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Di verdi frondi ingiunca:

Ivi senza pensier s' adagia e dorme.

Ahi, crudo Amor, ma tu allor più m'informe
A seguir d'una fera che mi strugge

La voce e i passi e l'orme;

E lei non stringi, che s' appiatta e fugge.

Verso 2. Del gran pianeta. Del Sole. Al nido. Alla stanza. Al ricetto. Dipende da calare. Ov'egli alberga. Dove esso Sole dimora durante la notte. Opinione dei Greci antichi e di alcani Barbari.-3. E venirsi oscurando la parte orientale del cielo e delle campagne.-4. Usata. Solita. 6. La schiera sua. La greggia o l'armento. Soavemente. Pianamente.-7-9. Poi

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lungi dalla gente, cioè in luogo solitario, ingiunca, cioè sparge (in francese jonche), di verdi fronde il terreno di qualche sua casetta o spelonca, e di quelle fronde si fa letto. - 11. Allor più. In quell'ora più che mai. M'informe. M' informi. Cioè mi ammaestri e mi spingi. 12. D'una fera. Cioè di Laura.-14. Non stringi. Non allacci. Non prendi.

E i naviganti in qualche chiusa valle
Gettan le membra poi che 'l Sol s'asconde,
Sul duro legno e sotto l' aspre gonne,
Ma io, perchè s' attuffi in mezzo l'onde,
E lassi Ispagna dietro alle sue spalle,
E Granata e Marrocco e le Colonne;
E gli uomini e le donne

E 'l mondo gli animali
Acquelino i lor mali;

Fine non pongo al mio ostinato affanno;
E duolmi ch'ogni giorno arroge al danno;

Ch'i' son già pur crescendo in questa voglia
Ben presso al decim' anno;

Nè posso indovinar chi me ne scioglia.

Verso 1. E. Similmente. Chiusa

valle. Seno di mare.
2. Poi che.
Quando. S'asconde. Tramonta.
3. Questo verso dipende dalle parole
gellan le membra. L'aspre gonne. I
ruvidi loro panni.-4. Perchè. Benchè.
S'alluff. Il Sole. In mezzo l'onde. In
mezzo alle onde.-5. Lassi. Lasci.

6. Le Colonne. Le colonne d' Ercole,
cioè i monti di Calpe e d'Abila presso
allo stretto di Gibilterra. Nomina il
Poeta in questo verso e nel precedente
alcuni dei luoghi più occidentali di Eu-

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ropa e d'Affrica.-7. E gli uomini.
E perchè, cioè benché, gli uomini.
14. Duolmi. Mi duole, cioè mi dispia
ce. Arroge al danno. Aggiunge, cioè
reca qualche accrescimento, ai miei ma-
li.12-13. Poichè io sono già ben
presso al decimo anno, solamenté cre-
scendo in questa mia voglia. Cioè a dire,
poichè egli è oramai ben dieci anni che
io non fo altro che crescere, che io vo
sempre crescendo, nell'amor di Laura.
44. E non so immaginar cosa che
mi possa liberare da questa voglia.

E, perchè un poco nel parlar mi sfogo,
Veggio la sera i buoi tornare sciolti
Dalle campagne e da' solcati colli.
I miei sospiri a me perchè non tolti
Quando che sia? perchè no 'l grave giogo?
Perchè di e notte gli occhi miei son molli?
Misero me! che volli,

Quando primier si fiso

Gli tenni nel bel viso,

Per iscolpirlo, immaginando, in parte
Onde mai nè per forza nè per arte
Mosso sarà, fin ch'i' sia dato in preda
A chi tutto diparte?

Nè so ben anco che di lei mi creda.

Verso 1. Questo verso è come una parentesi, e il senso è: continuando a parlare, perchè parlando sfogo un poco il mio affanno. 4. Non tolti. Non

sono tolti. 5. Quando che sia? Quando si sia? Alcuna volta. Mai. Perchè no'l grave giogo? Perchè non mi è tolto mai per alcun tempo il grave giogo di Amore, come a' buoi si toglie il loro giogo ciascuna sera? - 6. Molli. Bagnati.-7-12. Misero me! che voglia, che intenzione, che pensiero fu il

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mio quando la prima volta li tenni, cioè tenni gli occhi, sì fitti nel bel viso di Laura, per iscolpirlo colla immagi nazione in un luogo, cioè nel mio cuore, dal quale nè forza nè arte alcuna non lo potrà mai scancellare?-13. A quella che tutto scioglie, cioè alla morte. - 14. E non so che cosa io mi debba credere anche della morte. Cioè non so se la stessa morte mi potrà levar dall' animo la immagine del viso di Laura.

