1 SONETTO II. Forte contro tante insidie di Amore, non potè difendersi da quest' ultima. Per far una leggiadra sua vendetta, E punir in un di ben mille offese, Com' uom ch'a nuocer luogo e tempo aspetta. Per far ivi e negli occhi sue difese, Non ebbe tanto nè vigor nè spazio Ritrarmi accortamente dallo strazio, Dal qual oggi vorrebbe, e non può aitarme. Verso 2. Offese. Fatte ad Amore cioè la mia forza. Nel primiero assalto. Fin sul principio dell' assalto.10. Non ebbe tanto vigore nè tanto tempo.-14. Potesse. La mia virtù. Al bisogno. Come richiedeva il bisogno.12. Al poggio faticoso ed alto. Al monte, alla rocca, della virtù o della ragione o cosa simile.-13. Ritrarmi. Il verbo ritrarre qui è attivo, e dipende dalla parola potesse, che sta nell' undecimo verso.-14. Aitarme. Aiutarmi. SONETTO III. Giudica Amor vile, che lo ferì in un giorno da non doverne sospettare. Era 'l giorno ch' al Sol si scoloraro Per la pietà del suo Fattore i rai, Quand' i' fui preso, e non me ne guardai, Tempo non mi parea da far riparo Contra colpi d' Amor: però n' andai Secur, senza sospetto: onde i miei guai D Nel Ed aperta la via per gli occhi al core, E a voi armata non Verso 1. Il giorno ch'al Sol. Il giorno nel quale al sole. Intende l'anniversario della morte di Cristo. 2. Per la pietà del suo Fattore. Per la compassione che il sole sentiva del suo creatore.-4. Che. Poichè.5-6. Essendo quel giorno santo e lugubre, non mi pareva tempo da temere assalti di Amore, e da starne in guardia. 7. Secur. Sicuro.-8. Nel comune do mostrar pur l'arco. lor. Dei Cristiani per la ricordanza della morte di Cristo.-9. Del tutto. Affatto.-10. Ed aperta. E trovò aperta.44. Che. I quali occhi. Son fatti. Sono divenuti. 12. Ma, secondo me, non gli fece onore, non fu cosa da vantarsene.-13. In quello stato. Così disarmato e sprovvisto come io era. — 14. Non mostrar pur. Nè pur mo strare. SONETTO IV. Innamorato di Laura, trae argomento di lodarla dal luogo stesso dov'ella nacque. Quel ch' infinita provvidenza ed arte Mostrò nel suo mirabil magistero; Verso 1. Quel. Colui, cioè Dio.— 2. Nel suo mirabil magistero. Nella sua maravigliosa opera della creazione del mondo.-3. Criò. Creò. Questo e quell'altro emispero. L'uno e l'altro emisfero.-4. E diede al pianeta detto Giove più benigni influssi che a quello di Marte. Opinione antica.-5. A illuIminar le carte. A rischiarar le scritture sacre. A svelare il senso delle scritture sacre.-8. E diede loro parte nel regno del cielo, cioè li fece partecipi del regno del cielo.-9. Non fece a Roma la gra- 12-14. Ed ora da una picciola Terra ci ha fatto nascere un sole tale, che gli uomini ringraziano la Natura e il luogo che hanno prodotto sì bella donna, cioè Laura. SONETTO V. Col nome stesso di Laura va ingegnosamente formando l' elogio di lei. Quand' io movo i sospiri a chiamar voi, Raddoppia all' alta impresa il mio valore: La voce stessa, pur ch'altri vi chiami, Ch'a parlar de' suoi sempre verdi rami Verso 2. E'l nome. Ed a chiamare, cioè a profferire, il nome. 3-4. IÍ suono delle prime lettere di questo no. me (cioè di Laureta, che oggi si direbbe Lauretta o pur Loreta) s'incomincia a udire fuori delle labbra lodando, cioè non è altro che il suono della prima sillaba di laudare; e però dice il Poeta che chi proferisce il nome della sua donna, la incomincia a lodare col suono stesso delle prime lettere di tal nome.-5. La vostra condizione REgia che trovo poi, cioè nella seconda sillaba della voce Laureta.-6. All'alta impresa. All' impresa di lodarvi.