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mira. Se ben considera. Questa, antica madre. Cioè l'Italia.

1415. Niuna guerra ch'ella intraprendesse

finora in alcun tempo, ebbe mai ca-
gioni così belle e onorate come avrebbe
questa.

Tu, c' hai, per arricchir d'un bel tesauro,
Volte l'antiche e le moderne carte,
Volando al ciel con la terrena soma ;
Sai, dall'imperio del figliuol di Marte
Al grande Augusto, che di verde lauro
Tre volte, trionfando, ornò la chioma,
Nell' altrui ingiurie del suo sangue Roma
Spesse fiate quanto fu cortese.

Ed or perchè non fia,

Cortese no, ma conoscente e pia

A vendicar le dispietate offese

Col figliuol.glorioso di Maria?

Che dunque la nemica parte spera
Nell' umane difese,

Se Cristo sta dalla contraria schiera?

Verso 1. Arricchir. Arricchirti. Tesauro. Tesoro, Cioè di dottrina e di sapienza. - 3. Sollevando l'intelletto ad alte cognizioni e ad alti pensieri, cioè l'incarico, non ostante la soma, delle membra.4-8. Sai quanto liberale del proprio sangue fu Roma spesse volte, da Romolo insino ad Augusto,

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per vendicare le ingiurie fatte ad altri. -9. Non fa. Cioè Roma.-10. Conoscente. Riconoscente.-14. Le dispietate offese. Fattegli da' Maometta- 12. Col. Verso il. Dipende da conoscente e pia.-15. Dalla contraria schiera. Cioè dalla parte nostra, per noi.

ni.

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"Pon mente al temerario ardir di Serse,
Che fece, per calcar i nostri liti,
Di novi ponti oltraggio alla marina :
E vedrai nella morte de' mariti

Tutte vestite a brun le Donne Perse,
E tinto in rosso il mar di Salamina.
`E non pur questa misera ruina
Delopopol infelice d'oriente
Vittoria ten promette,

Ma Maratona, e le mortali strette
ཅན Che distese il Leon con poca gente,
Ed altre mille c' hai scoltate elette.
Perchè inchinar a Dio molto convene

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Le ginocchia e la mente,
Che gli anni tuoi riserva a tanto bene.

Verso 1. Pon mente al. Volgi la mente al. Recati a mente il. Sovvengati del.-2. Per calcar i nostri liti. Per passare in Europa.—3. Novi. Insoliti. Non più veduti.-4. Nella. Per la. 5. Perse. Persiane.-6. Il mar di Salamina. Dove l'armata di Serse fu rotta dalla greca. 7. Pur. Solo. Questa misera ruina. Che è la disfatta di Serse. -9. Ti promette vittoria di detto popolo. Ten. Te ne.-10. Ma. Ma te ne promettono vittoria altresì. Le mortali

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Tu vedra' Italia e l'onorata riva,
Canzon, ch' agli occhi miei cela e contende,
Non mar, non poggio o fiume,

Ma solo Amor, che del suo altero lume
Più m'invaghisce dove più m'incende:
Nè natura può star contra 'l costume.
Or movi; non smarrir l' altre compagne ;
Che non pur sotto bende

Alberga Amor, per cui si ride e piagne.

Versi 1-9. Canzone, tu vedrai l'Italia e la gloriosa riva del Tevere, e Roma, dove io sono impedito di andare, come vorrei, non già da mari, da montagne o da fiumi, ma solo da Amore, che qui dove io mi trovo, tanto più m'invaghisce del suo altero lume, cioè della donna che io amo, quanto maggiormente ella, essendo presente, mi abbrucia: nè la natura e la inclinazione buona può utilmente contrastare all'as

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suefazione contraria. Or va; non ismarrire le tue compagne, cioè accompagnati colle altre mie Canzoni; perocchè colui del quale esse parlano, che è Amore, fonte di gioia e di pena, non abita pure, cioè solamente, sotto bende, cioè non è sempre cieco e non ci punge solo per donne, ma eziandio per la patria, per la vera gloria e per altri soggetti degni, come sono cotesti di cui tu ragioni.

SONETTO VII.

