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PREFAZIONE DELL' INTERPRETE.*

al

Pubblicato questo Comento l'anno 1826 in Milano, cuni l'accusarono d'inutilità, dicendo che il Petrarca è chiaro da se medesimo. Questi tali è credibile che non comperino Petrarchi con comenti, e però a loro non è dovuta alcuna risposta. Altri gli diedero lode di esattissima brevità, altri lo biasimarono di secchezza, altri di superflua prolissità. Molti stranieri mi ringraziarono non senza maraviglia di poter leggere un Poeta italiano coi medesimi sussidii che si hanno per leggere i latini e i greci. L'edizione di Milano fu venduta prestamente. Più ristampe ne sono state fatte in questi dieci anni: nessuna con saputa mia: tanto che ritengono insino agli errori della prima stampa. Richiesto di giovare, se potessi, all'edizione presente, pongo qui avanti alcune poche

avvertenze.

In primo luogo questo Comento, che io chiamo più volentieri Interpretazione, si diversifica tanto dagli altri comenti che abbiamo sopra il Petrarca, quanto si assomiglia a quelli che gli antichi Greci e Latini fecero sopra gli autori loro. Per lo più non è altro che una traduzione dei versi o delle parole del Poeta in una prosa semplice e chiara quanto io ho saputo farla. Ogni volta che ad intendere il testo sono necessarie notizie storiche o mitologiche, si porgono brevemente. Non è passata in silenzio nessuna difficoltà della quale io mi sia accorto; e dovunque io non ho inteso, ho confessato espressamente di non intendere, acciocchè il lettore, non intendendo, non si credesse nè più ignorante nè meno acuto dell' inter

* Premessa alle Rime di Francesco Petrarca. Firenze, 1839, in-8° a 2 colonne, per David Passigli.

prete, come tutti gli altri comentatori vogliono che egli si tenga in tali occasioni. Quelli che mi riprendono di troppa abbondanza, non nell' esposizione di ciascun luogo o di ciascun vocabolo, ma nella quantità dei vocaboli e luoghi che io spiego, hanno ragione, se considerano questo Comento come fatto per loro: ma se lo considerano come fatto per tutti, anche per le donne, e, occorrendo, per li bambini, e finalmente per gli stranieri, non mi debbono biasimare di aver procurata a questi ogni comodità senza alcuno incomodo degli altri, i quali non sono mai sforzati di voltare gli occhi al Comento nei luoghi che intendono; e con sì piccolo dispendio di carta e d' inchiostro, che qui in Napoli, dove nel 1828, ristampando questa Interpretazione, vollero, come dissero elegantemente, spogliarla della sua superflua prolissità, appena di dieci o quindici piccolissime paginette lo poterono accorciare. Che se spesso m' avviene di dichiarare una stessa voce o maniera più e più volte, s' ha a considerare, fra l'altre cose, che il Petrarca non è di quegli scrittori che si leggono dal principio alla fine seguitamente, ma qua e là, per lo più a salti e senz' ordine; onde è conveniente che il lettore abbia a ciascun luogo tutto ciò che gli bisogna per intenderlo, e non sia costretto di andare alla ventura pescando in tutto il Comento le dichiarazioni che gli occorrono.

Quanto al testo, ho seguitato alla cieca quello del professore Marsand, oggi usato universalmente; non che esso sia nè che io lo creda netto di lezioni false. Ma l'assunto del Marsand, come mi diceva egli stesso in Milano, non fu altro che di rappresentare fedelmente le tre edizioni antiche da lui citate nel suo proemio e giudicate ottime, lasciando altrui la critica di sì fatto testo; parte, si può dire, intatta, non solo nel Petrarca, ma in tutti gli autori nostri antichi, quantunque così necessaria in questi come nei greci e nei latini. Ma non era della natura della mia interpretazioncella l'entrare in questo campo. Forse lo tenterò alcun giorno in un Saggio

