dal suo bel
nodo. Cioè dai lacci del corpo.
15. Ne' suoi giorni. Mentre visse.
Sola. Singolare. Senza pari.

SONETTO LXXXII.

Ha sì fiso in Laura il pensiero, che gli par d'esser in cielo, e di parlar seco lei.

Volo con l'ali de' pensieri al Cielo

Si spesse volle, che quasi un di loro
Esser mi par c' hann' ivi il suo tesoro,
Lasciando in terra lo squarciato velo.
Talor mi trema 'l cor d' un dolce gelo,

Udendo lei per ch' io mi discoloro,
Dirmi amico, or t'am' io ed or t'onoro,
Perc' hai costumi variati e 'l pelo.
Menami al suo Signor: allor m' inchino,
Pregando umilemente che consenta

Ch'i' sti' a veder e l'uno e l'altro volto.

Risponde: egli è ben fermo il tuo destino;
E per tardar ancor vent'anni o trenta,
Parrà a te troppo, e non fia però molto.

Verso 2. Di loro. Di coloro.
3. C' hann' ivi. Che hanno ivi. Di-
pende da loro. Il suo tesoro. Il lor
tesoro, che è Dio.-4. Lasciando. Cioè
avendo lasciato. Lo squarciato velo.
Cioè il loro corpo morto. 6. Per-
ch' io. Per cagion della quale io.
1. Tam' io. Ti amo io. 8. Perchè
hai variati, cioè cangiati, i costumi e
il pelo.-9. Menami. Mi mena. Per-
sona terza. Al suo Signor. Dinanzi a
Dio.-10. Pregando. Pregando lui,

cioè Dio. Consenta. Permetta. Conceda.-14.Sti'. Stia. Cioè mi fermi, rimanga, in cielo. L'uno e l'altro volto. Cioè il volto di Dio e quel di Laura.

12. Egli. Voce che soprabbonda. Fermo. Fermato. Stabilito. Il tuo destino. Cioè che tu venga a star quassù in cielo. - 13. E per tardar. E se questo tuo destino, cioè l'adempimento di esso, tarderà. 14. Parrà. Suppliscasi questo spazio di tempo, questa tardanza, o cosa simile.

SONETTO LXXXIII.

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Sciolto da' lacci d'Amore, infastidito e stanco di sua vita, ritornasi a Dio.

Morte ha spento quel Sol ch' abbagliar suolmi,
E 'n tenebre son gli occhi interi e saldi;
Terra è quella ond' io ebbi e freddi e caldi:
Spenti son i miei lauri, or querce ed olmi:
Di ch' io veggio 'l mio ben; e parte duolmi.
Non è chi faccia e paventosi e baldi

I miei pensier, nè chi gli agghiacci e scaldi,
Nè chi gli empia di speme e di duol colmi.
Fuor di man di colui che punge e molce,
Che già fece di me si lungo strazio,
Mi trovo in libertate amara e dolce:
Ed al Signor ch'i' adoro e ch'i' ringrazio,
Che pur col ciglio il ciel governa e folce,
Torno stanco di viver, non che sazio.

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SONETTO LXXXIV.

Conosce i suoi falli; se ne duole; e prega Dio di salvarlo dall'eterna pena.

Tennemi Amor anni ventuno ardendo

Lieto nel foco, e nel duol pien di speme;
Poi che Madonna e 'l mio cor seco insieme
Saliro al ciel, dieci altri anni piangendo.
Omai son stanco, e mia vita riprendo

Di tanto error, che di virtute il seme
Ha quasi spento; e le mie parti estreme,
Alto Dio, a te devotamente rendo,
Pentito e tristo de' miei si spesi anni;

Che spender si deveano in miglior uso,
In cercar pace ed in fuggir affanni.
Signor, che 'n questo carcer m' hai rinchiuso,
Trammene salvo dagli eterni danni;
Ch'i' conosco 'l mio fallo, e non lo scuso.

Verso 3. Seco insieme. Insieme con lei.-4. Dieci altri anni piangendo. Suppliscasi: tennemi Amore.-5. Riprendo. Sgrido. Biasimo. 7. Ha quasi spento. Suppliscasi in me. Le

mie parti estreme. L'ultima parte
della mia vita. 9. Si spesi. Cosi
spesi. 10. Deveano. Doveano.
12. In questo carcer. Cioè in questo
corpo.

SONETTO LXXXV.

Si umilia dinanzi a Dio, e, piangendo, ne implora la grazia al punto di morte.

I'vo piangendo i miei passati tempi

I quai posi in amar cosa mortale,
Senza levarmi a volo, avend' io l' ale
Per dar forse di me non bassi esempi.
Tu, che vedi i miei mali indegni ed empi,
Re del cielo, invisibile, immortale,
Soccorri all' alma disviata e frale,
E'l suo difetto di tua grazia adempi:
Si che, s'io vissi in guerra ed in tempesta,
Mora in pace ed in porto; e se la stanza
Fu vana, almen sia la partita onesta.

A quel poco di viver che m' avanza

Ed al morir degni esser tua man presta.
Tu sai ben che n' altrui non ho speranza.

Verso 2. Posi. Spesi.-3-4 Avend'io l'ule Per dar forse di me non bassi esempi. Bench'io avessi indole e disposizioni tali da poter forse fare opere non ignobili.-7. All' alma. All' alma mia. 8. E supplisci il suo difetto colla tua grazia.-10. La stanza. Cioè la mia dimora in terra.

11. Vana. Senza utilità. La partita.
La mia partenza dal mondo. Cioè
la morte. Onesta. Onorevole.
13. Al morir. Al morir mio. Alla
mia morte. Degni. Si degni. Esser
presta. Esser pronta. Cioè porgere
aiuto. - 14. In altrui. In altri che
in te.

SONETTO LXXXVI.

Ei deve la propria salvezza alla virtuosa condotta di Laura verso di lui.

Dolci durezze e placide repulse,

Piene di casto amore e di pietate;

Leggiadri sdegni, che le mie infiammate
Voglie tempraro (or me n'accorgo) e 'nsulse;
Gentil parlar, in cui chiaro refulse

Con somma cortesia somma onestate;
Fior di virtù, fontana di beltate,
Ch'ogni basso pensier del cor m' avulse;
Divino sguardo, da far l' uom felice,
Or fiero in affrenar la mente ardita
A quel che giustamente si disdice,
Or presto a confortar mia frale vita;
Questo bel variar fu la radice
altramente era ita.

Di mia salute, che
Verso 4. Insulse. Stolte.-5. Chia-
ro. Avverbio. Refulse. Risplendette.
8. Del. Dal. Avulse. Svelse.
9. Da. Tale da.-10. La mente. La
mia mente.-14. A quel. A far quello.

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Verso quello. Dipende da ardila. Si disdice. Sconviene. Sta male.- 12. Presto. Pronto. Sollecito. --45. La radice. Il principio. La causa. — -14. Ita. Spacciata. Perduta.

SONETTO LXXXVII.

Era sì piena di grazie, che, in sua morte, partirsi del mondo Cortesia, ed Amore.

Spirto felice, che si dolcemente

Volgei quegli occhi più chiari che 'l sole,
E formavi i sospiri e le parole
Vive ch'ancor mi sonan nella mente,

Già ti vid' io d'onesto foco ardente
Mover i piè fra l' erbe e le viole,
Non come donna ma com' angel sole,
Di quella ch' or m' è più che mai presente;

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