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Per consiglio di lui, Donna, m'avete
Scacciato del mio dolce albergo fora;
Misero esilio! avvegnach' io non fora
D'abitar degno ove voi sola siete.
Ma s'io v'era con saldi chiovi fisso,
Non devea specchio farvi per mio danno,
A voi stessa piacendo, aspra e superba.
Certo, se vi rimembra di Narcisso,

Questo e quel corso ad un termine vanno:
Benchè di si bel fior sia indegna l'erba.

Verso 1. Avversario. Rivale. In

tende lo specchio -3. Non sue. Non sue ma vostre. - 4. Dotate (intendi le non sue bellezze) di soavità e di giocondità più che umana. 5. Per consiglio di lui. Cioè per l'orgoglio cagionatovi dallo specchio. 6. Del mio dolce albergo fora. Fuori del cuor vostro.-7. Avvegnachè. Sebbene. Non fora. Non sarei.-8. Degno di abitare dove, cioè in quel cuore dove non è al tri che voi. Vuol dire che Laura non amava altri che se stessa.-9. V'era.

Nel vostro cuore. - 10. Non devea specchio. Non doveva uno specchio. 11. A voi stessa piacendo. Piacendo voi a voi stessa. Con farvi compiacere di voi medesima. Aspra e superba. Dipende dal farvi del verso innanzi. 12-14. Ricordatevi di Narcisso, e sappiate che questo vostro procedere e quello di colui conducono a uno stesso fine: benchè l'erba sia indegna di produrre e di albergare in se un sì bel fiore, come sareste voi se vi trasformaste al modo di Narcisso.

SONETTO XXXI.

Si adira contro gli specchi, perchè la consigliano a dimenticarsi di lui.

L'oro e le perle, e i fior vermigli e i bianchi,
Che 'l verno devria far languidi e secchi,
Son per me acerbi e velenosi stecchi,
Ch'io provo per lo petto e per li fianchi.

Però i di miei fien lagrimosi e manchi;

Che gran duol rade volte avvien che 'nvecchi:
Ma più ne 'ncolpo i micidiali specchi,

Che 'n vagheggiar voi stessa avete stanchi.
Questi poser silenzio al signor mio,

Che per me vi pregava; ond' ei si tacque
Veggendo in voi finir vostro desio.

Questi fur fabbricati sopra l'acque

D'abisso, e tinti nell' eterno obblio;

Onde 'l principio di mia morte nacque.

La sostanza di questo Sonetto è che la cura che Laura poneva in adornarsi, e massimamente il suo specchiarsi di continuo, innamorandola sempre più di se stessa e facendola insuperbire, erano cagione di gravissimo danno al

Poeta.

Versi 1-2. L'oro e le perle di cui voi vi adornate, e quei fiori che vi procacciate anche fuor di stagione e in dispetto del verno. 4. Provo. Sento. -5. Però. Per cagion loro. Fien. Saranno. Manchi. Scemi. Vuol dire

che la sua vita finirà innanzi tempo.
8. In vagheggiar. Vagheggiando.
Stanchi. Stancati. 9. Al signor
mio. Ad Amore.-14. Veggendo che
il vostro desiderio si terminava in voi
stessa, cioè che voi non avevate altro
amore che di voi medesimi.
12-13. Questi. Gli specchi. L'acque
D'abisso. Gli stagni dell'inferno. E
tinti nell' eterno obblio. E bagnati nel
fiume di Lete.-14. Onde. Dai quali
specchi. Il principio. La cagione, che
è la vostra alterigia.

SONETTO XXXII.

Timido e vergognoso nel rimirare gli occhi di lei, il desiderio gliene dà coraggio.

I' sentia dentr' al cor già venir meno
Gli spirti che da voi ricevon vita:
E, perchè naturalmente s' aita

Contra la morte ogni animal terreno,
Largai 'I desio, ch'i' tengo or molto a freno,

E misil per la via quasi smarrita;
Però che di e notte indi m' invita,

Ed io contra sua voglia altronde 'l meno.