di emendazioni critiche delle Rime del Petrarca, la materia del quale ho da più anni in serbo; e forse, in compagnia di molti altri miei disegni, anche questo se ne andrà col vento. Ancora l'ordine dei componimenti del Petrarca sarebbe corretto in molta parte, e, quello che è più, la forza intima, e la propria e viva natura loro, credo che verrebbero in una luce e che apparirebbero in un aspetto nuovo, se potessi scrivere la storia dell' amore del Petrarca conforme al concetto della medesima che ho nella mente: la quale storia, narrata dal poeta nella sue Rime, non è stata fin qui da nessuno intesa nè conosciuta, come pare a me che ella si possa intendere e conoscere, adoperando a questo effetto non altra scienza che quella delle passioni e dei costumi degli uomini e delle donne. E tale storia, così scritta come io vorrei, stimo che sarebbe non meno piacevole a leggere, e più utile che un ro

manzo.

In una cosa si discostano l' edizione di Milano e la presente da quelle del Marsand; cioè nella punteggiatura; la quale io medesimo, colla maggiore diligenza che mi fu possibile, volli fare del tutto nuova. Opera assai tediosa a fare, ma che può essere quasi un altro comento: perchè infiniti sono i luoghi del Petrarca e degli altri antichi, che punteggiati scarsamente o soverchiamente o male, appena si possono intendere, e punteggiati avvedutamente e con misura, diventano chiarissimi.

In questa nuova edizione ho cercato che fossero corretti gli errori tipografici della prima, ch' io aveva segnati accuratamente già da gran tempo, e che il Comento fosse migliorato con parecchie mutazioni ed aggiunte ch'io aveva in ordine. La lontananza e l' angustia del tempo non mi hanno consentito di più. Se avessi potuto a bell' agio rivedere il Comento dall' un capo all'altro, e paragonarlo col testo, avrei fatto molte altre innovazioni: e certamente avrei scancellata ogni parola che io per baldanza giovanile lasciai scorrere, poco riverente

verso il Pertrarca; la stima del quale di giorno in giorno, non ostante i suoi mancamenti che tutti sanno, cresce in me tanto, quanto ella scema in qualche imbrattatore di fogli che non mi degno di nominare. Anche avrei fatto uso della scelta, assai ricca, di annotazioni sopra il Petrarca pubblicata poco dopo la prima edizione di questo Comento in Padova dal signor Carrer; opera che io non ho veduta, ma che stimo degna di menzione a rispetto sì del nome del compilatore, e sì di avere udito molto commendarla. Il comento che i Borghi e compagni aggiunsero al Petrarca che stamparono nel 1827 in Firenze, non è altro che una storpiatura del presente.

Napoli, 1836.

PARTE PRIMA.

SONETTI E CANZO VI

IN VITA DI MADONNA LAURA.

SONETTO 1.·

1

Chiede compassione del suo stato, e confessa pentito la vanità del suo amore.

Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono
Di quei sospiri ond' io nudriva il core
In sul mio primo giovenile errore,

Quand' era in parte altr' uom da quel ch' i' sono;
Del vario stile in ch' io piango e ragiono
Fra le vane speranze e 'l van dolore,
Ove sia chi per prova intenda amore,
Spero trovar pietà, non che perdono.
Ma ben veggi' or si come al popol tutto
Favola fui gran tempo: onde sovente
Di me medesmo meco mi vergogno:
E del mio vaneggiar vergogna è 'l frutto,
E' pentirsi, e 'l conoscer chiaramente
Che quanto piace al mondo è breve sogno.

Verso 1. Voi. O voi. Vocativo. In rime sparse. In varj e brevi componimenti poetici.-2. Onde. Dei quali.Coi quali.-3.Nel tempo degl'inganni della mia gioventù.-4. Quand'era. Quand'io era.-5. In che. In cui.-7. Per prova. Per esperienza. Intenda. Conosca.-8. Pietà, non che perdono. Non solamente perdono, ma anche compas

sione. Questa quartina s'intenderà più facilmente leggendola così. Ove sia chi per prova intenda amore, Spero trovar pietà, non che perdono, Del vario stile, col resto.9-10. Si come. Che. Al popol tutto Favola fui gran tempo. Per lungo tempo fui materia di discorso e di riso alla gente. 41. Meco. Fra me.

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