Non è questo 'l terren ch' i' toccai pria? Ove nudrito fui si dolcemente? Non è questa la patria in ch'io mi fido, Che copre l'uno e l'altro mio parente? Per Dio, questo la mente Talor vi mova; e con pietà guardate Le lagrime del popol doloroso, Che sol da voi riposo, Dopo Dio, spera: e, pur che voi mostriate Virtù contra furore Prenderà l'arme; e fia 'l combatter corto; Nell'italici cor non è ancor morto. 5 10 15 Signor, mirate come 'l tempo vola, Fugge, e la morte n'è sovra le spalle. Che l'alma ignuda e sola Convén ch' arrive a quel dubbioso calle. Al passar questa valle, Piacciavi porre giù l'odio e lo sdegno, E quel che 'n altrui pena Tempo si spende, in qualche atto più degno, O di mano o d'ingegno, In qualche bella lode, In qualche onesto studio si converta: 5 10 Cosi quaggiù si gode, E la strada del ciel si trova aperta. Verso 1. Signor. Signori, — 2. E si come. E mirate come.— 3. N'è. Ci è. Sovra le spalle. Imminente. 4. Qui. Al mondo. Alla partita. Alla partenza dal mondo. Alla morte. 5. Ignuda. Cioè spogliata del corpo. --6. Conven. Conviene. Arrive. Arri vi. A quel dubbioso calle. Al passo dell' eternità. 7. Nel passare che 15 fate per questo mondo. 8. Porre giù. Deporre. Lasciare. -10-11. B quel che 'n altrui pena Tempo si spende. E quel tempo che voi spendete, o che voi spendereste, in far male agli altri. Atto. Fatto. Azione. Opera. 43. In qualche cosa bella e lodevole. 14. Si converta. Si rivolga. Si adoperi.-15. Quaggiù. In terra. Canzone, io t'ammonisco Che tua ragion cortesemente dica; Già dell' usanza pessima ed antica Proverai tua ventura Fra magnanimi pochi, a chi 'l ben piace: I'vo gridando: pace, pace, pace. Verso 2. Tua ragion. Le tue ragioni. Ovvero, i tuoi sentimenti. Accusativo. Dica. Persona seconda. Tu dica. 4. Le voglie. Cioè gli animi. —7. Ti 5 10 avventurerai. – 8. A chi. A cui. SONETTO XIV. Inveisce contro gli scandali che recava a que' tempi la corte d'Avignone. Fiamma dal ciel su le tue trecce piova, Malvagia, che dal fiume e dalle ghiande, Quanto mal per lo mondo oggi si spande; Vanno trescando, e Belzebub in mezzo, Già non fostu nudrita in piume, al rezzo. Ma nuda al vento, e scalza fra li stecchi; In biasimo della corte di Roma. prova. Fa l'estremo del suo potere, SONETTO XV. Predice a Roma la venuta di un gran personaggio, che la ritornerà all' antica virtù. L'avara Babilionia ha colmo 'l sacco Tanto che scoppia; ed ha fatti suoi Dei, E le torri superbe, al Ciel nemiche; Verso 4. Avara. Avida. Babilonia. di desiderio di veder giustizia e vendetta di tanta malvagità. E facco. E mi fiacco, cioè mi stanco. 6-8. II dottor Nott, letterato inglese, che ha pubblicato in Inghilterra un' edizione critica dei versi dell' antico Spencer, e che nel 1852 diede alla luce in Firenze L'avventuroso Ciciliano, scrittura toscana del trecento, non più stampata; in una lettera che m' indirizzò nel 1854 a Roma, propose di questi versi, che nella prima edizione del presente Co mento io non aveva potuto spiegare, un' interpretazione, che credo verissima: ed è questa. Il poeta perseveran lo sempre nella prima figura, come ha chiamato Avignone col nome di Babilonia, così dinota con quello di soldano o sultano il papa, e Roma con quello di Baldacco, cioè di Bagdad, ultima e stabile sedia de' califfi, cioè vicari di Maometto, e capi della religione maomettana. E dice che verrà un nuovo soldano, cioè un nuovo papa (dove io credo che intenda qualcuno de' suoi Colonnesi), il quale farà una sola sede, lasciando Babilonia, cioè Avignone, e tornando a fermare la re sidenza sua e de' successori in Bagdad, cioè in Roma. Non già quand' io vorrei. Non così presto come io vorrei. Quella. Si riferisce a sede.-9. Suoi. Di Babilonia. 10. E le torri superbe. E saranno sparse in terra, cioè atterrate, le sue torri superbe, cioè i suoi palazzi magnifici. — 12. E i guardiani o gli abitatori di quelle torri, cioè i signori di quei palagi, saranno arsi dal fuoco di fuori, come essi sono arsi dentro dalla concupiscenza. 13. Terranno. Possederanno. Signoreggeranno. Governeranno. Lui. Cioè il mondo. Farsi. Divenire. SONETTO XVI. Attribuisce la reità della corte di Roma alle donazioni fattele da Costantino. Fontana di dolore, albergo d'ira, Scola d'errori, e tempio d' eresia; Ove 'l ben more, e 'l mal si nutre e cria; Fondata in casta ed umil povertate, Negli adulteri tuoi, nelle mal nate Ricchezze tante? or Constantin non torna; Verso 3. Già Roma, or Babilo- rato in Firenze mi propose un' inter- Le mani alzò con ambedue le fiche, Dove il verbo togli, che non regge queste fiche che io ti fo in sul viso: tua scelleratezza, tolga, cioè piglisi queste fiche. La qualità satirica del Sonetto, e la materia sua scandalosa, potrebbero scusare la stravaganza di questo modo di scrivere, il quale non sarebbe però senza qualche esempio antico. To senza queste fiche, che non si sa di dove l'escano, intenderei così: Or Costantino non torna a vedere i mali effetti della sua liberalità; nè può correg gerli; ma il mondo vile che gli vede e gli soffre, se gli abbia, chè ben gli sta.* SONETTO XVII. Lontano da' suoi amici, vola tra lor col pensiero, e vi si arresta col cuore. Quanto più disiose l'ali spando Verso di voi, o dolce schiera amica, Ma sofferenza è nel dolor conforto: Che per lungo uso, già fra noi prescritto, Versi 1-4. Vuol dire: amici miei cari, quanto più io desidero di esser con voi, tanto più la fortuna me lo impedisce, e mi sforza di andare pellegrinando. Tanto con più visco. Con tanto più vischio. Face. Fa. 5. I cor. Il mio cuore. Suo. Della fortuna. Attorno. Cioè fuori di me in cerca di voi. — 6-7. In quella valle aprica, Ove'l mar nostro più la terra implica. Il Castelvetro pensa che voglia dir di Venezia. - 8. Da lui. Cioè dal mio cuore, che è con voi, che è ritor nato a star con voi. Parti'mi. Mi par- |