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Prega Amore di accendere in essa quel foco, dalle cui fiamme ei non ha più scampo.

Lasso, che mal accorto fui da prima

Nel giorno ch' a ferir mi venne Amore,
Ch' a passo a passo è poi fatto signore
Della mia vita, e posto in sulla cima.
Io non credea, per forza di sua lima,
Che punto di fermezza o di valore
Mancasse mai nell' indurato core:
Ma cosi va chi sopra 'l ver s'estima.
Da ora innanzi ogni difesa è tarda

Altra, che di provar s' assai o poco
Questi preghi mortali Amore sguarda.
Non prego già, nè puote aver più loco,
Che misuratamente il mio cor arda;
Ma che sua parte abbia costei del foco.

Verso 1. Che. Quanto. Da prima.
In principio. — 3. A passo a passo.
A grado a grado. A poco a росо.
4. E posto in sulla cima. E si è collo-
cato in sulla cima dell'animo mio, cioè
mi tiene sottoposto al suo imperio.
5-7. Io non credeva che per forza del-
la lima, cioè dell'assidua operazione di
Amore, nell'animo mio, esso animo già
indurato (come il Poeta ha detto nella
seconda stanza della prima Canzone)
dovesse mai perdere punto della sua

fermezza o del suo valore. 8. Cosi va chi. Così finisce chi. Così accade a chi. Ovvero, così accade quando uno. Sopra'l ver. Oltre il giusto. Più del giusto. S'estima. Stima sè medesimo. — 9-11. Oramai è tardo ogni altro rimedio, eccetto che di provar se Amore presta o non presta punto orecchio alle preghiere degli uomini.-12. Nè puote. Nè ciò puote. Nè tal preghiera può. 13. Misuratamente. Con misura. Non soverchiamente.

SESTINA III.

Rassomiglia Laura all'inverno, e prevede che tale gli sarà sempre.
L'aer gravato, e l' importuna nebbia
Compressa intorno da rabbiosi venti,
Tosto conven che si converta in pioggia:
E già son quasi di cristallo i fiumi;
E'n vece dell' erbetta, per le valli
Non si ved' altro che pruine e ghiaccio.

Verso 1. Gravato, Carico, gravi- portuna. Fastidiosa.Molesta.-3.Condo, di vapori. Torbido. Nuvoloso. Im- ven. Conyiene, 6. Pruine. Brine.

Ed io nel cor via più freddo che ghiaccio,

Ho di gravi pensier tal una nebbia,

Qual si leva talor di queste valli
Serrate incontr’a gli amorosi venti
E circondate di stagnanti fiumi,
Quando cade dal ciel più lenta pioggia.

Verso 1. Via più. Vie più. Molto più.-2. Tal una nebbia. Ûna nebbia tale. - 3-4. Di queste valli Serrate incontr'a gli amorosi venti. Cioè da Valchiusa, dove il Poeta si trovava e al cui nome allude, e dice che quelle

valli erano chiuse da monti che contrastavano l'entrata alle aure amorose, cioè a quelle che spiravano dal luogo dove era Laura. 6. Quando. Dipende dalle parole si leva del terzo

verso.

In picciol tempo passa ogni gran pioggia;
E'l caldo fa sparir le nevi e 'l ghiaccio,
Di che vanno superbi in vista i fiumi;
Nė mai nascose il ciel si folta nebbia,
Che sopraggiunta dal furor de' venti
Non fuggisse dai poggi e dalle valli.

Verso 3. Di che. Di cui. Per cui.
Superbi in vista. Superbi a vedere.

Con sembiante, con aspetto superbo.➡

4. Il ciel. Accusativo.

Ma, lasso, a me non val fiorir di valli;
Anzi piango al sereno ed alla pioggia,
Ed a' gelati ed ai soavi venti:

Ch' allor fia un di Madonna senza 'l ghiaccio
Dentro, e di for senza l'usala nebbia,

Ch'i' vedrò secco il

Verso 4. Fia. Sarà. Si riferisce a Madonna. 5. Di for. Di fuori. L'usala nebbia. La solita nebbia. Cioè

mare e laghi e fiumi.

l'aspetto ei modi severi e sdegnosi.
6. Che. Dipende dalla voce allor del
quarto verso, e vuol dir quando.

Mentre ch'al mar discenderanno i fiumi,

E le fere ameranno ombrose valli,
Fia dinanzi a' begli occhi quella nebbia,
Che fa nascer de' miei continua pioggia;
E nel bel petto l' indurato ghiaccio,

Che trae del mio si dolorosi venti.

Verso 1. Mentre che. Finchè.

4. De' miei. Da' miei. -5. E. E fia.

· 6. Del mio. Dal mio petto. Venti. Cioè sospiri.

Ben debb' io perdonare a tutt' i venti

Per amor d'un che 'n mezzo di duo fiumi
Mi chiuse tra 'l bel verde e 'l dolce ghiaccio;
Tal ch'i' dipinsi poi per mille valli

L'ombra, ov' io fui; che nè calor ne pioggia, Nė suon curava di spezzata nebbia. Verso 2. Per amor. Per cagione. A contemplazione. D'un. Cioè d'un vento, e vuol dire di Laura, il qual nome ha il medesimo suono che l'aura. In mezzo di duo fiumi. Tra Sorga e Druenza, o vero tra l' un di questi e Rodano. 5. Fece che io non mi sa

peva partire da' bei prati e dalle acque

fresche di questo luogo dove io l'aveva
veduta. 4-6. Onde io poscia, an-
dando per mille valli, non curando nè
caldo nè pioggia nè strepito di spez-
zate nubi, cioè tuoni, da per tutto di-
pinsi, cioè figurai colla fantasia, l'im-
magine di Laura. Le parole ov'io fui
dipendono da mille valli.

