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70 I' mi ritrovo, sol, senza governo,

Ed ho già da vicin l'ultime strida.7
Ma pur in te l'anima mia si fida;
Peccatrice, i' nol nego,

Vergine; ma ti prego

75 Che 'l tuo nemico del mio mal non rida:
Ricorditi che fece il peccar nostro

Prender Dio, per scamparne,

Cleister
Umana carne al tuo virginal chiostro.

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nemico. Il diavolo.-11-13. Sovvengati che i nostri peccati fecero che Dio, per salvarci, prese carne umana nel tuo chiostro, cioè utero, verginale.

Vergine, quante lagrime ho già sparte,
Quante lusinghe e quanti preghi indarno,
Pur per mia pena e per mio grave danno!
Da poi ch'i' nacqui in su la riva d'Arno,
Cercando or questa ed or quell' altra parte,
Non è stata mia vita altro ch' affanno.

85 Mortal bellezza, atti e parole m'hanno
Tutta ingombrata l' alma.

Vergine sacra ed alma,

Non tardar, ch'i' son forse all' ultim' anno.
I di miei, più correnti che saetta,

go Fra miserie e peccati

Sonsen andati, e sol Morte n'aspetta.

Verso 1. Sparte. Sparse.-3. Pur.

Solo. Non per altro che.-5. Cioè andando or qua or là, da un paese a un

A

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altro.-14. Correnti. Fugaci. Veloci. -13. Sonsen. Se ne sono. N'aspetta.

Ci aspetta. Cioè m' aspetta.

Vergine, tale è terra e posto ha in doglia
Lo mio cor, che vivendo in pianto il tenne;
E di mille miei mali,un non sapea;

9 E per saperlo, pur quel che n'avvenne

Fora avvenuto; ch' ogni altra sua voglia
Era a me morte ed a lei fama rea.

Or tu, Donna del ciel, tu nostra Dea
(Se dir lice e conviensi),

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loo Vergine d'alti sensi,

Tu vedi il tutto; e quel che non potea
Far altri, è nulla alla tua gran virtute,
Por fine al mio dolore;

Che a te onore ed a me fia salute.

Verso 1-13. Vergine; è divenuta terra e mi ha lasciato il cuore in affanno una che vivendo lo tenne similmente in pianto; e che dei mali che io sosteneva per lei non sapeva appena uno di mille; e quando più ne avesse saputo, non sarebbe però stata verso di me altra da quel che ella fu; che il trattarmi ella altrimenti, non sarebbe potuto essere senza morte dell'anima mia nè senza infamia sua

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propria. Or tu, Signora del cielo, tu nostra dea, se egli è lecito e conveniente di così chiamarti, Vergine d'alto sentimento, tu vedi ogni cosa; e quello che colei non poteva fare, io dico il por fine al dolor mio, egli è come nulla a rispetto della tua gran potenza; e questo atto, in cambio di far nocumento o disonore ad alcuno, sarà di onore a te, a me di salute.

los Vergine, in cui ho tutta mia speranza
Che possi e vogli al gran bisogno aitarme,
Non mi lasciare in su l'estremo passo:
Non guardar me, ma chi degnò crearme;
No 'l mio valor, ma l'alta sua sembianza
110 Ch'è in me, ti mová a curar d'uom si basso.
Medusa e l' error mio m' han fatto un sasso
D'umor vano stillante;

Vergine, tu di sante

Lagrime e pie adempi 'l mio cor lasso;
Ch' almen l'ultimo pianto sia devoto,
Senza terrestro limo,

Come fu 'l primo non d' insania voto.

Verso 2. Al gran bisogno. Nel mio gran bisogno. Aitarme. Aiutarmi.

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-

Vuol dir Laura. 8. Stillante
'd' umor vano. Cioè di lagrime stolte.
10. Adempi. Empi. Riempi.
11. Che. Sicchè, Acciocchè.-12. Cioè
senza affetto mondano. Terrestro per
terrestre. 43. Come il primo, cioè
primo mio pianto, non fu vôto d'in-
sania, cioè di follia.

Vergine umana e nemica d'orgoglio,
Del comune principio amor l'induca ;
Miserere d'un cor contrito, umile:
Che se poca mortal terra caduca

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Amar con si mirabil fede soglio,
Che devrò far di te, cosa gentile?
Se dal mio stato assai misero e vile
125Per le tue man resurgo,

Vergine, i' sacro è purgo

Al tuo nome e pensieri e 'ngegno e stile,
La lingua e 'l cor, le lagrime e i sospiri.
Scorgimi al miglior guado;

/30 E prendi in grado i cangiati desiri.

Verso 2. Del comune principio. Del nostro comune creatore. T' induca. Ad esaudire la mia preghiera. 5. Miserere. Abbi misericordia. 4. Poca mortal terra caduca. Cioè 6. Devrò. Doun corpo umano. —

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vrò.