E' mi condusse vergognoso e tardo

A riveder gli occhi leggiadri, ond' io,
Per non esser lor grave, assai mi guardo.
Vivrommi un tempo omai; ch' al viver mio
Tanta virtute ha sol un vostro sguardo;
E poi morrò, s' io non credo al desio.

Verso 1. Venir meno. Perchè da gran tempo io non era stato a vedervi. -3. S'aita. S' aiuta. - 4. Terreno.

Di questo mondo. 5. Largai. Allargai. 6. E lo misi per la strada già quasi dimenticata, cioè m'incam

minai

per venir da voi.-7. Però che. Assegna la ragione perchè quella via fosse quasi smarrita. Indi m'invita. Il desiderio m'invita ad andare per colà,

cioè
per quella via.-8. Altronde. Per
altra via. Per altra parte.-9. E'. Egli,

cioè il desiderio.-10-14. Ond'io, Per non esser lor grave, assai mi guardo I quali occhi io schivo diligentemente, per non dar loro molestia.-12-15. Ora che col rivedervi io mi sono ricreato, mi manterrò in vita per un tratto di tempo, perchè un vostro sguardo, eziandio solo, ba nel viver mio tanta potenza che basta a sostentarlo per qualche spazio. - 14. S'io non credo al desio. Se io non cedo al desiderio, che mi stimola a tornarvi a vedere.

SONETTO XXXIII.

Fermo di voler palesare a Laura i suoi mali, ammutolisce dinanzi a lei.

Se mai foco per foco non si spense,

Ně fiume fu giammai secco per pioggia;
Ma sempre l'un per l'altro simil poggia,
E spesso l'un contrario l'altro accense;
Amor, tu ch'i pensier nostri dispense,

Al qual un' alma in duo corpi s' appoggia,
Perchè fa' in lei con disusata foggia
Men, per molto voler, le voglie intense?
Forse, siccome 'l Nil, d'alto caggendo,

Col gran suono i vicin d'intorno assorda;
E 'l Sol abbaglia chi ben fiso il guarda;
Cosi'l desio, che seco non s'accorda,
Nello sfrenato obbietto vien perdendo,
E, per troppo spronar, la fuga è tarda?

Si maraviglia il Poeta come l'amor suo, per troppa veemenza, si rimanga quasi stupido e inetto a tentar cosa alcuna per conseguire il suo intento.

Verso 1. Se fuoco non fu giammai spento da fuoco, non si spense mai per aggiungimento di fuoco. 3-4. Ma sempre che a una qualsivoglia cosa si aggiunge una sua simile, quella cresce; anzi spesse volte una cosa è accresciuta eziandio da un'altra che le è contraria, come per esempio il fuoco, versandovi su certi liquori, maggiormente si accende. Il verbo poggiare, cioè montare, qui è preso per crescere. - 5. Dispense. Dispensi. Cioè amministri, governi. 6. Tu, sostegno di un' anima

che vive in due corpi, cioè dell' anima dell'amante. 7. Fa'. Fai. In lei. Nella detta anima. Con disusata foggia. In modo insolito. In istrana guisa.

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8. Meno intense, cioè men vive, le voglie, cioè i desiderj, per lo stesso molto volere, cioè per la stessa veemenza del desiderare.-9. Caggendo. Cadendo.-10. D'intorno. Dintorno. All' intorno. - 11. Ben fiso. Molto fissamente. 12. Che seco non s'ac corda. Discorde, vario, da se medesi mo.-13. Va perdendo deila sua forza nello stesso sfrenato, cioè impetuoso, correre verso il proprio oggetto. 14. E il corso è lento per soverchio affrettarlo che fanno gli sproni.

SONETTO XXXIV.

Alla presenza di Laura non può più parlare, nè piangere, nè sospirare.

Perch' io t'abbia guardato di menzogna

A mio podere, ed onorato assai,
Ingrata lingua, già però non m' hai

Renduto onor, ma fatto ira e vergogna:
Che quando più 'l tuo aiuto mi bisogna

Per dimandar mercede, allor ti stai
Sempre più fredda; e se parole fai,

Sono imperfette, e quasi d' uom che sogna.
Lagrime triste, e voi tutte le notti

M' accompagnate, oy' io vorrei star solo,
Poi fuggite dinanzi alla mia pace.
E voi si pronti a darmi angoscia e duolo,
Sospiri, allor traete lenti e rotti.