Canzon, se l'esser meco
Dal mattino alla sera
T'ha fatto di mia schiera,

Tu non vorrai mostrarti in ciascun loco;

E d'altrui loda curerai si poco,

Ch' assai ti fia pensar di poggio in poggio
Come m'ha concio 'l foco

Di questa viva petra ov' io m'appoggio.

Verso 1-3. Canzone, se lo star continuamente meco, come tu sei stata fin qui, cioè mentre che io t'ho composta, ti ha fatto di quella schiera della quale io sono, cioè d'indole trista e inclinata al vivere solitario. 5. Loda. Lode. Curerai. Ti curerai. 6. Che ti basterà, che tu sarai contenta, di andare di

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monte in monte pensando. -7. M'ha concio. Mi ha ridotto. Concio sta per conciato, participio del verbo concia re. 8. Di questa viva petra. Intende la sua donna, e la chiama pietra per significare come ella è dura e ine sorabile. Ov'io m'appoggio. Ch'è sostegno della mia vita.

SONETTO XXXV.

Brama d'essere cangiato in sasso, piuttosto che menar la vita in tanti affanni.

Poco era ad appressarsi agli occhi miei
La luce che da lunge gli abbarbaglia,
Che, come vide lei cangiar Tessaglia,
Cosi cangiato ogni mia forma avrei.
E s'io non posso trasformarmi in lei

Più ch'i' mi sia (non ch'a mercè mi vaglia),
Di qual pietra più rigida s' intaglia,
Pensoso nella vista oggi sarei;

O di diamante, o d'un bel marmo bianco
Per la paura forse, o d'un diaspro
Pregiato poi dal vulgo avaro e sciocco.
E sarei fuor del grave giogo ed aspro;

Per cu'i' ho invidia di quel vecchio stanco
Che fa con le sue spalle ombra a Marrocco.

Versi 4-14. Poco mancava ad approssimarsi, cioè per poco più che si fosse approssimata agli occhi miei quella luce che gli abbaglia anco da lontano, cioè Laura, io avrei cangiata ogni mia forma, come fece essa, cioè Dafne o Laura, in Tessaglia. E se io non mi posso trasformare in Laura più di quello che io sono, perchè già son divenuto una stessa persona seco (quantunque ciò non mi vaglia nulla per muoverla a pietà di me), io sarei al presente una statua in aspetto pen

Soso, e questa tale statua sarebbe di
una pietra delle più dure che mai si
possano tagliare, come, per esempio,
di diamante, o forse di un bel marmo
bianco per la paura, o vero d'un dia-
spro, sicchè sarei tenuto in gran pre-
gio dalla moltitudine avara e sciocca.
E per tal modo sarei libero dall' af-
fanno di questa mia passione, il quale
fa che io porto invidia a quel vecchio
stanco (accenna la favola di Atlante),
che trasformato in montagna fa ombra
colle sue spalle a Marocco.

MADRIGALE I.

Solo a vederla bagnare un velo, diveniva tutto spasimato d'amore.

Non al suo amante più Diana piacque
Quando, per tal ventura, tutta ignuda
La vide in mezzo delle gelid' acque;
Ch'a me la pastorella alpestra e cruda,
Posta a bagnar un leggiadretto velo,
Ch' a l'aura il vago e biondo capel chiuda;
Tal che mi fece or quand' egli arde il cielo,
Tutto tremar d'un amoroso gelo.

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Verso 1. Al suo amante. Ad Atteone. 2. Per tal ventura. Per un cotale accidente, cioè per caso. Ovvero, per fortuna simile a questa ch'è occorsa ora a me. 4. Ch' a me. Di quello che piacque a me. Dipende dalla voce più del primo verso. La

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MADRIGALE II.

Descrive un suo viaggio amoroso. I pericoli lo arrestano, e ritorna indietro.

'Perch' al viso d' Amor portava insegna,
Mosse una pellegrina il mio cor vano;
Ch'ogni altra mi parea d'onor men degna.