Prega un amico a volergli imprestare le opere del Padre Santo Agostino.
S'Amore o Morte non dà qualche stroppio
Alla tela novella ch' ora ordisco,

E s'io mi svolvo dal tenace visco
Mentre che l'un con l'altro vero accoppio;

I' farò forse un mio lavor si doppio

Tra lo stil de' moderni e 'l sermon prisco,

Che (paventosamente a dirlo ardisco)
Infin a Roma n'udirai lo scoppio.
Ma però che mi manca, a fornir l'opra,
Alquanto delle fila benedette,

Ch' avanzaro a quel mio diletto padre;
Perchè tien verso me le man si strette
Contra tua usanza? i' prego che tu l'opra,
E vedrai riuscir cose leggiadre.

Chiede a un amico che è in Roma non so quale opera di Sant'Agostino, che gli bisogna a condurre a fine una sua scrittura.

Verso 1. Stroppio. Impedimento. -3. Svolvo. Svolgo. Sviluppo. Visco. Vischio della mia passione amorosa. — 4. L'un con l'altro vero. Cioè quello insegnato dai sapienti del gentilesimo, colle verità cristiane. Si doppio. Cioè talmente misto. Dice doppio seguitando la metafora, usata di sopra, della tela.-7. Paventosamente. Paurosamente. Non senza paura di dir

8. A

troppo, di parere arrogante.
Roma. Dove tu sei. Lo scoppio. Il ro-
more. Il grido. La fama. 9. Però
che. Perocchè. Poichè. Fornir. Fini-
re.-10-11. Alquanto di quella sacra
materia che soprabbondò al padre San-
t'Agostino, di cui Sant' Agostino ebbe
più che abbastanza. Dice delle fila se-
guitando ancora la metafora del tes-
sere una tela. - 12. Tien. Tieni.
13. Contra tua usanza. Contro il tuo
solito. Prego. Ti prego. L'opra. Le
apra. Cioè apra le mani.
14. Riu-
scir. Cioè dalla mia penna.

CANZONE II.

A Cola di Rienzo, pregandolo di restituire a Roma l'antica sua libertà.

Spirto gentil che quelle membra reggi
Dentro alle qua' peregrinando alberga
Un signor valoroso, accorto e saggio;
Poi che se' giunto all' onorata verga
Con la qual Roma e suoi erranti correggi,
E la richiami al suo antico viaggio,
Io parlo a te, però ch'altrove un raggio
Non veggio di vertù, ch' al mondo è spenta,
Nė trovo chi di mal far si vergogni.

Che s'aspetti non so nè che s'agogni
Italia, che suoi guai non par che senta,
Vecchia, oziosa e lenta.

Dormirà sempre e non fia chi la svegli?
Le man l'avess' io avvolte entro capegli !

A Cola di Rienzo, fatto tribuno del popolo romano.

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Verso 1.Reggi.Governi.-2. Qua'. Quali. Peregrinando. In questa vita

mortale. 3. Un signor valoroso,
accorto e saggio. Civè lo stesso Cola di
Rienzo.-4. All'onorata verga. Cioè
a cotesta autorità del tribunato.
5. Suoi erranti. I suoi cittadini er-
ranti. 6. Viaggio. Strada di virtù
e di onore.-7. Però che. Perocchè.
Perchè. Altrove. In altri che in te.-

– 9. Di mal far si vergogni. Si vergogni di far male opere. 10. Non so che cosa aspetti o desideri.-12. Lenta. Pigra. Infingarda. —13. Non fa chi. Non ci avrà niuno che. - 44. Vuol dire: avessi io in lei, cioè nell'Italia, qualche potestà, come hai tu in Roma, sicchè io potessi svegliar quella, come tu puoi sveglian questa, secondo che si dice nella stanza seguente. Forma desiderativa. L'avessi vale avessi a lei: quelli che qui pigliano il pronome le

per accusativo plurale, che si riferisca a man, cioè mani, e che intendono le parole entro capegli per entro i miei capelli, introducono in questo luogo un sentimento sconcio, puerile, anzi stolto (chi vietava al Poeta di porsi le mani nei capelli a suo agio?) ed oltre a ciò alienissimo da tutto il resto, in modo che verrebbe a star come in aria; e non fanno avvertenza a quei versi della stanza seguente:

Pon man in quella venerabil chioma Securamente e nelle trecce sparte, (cioè nella chioma e nelle treece di Roma, e non già nelle tue); nei quali versi il Poeta prega Cola di Rienzo di fare a Roma quello che esso Poeta vorrebbe, ma non può fare all'Italia. Entro capegli. Entro i capelli.