Sola la vista mia del cor non tace.

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Verso 1. Perchè. Quantunque. Di menzogna. Dal mentire. 2. A mio podere. Quanto ho potuto. Ed onorato assai. E quantunque io t'abbia onorato assai, cioè procacciato a te molto onore. — 3. Ingrata lingua. Parla alla lingua propria. Gid. Particella intensiva, cioè che aggiunge forza al parlare. Però. Per questo. Contuttociò.5-7. Che. Perocchè. Quando più 'l tuo aiuto mi bisogna Per dimandar mercede. Cioè, quando io mi trovo alla presenza di Laura e in occasione da dimandarle pietà. Allor li stai Sempre più fredda. Allora sempre ti stai più muta che mai. Fai.

Dici. Profferisci. 8. Imperfette.
Tronche. E quasi d'uom che sogna.
Perchè chi parla tra il sonno, parla
con difficoltà e balbetta, e non prof-
ferisce le parole intere. -9. Lagri-
me triste. Si volge alle proprie la-
grime. E voi. Similmente voi.
10. M' accompagnate. Mi tenete com-
pagnia. Ov'io. Laddove allora io. Ov-
vero, nel qual tempo io. 44. Di-
nanzi alla mia pace. Dalla presenza
di Laura. - 13. Traete. Vi traete.
Ovvero, spirate.-14. La vista mia.
L'aspetto mio. Il viso e gli atti miei.
Del cor non tace. Non lascia di espri-
mere lo stato del mio cuore.

CANZONE IV.

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Tutti riposano dopo le lor fatiche, ed egli non ha mai tregua con Amore.

Nella stagion che 'l ciel rapido inchina
Verso occidente, e che 'l di nostro vola
A gente che di là forse l'aspetta;
Veggendosi in lontan paese sola,
La stanca vecchierella pellegrina
Raddoppia i passi, e più e più s' affretta;
E poi cosi soletta,

Al fin di sua giornata

Talora è consolata

D'alcun breve riposo, ov' ella obblia

La noia e 'l mal della passata via.

Ma, lasso, ogni dolor che 'l di m'adduce,

10

Cresce qualor s'invia

Per partirsi da noi l'eterna luce.

Verso 1. Nella stagion che. Nell'ora nella quale. Il ciel. Intende il Sole, o segue l'antica opinione della solidità dei cieli. Rapido. Rapidamente. Inchina. Neutro. Declina. 3. Cioè ai nostri antipodi: e dice forse, perchè le terre dell'emisfero occidentale non erano ancora scoperte.

Di là. Vuol dire di là dall' occidente.
-6. Più e più. Ognora più.-8. Fi-
nita la sua giornata. 9. Trova ta-
lora il conforto. 12. Lasso. Oimè.
Che. Accusativo. 13-14. Qualor.
Ogni volta che. S'invia Per partirsi.
E presso a partirsi. L'eterna luce.
Il Sole.

Come 'I Sol volge le 'nfiammate rote
Per dar luogo alla notte, onde discende
Dagli altissimi monti maggior l'ombra,
L'avaro zappador l'arme riprende,
E con parole e con alpestri note
Ogni gravezza del suo petto sgombra;
E poi la mensa ingombra

Di povere vivande,

Simili a quelle ghiande

Le qua' fuggendo tutto il mondo onora.
Ma chi vuol si rallegri ad ora ad ora;
Ch'i' pur non ebbi ancor, non dirò lieta,
Ma riposata un' ora

Nè per volger di ciel nè di pianeta.

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Quando vede 'l pastor calare i raggi

Del gran pianeta al nido ov' egli alberga,
E 'mbrunir le contrade d' oriente,
Drizzasi in piedi, e con l' usata verga,
Lassando l'erba e le fontane e i faggi,
Move la schiera sua soavemente;
Poi lontan dalla gente,

O casetta o spelunca

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