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SONETTO XVIII.

Dichiara che s'e' avesse continuato nello studio, avrebbe ora la fama di gran poeta.

S'io fossi stato fermo alla spelunca

Là dov' Apollo diventò profeta,

Fiorenza avria fors' oggi il suo poeta,

Non pur

Verona e Mantoa ed Arunca:

Ma perchè 'l mio terren più non s'ingiunca

Dell' umor di quel sasso, altro pianeta
Conven ch'i' segua, e del mio campo mieta
Lappole e stecchi con la falce adunca.
L'oliva è secca, ed è rivolta altrove

L'acqua che di Parnaso si deriva,
Per cui in alcun tempo ella fioriva.
Cosi sventura ovver colpa mi priva

D'ogni buon frutto; se l'eterno Giove
Della sua grazia sopra me non piove.

Versi 1-2. Se io avessi perseverato negli studj della poesia. Alla spelunca. Alla spelonca delfica. Là dove. Dove. Alla quale.-5. Fiorenza. Mia patria. 4. Come lo hanno Verona, Mantova ed Arunca; la prima Catullo, la seconda Virgilio, l'altra Lucilio. Non pur. Non solamente.-5. Il mio terren. Vuol dire il mio ingegno. Non s'ingiunca. Non si asperge. Non s'innaffia. Non è asperso, innaffiato. Veggasi la quarta canzone della prima Parte, stanza terza, verso nono.

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6. Dell'umor di quel sasso. Dell'acqua del fonte castalio. Altro pianeta. Altro destino. 9. L'oliva. L' albero di Pallade. Vuol dire la mia scienza. -11. Per cui. Per la quale acqua. In alcun tempo. Già un tempo. Già in altro tempo. Ella. Cioè l' oliva. 12-15. Sventura ovver colpa. Mia sventura, o colpa mia o d'altri. Mi priva D'ogni buon frutto. M' impedisce di fare alcun frutto buono. L'eterno Giove. Il vero Giove. Cioè Dio.

SONETTO XIX.

De' gravi danni recati dall'ira non frenata, su gli esempi d' uomini illustri.

Vincitor Alessandro l'ira vinse,

E fel minore in parte che Filippo:
Che li val se Pirgotele o Lisippo
L' intagliar solo, ed Apelle il dipinse?
L'ira Tideo a tal rabbia sospinse,

Che morend' ei si rose Menalippo:
L'ira cieco del tutto, non pur lippo,
Fatto avea Silla; all' ultimo l'estinse.

Sal Valentinian, ch'a simil pena

Ira conduce; e sal quei che ne more,
Aiace, in molti e poi in se stesso forte.
Ira è breve furor; e chi nol frena,

È furor lungo, che 'l suo possessore
Spesso a vergogna, e talor mena a morte.

Verso 1. L'ira vinse il vittorioso Alessandro. - 2. E lo fece inferiore in parte a Filippo suo padre. Fel. Fecelo. Lo fece.-3-4. Che li val. Che gli vale. Che giova alla sua riputazione macchiata dagli effetti della sua iracondia. Se Pirgotele o Lisippo L'intagliar solo. Se soli Pirgotele e Lisippo, intagliatori eccellenti, l'intagliarono, cioè lo ritrassero in marmo e in bronzo. Ed Apelle. E se Apelle solo. 7. Non pur. Non solo. Non che.

8. All' ultimo. E finalmente. 9. Sa Sallo. Che. Il quale. Accusativo. Amil pena. Cioè a morte. 10-11.

al quei che ne more, Aia

ce. E sallo Aiace, che ne muore, cioè
che mori per ira. In molti e po' in se
stesso forte. Il quale rivolse, ucciden-
dosi, contro se stesso quella mano
ch' avea dato morte a tanti altri.
12. Furor. Insania. Pazzia. E chi, E se
uno.- 15. Il suo possessore. Cioè
l'adirato o l'iracondo.

SONETTO XX.

Ringrazia Giacomo Colonna de' suoi sentimenti affettuosi verso di lui.

Mai non vedranno le mie luci asciutte,
Con le parti dell' animo tranquille,
Quelle note, ov' Amor par che sfaville,
E Pietà di sua man l'abbia costrutte;

Spirto già invitto alle terrene lutte,

Ch'or su dal Ciel tanta dolcezza stille,
Ch' allo stil, onde Morte dipartille,
Le disviate rime hai ricondutte.
Di mie tenere frondi altro lavoro

Credea mostrarte. E qual fero pianeta
Ne 'nvidio insieme, o mio nobil tesoro?
Chi 'nnanzi tempo mi t'asconde e vieta?
Che col cor veggio, e con la lingua onoro,
E 'n te, dolce sospir, l'alma s'acqueta.

Risposta a un Sonetto di Giacomo
Colonna, fatta dopo la morte di quello.

Versi 1-2. Io non vedrò mai cogli occhi asciutti nè coll' animo tranquillo, cioè senza piangere e senza commozione d'animo. 3. Quelle note. Cioè quel tuo Sonetto. Sfaville. Sfavilli.4. E Pietà. E pare che Pietà.

--

5. Alle. Nelle. Lutte. Lotte. Battaglie.

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6. Su. Di lassù. Stille. Stilli. 7-8. Vuol dire che mi fai ripigliar l'usanza del poetare, tralasciata da me per la morte di Laura. Che. Dipende dalle parole del verso innanzi, tunta dolcezza. Onde. Dal quale. Le disviate rime. Suppliscasi mic. Ricondutte.

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SONETTI E CANZONI SOPRA VARJ ARGOMENTI.

Ricondotte.-9. Di mie tenere frondi. Cioè della mia facoltà poetica. Forse vuole accennare la sua incoronazione fatta in Campidoglio, della quale il Colonna nel suo Sonetto congratulavasi col Poeta. Altro lavoro. Altro prodotto, altro frutto, che queste presenti rime, questo mio Sonetto tristo. Pare che il Poeta voglia dare ad intendere che egli avesse avuto in animo, mentre il Colonna era vivo, di fare qualche componimento poetico in sua lode; e che questo si accenni altresi nelle parole dell' undecimo verso,

ne 'nvidiò insieme.-10. Credea. Io credeva. Io sperava. Mostrarte. Mostrarti. Pianeta. Destino.-14. Ne 'nvidiò insieme. Ebbe parimente invidia a noi due, a te e a me. 12. Innanzi tempo. Prima del tempo. 13. Che. Relativo del nome tesoro, oppure del pronome ti del Verso di sopra, o del te del verso qui appresso. 14. Dolce sospir. Vocativo. Mio dolce sospiro. Cioè mie desiderio; mio doloroso amore. Così chiama il Colonna morto. L'alma. L'al ma mia.

FINE.

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