Non spero che giammai dal pigro sonno
Mova la testa, per chiamar ch' uom faccia;
Si gravemente è oppressa e di tal soma.
Ma non senza destino alle tue braccia,
Che scuoter forte e sollevarla ponno,
È or commesso il nostro capo Roma.
Pon man in quella venerabil chioma
Securamente e nelle trecce sparte,
Si che la neghittosa esca del 'fango.
I', che di e notte del suo strazio piango,
Di mia speranza ho in te la maggior parte :
Che se 'I' popol di Marte

Devesse al proprio onor alzar mai gli occhi,
Parmi pur ch' a' tuoi di la grazia tocchi.

Verso 2. Per chiamar ch'uom faccia. Per molto che, per quanto, altri la chiami.-3. E di lal soma. Cioè: da si alto sonno. 4-6. Ma non senza alto disegno dei fati, Roma, che è il nostro capo, è ora commessa, cioè confidata, alle tue braccia, che possono scuoterla gagliardamente e sollevarla. -7. Pon. Poni. Imperativo. 8. Se

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curamente. Animosamente. Franca
mente. Sparte: Sparse. Sciolte. Scom-
poste. 12. Il popol di Marte. Il
popolo romano. — - 13. Dovesse, dee
pure, dee per avventura, ridestarsi una
volta ad opere onorate. -14. Parmi
che questa felicità non possa toccare ad
altro tempo che al tuo, che a quello
del tuo tribunato.

L'antiche mura ch' ancor teme ed ama,
E trema 'l mondo quando si rimembra

Del tempo andato e 'ndietro si rivolve;
Ei sassi dove fur chiuse le membra
Di ta' che non saranno senza fama
Se l'universo pria non si dissolve ;
E tutto quel ch' una ruina involve,
Per te spera saldar ogni suo vizio.
O grandi Scipioni, o fedel Bruto,
Quanto v' aggrada, se gli è ancor venuto
Romor laggiù del ben locato offizio!
Come cre' che Fabrizio

Si faccia lieto udendo la novella!

E dice: Roma mia sarà ancor bella.

Verso 1. L'antiche mura. Di Roma. 5. Andato. Passato. Rivolve.

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Rivolge. 4. Chiuse. Sepolte.
5. Di ta'. Di tali. Di certi. Di persone.
Intende degl' illustri Romani.-6. Non
si dissolve. Non viene in dissoluzione,
in disfacimento. Non perisce.-7. Vuol
dire: e tutte generalmente le rovine e
gli avanzi della grandezza romana.
8. Spera essere da te, per opera tua, ri-
storato e reintegrato. Saldar. Sanare.

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-9. Fedel. Cioè fedele alla patria.-
10-11. Se pur colaggiù sotterra dove
voi siete, è giunta ancora la fama di
questo uffizio, cioè dell'autorità di tri-
buno, ben collocato, cioè conferito a
persona degna, quanto vi aggrada ella,
cioè quanta letizia ne avete voi! Gli
vale egli, ed è parola di ripieno.
12. Cre'. Credo. 14. E dice. Altri
leggono e'dice, assai meglio. Ancor.
Un'altra volta. Anche nell'avvenire.

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E se cosa di qua nel ciel si cura,
L'anime che lassù son cittadine,
Ed hanno i corpi abbandonati in terra,
Del lungo odio civil ti pregan fine,,
Per cui la gente ben non s'assecura,
Onde 'l cammin a'lor tetti si serra,
Che fur già si devoti, ed ora in guerra
Quasi spelunca di ladron son fatti,
Tal ch' a' buon solamente uscio si chiude;
E tra gli altari, e tra le statue ignude
Ogn' impresa crudel par che si tratti..
Deh quanto diversi atti!

Nè senza squille s'incomincia assalto,
Che per Dio ringraziar fur poste in alto.

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