-7-44. Ma l'ulti ma sillaba della voce Laureta, cioè la, grida TAci, perciocchè a lodarla si ricercano ben altre forze che non sono le tue. Per tanto, o donna degna di somma riverenza e di somma lode, il suono medesimo del vostro nome, purchè uno vi nomini, insegna a lodarvi e a riverirvi (la prima sillaba a LAUdarvi, e la seconda a REverirvi): ma forse Apollo si sdegna che una lingua mortale presun tuosa venga, cioè si metta a parlare del lauro (che e la pianta di Apollo,e che, secondo la consuetudine del Poeta, signifi ca Laura); e da ciò nasce che l'ultima sillaba del vostro nome comanda di tacere. SONETTO VI. Viva immagine del suo amore ardente, e della onestà costante di Laura. Si traviato è 'l folle mio desio A seguitar costei che 'n fuga è volta, E de' lacci d' Amor leggiera e sciolla Che mal mio grado a morte mi trasporta, Verso 2. Che'n fuga è volta. Che si è data a fuggire. Che fugge.-5-6. Che quanto più, richiamandolo, procuro di rimetterlo in sulla strada sicura, tanto meno mi ascolta.—7. Vale. Giova. Dargli volta. Tirarlo colla briglia per voltarlo indietro. Qui l'autore rappresenta il suo folle desio sotto la figura di un cavallo. 8. Che. Poichè. Segui tando la metafora del cavallo, dice molto acconciamente che l'amore per sua natura lo fa restio. 9. E quando ha pigliato per forza il freno tra i denti.— 10. In signoria. In potere. Di lui. Del mio folle desio.-11. Mal mio grado. A mio mal grado.-12. Al Lauro. A Laura.-14. Gustando. Maniera tolta dai Latini. Vuol dire : quando è gustato. SONETTO VII. Conosce di esser incatenato più forte che augello tolto alla sua libertà. A piè de' colli ove la bella vesta Prese delle terrene membra pria La Donna, che colui ch'a te ne 'nvia Condotte dalla vita altra serena, Un sol conforto, e della morte, avemo: In questo Sonetto s' introducono a parlare certe bestioline prese nei contorni della Terra di Laura, e mandate dal poeta a regalare a un amico. Versi 1-14. Noi passavamo libere e in pace per questa vita caduca che ogni animale desidera, cioè vivevamo in libertà e in pace, senza timore d'insidie nè di sciagure, appiè dei colli dove prese la bella veste delle membra terrene, cioè dove nacque, colei che spesso desta dal sonno quello che ci manda a te in dono (cioè il Poeta), e lo desta addolorato e piangente. Abbiamo un solo conforto si di questo misero stato in cui siamo venute da quell'altra vita libera e dolce, e sì della morte vicina: e questo conforto si è l'essere vendicate di colui che è cagione della nostra calamità (cioè del Poeta); il quale si trova in mano altrui (cioè di Laura), vicino all'estremo di sua vita, e in cattività più dura che la nostra. SONETTO VIII. Cerca com' essendo Laura un Sole, ei non abbia a sentirne tutta la forza. Quando 'l pianeta che distingue l' ore, Ad albergar col Tauro si ritorna, Che veste il mondo di novel colore: Ma dentro, dove giammai no s' aggiorna, Onde tal frutto e simile si colga. Cosi costei, ch'è tra le donne un Sole, Ma come ch'ella gli governi o volga, Versi 1-4. Quando il pianeta che serve alla divisione e alla misura del tempo, cioè il sole, ritorna nella costellazione del toro (il che accade passata la metà di aprile), piove dalle corna del detto toro, infiammate dal sole, una virtù, cioè calore e luce, che veste la terra di color nuovo, cioè di nuove erbe e foglie e di nuovi fiori. — -5-6. E non solo adorna di fioretti quella parte della terra che sta esposta agli occhi, voglio dire le campagne e i colli.-7. Ma oltre di ciò, sotterra, in luoghi dove non si fa mai giorno, cioè non entra mai la luce del giorno. Qui, come spesso, il verbo aggiornarsi è impersonale. --8. Ter restro. Terrestre. 9. Tal frutto. |