Ma non fuggio giammai nebbia per venti,
Come quel di, nè mai fiume per pioggia,
Nè ghiaccio quando 'l Sol apre le valli.

Verso 1. Fuggio. Fuggì.-2. Come quel dì. Così rapidamente come fuggi quel giorno che io vidi Laura in questo luogo. Nè mai fiume per pioggia. Sottintendasi: fuggì così rapida

mente. 3. Ne ghiaccio. Sottintendasi come di sopra. Quando 'l Sol apre le valli. Quando il sole apre il grembo alla terra. Intende di prima

vera.

SONETTO XLIII.

Caduto in un rio, dice che gli occhi non glieli può asciugare che Laura.

Del mar tirreno alla sinistra riva,

Dove rotte dal vento piangon l'onde,
Subito vidi quell' altera fronde.

Di cui conven che 'n tante carte scriva.

Amor, che dentro all' anima bolliva,

Per rimembranza delle trecce bionde
Mi spinse; onde in un rio che l'erba asconde
Caddi, non già come persona viva.

Solo, ov' io era tra boschetti e colli,
Vergogna ebbi di me: ch' al cor gentile
Basta ben tanto; ed altro spron non volli.

Piacemi almen d'aver cangiato stile

Dagli occhi a' piè; se del lor esser molli

Gli altri asciugasse un più cortese aprile.

Verso 3. Subito.Improvvisamente. Quell' allera fronde. Cioè un albero

di alloro, figura di Laura. Allera qui vale onorata, nobile.-6. Facendomi

risovvenire delle bionde chiome della mia donna.-7. In un rio che l'erba asconde. In un rivoletto che era nascosto dall'erba.-8. Non già come persona viva. Come persona non viva. Come corpo morto.-9-14. Quantunque io mi trovassi solo, e tra boschetti e colli, che è come dire in luogo ritirato dalla gente, pure io mi vergognai per quella caduta; e la vergogna che ebbi fu di me stesso, cioè della presenza mia propria, che basta ben questa a un cor nobile, ed altro stimolo non ci volle

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SONETTO XLIV.

È combattuto in Roma dai due pensieri, o di ritornarsene a Dio, o alla sua Donna.
L'aspetto sacro della terra vostra

Mi fa del mal passato tragger guai,
Gridando: sta su, misero: che fai?
E la via di salir al Ciel mi mostra.
Ma con questo pensier un altro giostra,
E dice a me: perchè fuggendo vai?
Se ti rimembra, il tempo passa omai
Di tornar e veder la Donna nostra.
I', che 'l suo ragionar intendo allora,

M' agghiaccio dentro in guisa d' uom ch' ascolta
Novella che di subito l'accora.

Poi torna il primo, e questo dà la volta.
Qual vincerà, non so; ma infino ad ora
Combattut' hanno, e non pur una volta.

Verso 1. Della terra vostra. Della città di Roma. Il Poeta indirizzava questo Sonetto da Roma a un Romano.2. Del mal passato. De' miei passati vaneggiamenti amorosi. Tragger guai. Sospirare e lamentarmi. Traggere sta per trarre.-3. Sta su. Volgi l'animo a pensare e operare più degnamente. 6. Fuggendo vai. Da Laura. 7. Se ti rimembra. Se ti soy

viene. Se ben ti ricordi. Sovvengati 8. La donna nostra. Laura.

che.

12. Il primo. Il primo pensiero. Questo. Questo secondo pensiero. Dà la volta. Volge le spalle. Si parte. Fugge via. 13. Qual. Quale de' due pensieri. 14. Combattuthanno. Hanno combattuto insieme. Non pur una volta. Non una volta sola. Più d'una volta.

SONETTO XLV.

Destinato alla servitù di Amore, non potè liberarsene nè pur colla fuga.

Ben sapev' io che natural consiglio,

Amor, contra di te giammai non valse:

Tanti lacciuol, tante impromesse false,
Tanto provato avea 'l tuo fero artiglio.
Ma novamente (ond' io mi maraviglio)
Dirol, come persona a cui ne calse,
E che'l notai là sopra l'acque salse,
Tra la riva toscana e l'Elba e'l Giglio.
I' fuggia le tue mani, e per cammino,
Agitandom'i venti e 'l cielo e l'onde,
M' andava sconosciuto e pellegrino;
Quand' ecco i tuoi ministri (i' non so donde),
Per darmi a diveder ch' al suo destino
Mal chi contrasta e mal chi si nasconde.

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Vorrebbe consolarsi col canto, ma per propria colpa è costretto a piangere.

Lasso me, ch'i' non so in qual parte pieghi
La speme, ch'è tradita omai più volte.
Che se non è chi con pietà m'ascolte,
Perchè sparger al Ciel si spessi preghi?
Ma s'egli avvien ch' ancor non mi si nieghi
Finir anzi'l mio fine

Queste voci meschine,

Non gravi al mio Signor perch' io 'l ripreghi
Di dir libero un di tra l'erba e i fiori:

>> Drez et razon es

Le stanze di questa Canzone, che sono cinque, si chiudono ciascuna col primo verso di cinque altre Canzoni; la prima di Arnaldo Daniello, poeta provenzale, la seconda di Guido Caval

5

qu' ieu chan e m demori. 10

canti, la terza di Dante, la quarta di Cino da Pistoia, la quinta dello stesso Petrarca.

Versi 1-2. Non so in qual parte pieghi La speme. Non so a che parte

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