E lei seguendo su per l'erbe verdi,
Udii dir alta voce di lontano:

Ahi quanti passi per la selva perdi.
Allor mi strinsi all'ombra d''un bel faggio,
Tutto pensoso; e rimirando intorno,
Vidi assai periglioso il mio viaggio;
E tornai 'ndietro quasi a mezzo il giorno.

t

Versi 4-2. Una pellegrina, cioè Laura (la chiama pellegrina perciocchè in questo madrigale la vita umana è significata sotto la metafora di un viaggio), perchè portava nel viso insegna di Amore, cioè bellezza, ovvero segni di animo inclinato ad amare, mosse, cioè allettò, il mio cuor vano, cioè leggero. 3. Che. Perocchè. · 4. Su. Particella riempitiva, che i buoni scrit

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tori ebbero molto in uso di porre avant alla proposizione per in casi simili a questo. 5. Alta voce. Una voce alta. Intende la voce della ragione. — 6. Per la selva. Cioè tra gli errori e i vaneggiamenti dell'amore. Perdi. Getti inutilmente.-9. Conobbi essere assai periglioso il seguire quella pelle grina.-10. A mezzo il giorno. Cioè a mezzo il corso naturale della vita.

BALLATA III.

Credevasi libero d'amore, e conosce d'essersene rinvescato sempre più.

Quel foco ch'io pensai che fosse spento

Dal freddo tempo e dall' età men fresca,
Fiamma e martir nell' anima rinfresca.
Non fur mai tutte spente, a quel ch'i' veggio,
Ma ricoperte alquanto le faville:

E temo no 'l secondo error sia peggio.
Per lagrime, ch' io spargo a mille a mille,
Conven che 'l duol per gli occhi si distille
Dal cor, c'ha seco le faville e l'ésca,

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Non pur qual fu, ma pare a me che cresca.
Qual foco non avrian già spento e morto

L'onde che gli occhi tristi versan sempre?
Amor (avvegna mi sia tardi accorto)
Vuol che tra duo contrari mi distempre;
E tende lacci in si diverse tempre,

Che quand' ho più speranza che 'l cor n'esca
Allor più nel bel viso mi rinvesca.

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Verso 1. Pensai. Credetti.-2. Dal freddo tempo. Dagli anni maturi. 3. Rinnova ora in me la sua fiamma e il mio tormento. 4. A quel ch'i veggio. Per quanto io veggo. Secondo che io veggo. - 6. E temo che il secondo errore, cioè questo rinnovamento dell'amor mio, riesca peggiore del primo. 8. Conven. Conviene. Distille. Distilli. 9. C'ha seco. Il qual cuore ha in se. Ovvero, il qual duolo ha seco. — -10. La qual

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esca, o pure il qual duolo, non è tanto solamente quanto era prima, ma pare a me che cresca. 13. Avvegna. Avvegnachè. Cioè benchè. Mi sia tardi accorto. Di ciò. - 14. Tra duo contrari. Il fuoco e le lagrime. Mi distempre. Io mi distempri. Cioè mi liquefaccia, mi disfaccia, mi strugga.

15. In si diverse tempre. In sì varie guise. 16. N'esca. Esca dai detti lacci.-17. Mi rinvesca. M'invischia di nuovo.

SONETTO XXXVI.

Tradito e deluso dalle promesse di Amore, mena la vita più dogliosa che prima.

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Se col cieco desir, che 'l cor distrugge,

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Contando l'ore non m' ingann' io stesso,

Ora, mentre ch'io parlo, il tempo fugge
Ch'a me fu insieme ed a mercè promesso.

Qual ombra è si crudel che 'l seme adugge
Ch' al desiato frutto era si presso?

E dentro dal mio ovil qual fera rugge?
Tra la spiga e la man qual muro è messo?

Lasso, nol so; ma si conosco io bene

Che, per far più dogliosa la mia vita,
Amor m' addusse in si gioiosa spene.
Ed or di quel ch' i' ho letto mi sovvene;
Che innanzi al di dell' ultima partita
Uom beato chiamar non si convene.

Questo Sonetto si finge composto in tempo che il Poeta stava aspettando Laura a un colloquio promessogli.

Versi 1-2. Se io medesimo nel contar le ore non m'inganno per quel cieco

desiderio che mi consuma. .3. N
tempo fugge. Passa quel tempo.
4. Mercè. Pietà. 5. Qual è quella
sì spietata ombra che aduggia ora il
seme. Adugge sta per aduggia. Adug-

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