པ་

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-

S. Resurgo. Risorgo. 12. Guidami alla miglior via. 15. Prendi in grado. Aggradisci. I cangiati desiri. L'aver io cangiato desiderj, volgendomi dalle cose di quaggiù alle celesti.

Il di s' appressa, e non pote esser lunge ;

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Si corre il tempo e vola,

Vergine unica e sola;

strife

El cor or coscienza or morte pungé.

135 Raccomandami al tuo Figliuol, verace
Uomo e verace Dio,

Ch' accolga il mio spirto ultimo in pace.

Verso. Il di. L'ultimo mio dì. Pote. Puote. Può, - 2. Si. Si fatta

mente. → -4. El cor. E il mio cuore -7. Spirto. Respiro.

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Lo scopo del Poeta nel comporre questi Trionfi è quello stesso ch' egli ebbe nel Canzoniere, cioè di ritornare di quando in quando col pensiero or al principio, or al progresso, ed or al fine del suo innamoramento, pigliando poi frequente occasione di tributar lodi ed onori all' unico è sublime oggetto dell'amor suo.

Onde giungere a quello scopo, immaginò di descrivere l' uomo ne' varj suoi stati, e prender quindi ben naturale argomento di parlar di se stesso e della sua Laura.

L'uomo nel primiero suo stato di giovinezza è vinto dagli appetiti, che possono tutti comprendersi sotto il vocabolo generico di amore, o di amor di se stesso.

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Ma, fatto senno, vedendo egli la disconvenienza di tale suo stato, colla ragione e col consiglio lotta contro quegli appetiti, e li vince col mezzo della castità, tenendosi cioè lontano dal sodisfargli.

Tra questi combattimenti e queste vittorie sopraggiunge la morte, che, rendendo eguali i vinti e i vincitori, li toglie tutti dal mondo.

Ma non perciò ella ha tanta forza di disperdere anche la memo ria di quell'uomo, che colle sue illustri ed onorate azioni cerca di sopravvivere alla stessa sua morte. E vive egli infatti per una lunga serie di secoli colla sua fama.

Se non che il tempo giunge a cancellar anche ogni memoria di quest'uomo, il quale in fine non trova di poter esser sicuro di viver sempre, se non godendo in Dio e con Dio della sua beata eternità.

Quindi l'Amore trionfa dell'uomo; la Castilà trionfa di Amore; la Morte trionfa di ambedue; la Fama trionfa della Murte; il Tempo trionfa della Fama; e l'Eternità trionfa del Tempo.

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TRIONFO D'AMORE.

Trionfar volse quel che 'l vulgo adora:
E vidi a qual servaggio ed a qual morte
Ed a che strazio va chi s'innamora.
Trionfo d'Amore, Cap. IV.

CAPITOLO I.

In questo primo capitolo riferisce un sogno, in cui vide Amore trionfante, e parte de' prigioni di lui; introducendo un amico a significargliene i nomi.

Nel tempo che rinnova i miei sospiri
Per la dolce memoria di quel giorno
Che fu principio a si lunghi martiri,
Scaldava il Sol già l' uno e l'altro corno
Del Tauro, e la fanciulla di Titone
Correa gelata al suo antico soggiorno.
Amor, gli sdegni e 'l pianto e la stagione
Ricondotto m'aveano al chiuso loco
Ov' ogni fascio il cor lasso ripone.
Ivi fra l'erbe, già del pianger fioco,

Vinto dal sonno, vidi una gran luce,
E dentro assai dolor con breve gioco.
Vidi un vittorioso e sommo duce,

Pur com'un di color che 'n Campidoglio
Trionfal carro a gran gloria conduce.

Io che gioir di tal vista non soglio,

Per lo secol noioso in ch' io mi trovo,
Vôto d'ogni valor, pien d' ogni orgoglio;
L'abito altero, inusitato e novo

Mirai, alzando gli occhi gravi e stanchi:
Ch' altro diletto, che 'mparar, non provo.

Questi Trionfi non sono altro che Visioni rappresentative dei casi di Laura e di esso Poeta, secondo che nell' uno o nell' altra in diversi tempi trionfarono, cioè signoreggiarono, l'Amore, la Castità, la Morte, lo stu dio della Fama, il pensiero della fiacchezza e vanità delle fatiche e delle opere umane incontro alla potenza del

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Tempo, e in ultimo la religione della Divinità. Delle cose istoriche o favolose, toccate dal Poeta in questi Trionfi, non mi fermerò ad esporre distintamente se non le più pellegrine, vo glio dir quelle delle quali io giudicherò che si abbia o poca o niuna notizia comunemente.

Verso 1. Cioè nel tempo di prima

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