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spossati e vinti dalla fatica.-12-14. E come fo io a trovare inchiostro e carte abbastanza per iscriver tante cose di voi: nel che se per avventura io facessi

errore (cioè in questo scriver: sempre di
voi, come io fo, e non mai di altra ma-
teria), sarebbe colpa di amore
già mancamento d'arte.

SONETTO XLVII.

Riconforta se stesso a non istancarsi nel lodare gli occhi della sua Donna,

I begli occhi ond' i' fui percosso in guisa
Ch'e' medesmi porian saldar la piaga,
E non già virtù d' erbe, o d'arte maga,
O di pietra dal mar nostro divisa ;
M' hanno la via si d' altro amor precisa,
Ch'un sol dolce pensier l' anima appaga;
E se la lingua di seguirlo è vaga,

La scorta può, non ella, esser derisa.
Questi son que' begli occhi che l'imprese
Del mio signor vittoriose fanno

In ogni parte, e più sovra 'l mio fianco.
Questi son que' begli occhi che mi stanno
Sempre nel cor con le faville accese;
Perch' io di lor parlando non mi stanco.

Verso 1. Onde. Dai quali.
2. Ch'e' medesmi. Che solo essi me-
desimi. Porian. Potrieno. Potrebbero.
Saldar. Chiudere. Sanare.-4. Dal
mar nostro divisa. Lontana dal nostro
mare. Oltramarina. 5. Mi hanno
talmente tagliata la via di ogni altra
voglia, cioè fatta impossibile ogni al-
tra cura e studio.-7. Vaga. Cupida.

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non

Vogliosa. 8. La scorta. Cioè esso
pensiero, che la lingua è vaga di se-
guire.-9-10. L'imprese. Accusativo.
Del mio signor. Di Amore. - 11. E
più sovra'l mio fianco. E massima-
mente nel mio cuore.
- 14. Perchè.
Per la qual cosa. Di lor parlando non
mi stanco. Non mi stanco mai di par-
lar di loro.

SONETTO XLVIII.

La prigione di Amore lo lusinga sì forte, che, uscendo, sospira di ritornarvi.

Amor con sue promesse lusingando

Mi ricondusse alla prigione antica,
E diè le chiavi a quella mia nemica,
Ch' ancor me di me stesso tene in bando.
Non me n'avvidi, lasso, se non quando
Fu' in lor forza; ed or con gran fatica
(Chi'l crederà, perchè giurando il dica?)

In libertà ritorno sospirando.
E come vero prigioniero afflitto,

Delle catene mie gran parte porto;

E'l cor negli occhi e nella fronte ho scritto.
Quando sarai del mio colore accorto,

Dirai: s'i' guardo e giudico ben dritto,
Questi avea poco andare ad esser morto.

Pare che questo Sonetto fosse composto in occasione di qualche sdegno nato fra il Poeta e Laura, e fosse indirizzato ad un amico lontano.

Versi 1-2. Lusingando, mi ricondusse. Cioè, lusingandomi, mi ricondusse. Il pronome mi serve in questo luogo a tutti e due i verbi, modo non insolito al nostro Poeta. Alla prigione antica. Accenna i suoi primi amori giovanili, uscito dei quali, visse in libertà fino a tanto che preso dalle bellezze di Laura, tornò in servitù di Amore.

5. Le chiavi. Della prigione. A quella mia nemica. Cioè Laura. 4. Me di me stesso tene in bando. Mi tiene in bando di me stesso, cioè a dire esule da me stesso. 5-6. Se non quando Fu'in lor forza. Se non dopo che fui

venuto in poter loro, cioè di quelle
chiavi, o piuttosto di Amore e di Laura.
-7. Perchè giurando il dica. Ben-
chè io l'affermi con giuramento.
8. Sospirando. Cioè malvolentieri.-
9-10. E quantunque liberato dalla
cattività, pur come un vero prigioniero,
cioè come fossi ancora cattivo, porto
meco una gran parte delle mie catene.
14. Il cor. Cioè l'afflizione che ho
nel cuore. Ho scritto. Porto scritto.
-12. Quando ti sarai accorto del mio
colore. Cioè, veduto che abbi il mio
colore. 15. S'i guardo e giudico
ben dritto. Se io non m'inganno.Dritto
sta per dirittamente.-14. Costui po-
teva star poco a morire. Costui è stato
per morire. Se costui non usciva dalla
prigione, poco poteva camparc.

SONETTO XLIX.

Laura è sì bella, che Memmi non potea ben ritrarla se non che sollevandosi al Cielo.

Per mirar Policleto a prova fiso,

Con gli altri ch' ebber fama di quell'arte,
Mill' anni, non vedrian la minor parte
Della beltà che m' ave il cor conquiso.
Ma certo il mio Simon fu in Paradiso,
Onde questa gentil donna si parte;
Ivi la vide, e la ritrasse in carte,
Per far fede quaggiù del suo bel viso.
L'opra fu ben di quelle che nel Cielo

Si ponno immaginar, non qui fra noi,
Ove le membra fanno all' alma velo.
Cortesia fe; nè la potea far poi

Che fu disceso a provar caldo e gelo,
E del mortal sentiron gli occhi suoi.

Questo Sonetto e il seguente sono intorno a un ritratto di Laura fatto da Simone Memmi.

Versi 4-4. Se Policleto e gli altri che furono famosi nell'arte di quello, cioè nell'arte del ritrarre e figurare il bello con opere della mano, stessero a gara mirando attentamente il volto di Laura ben mille anni, non iscorgerebbero però la minor parte della bellezza che mi ha vinto e soggiogato il cuore, e che a Simone è venuto fatto di esprimere. Ave è detto per ha. 6. Si parte. Proviene. È venuta. 8. Per dare a conoscere in terra il suo bel viso. - 9. L' opra. Il ritratto, opera di Simone. Ben. Certamente.

10. Ponno. Possono. Non qui fra noi. Ma non si possono immaginare qui tra i mortali. · 12-14. Simone fece atto grazioso e cortese a ritrarre, siccome egli fece lassù in cielo, il volto di Laura per darlo a conoscere qui a noi; e non avrebbe potuto farlo dopo che ei fu disceso in terra e che gli occhi suoi sentirono del mortale, cioè sperimentarono lo stato mortale, ovvero ebbero, tennero, parteciparono del mortale; perocchè in tal condizione essi non sarebbero stati atti a vedere e contemplare una bellezza celeste, come è quella di Laura, in guisa da potercela bene rappre

sentare.

SONETTO L.

Niente più vorrebbe da Simone s'egli avesse potuto dar l'anima a quel ritratto.

Quando giunse a Simon l'alto concetto
Ch' a mio nome gli pose in man lo stile,
S'avesse dato all' opera gentile

Con la figura voce ed intelletto,

Di sospir molti mi sgombrava il petto,

Che ciò ch' altri han più caro, a me fan vile:
Però che in vista ella si mostra umile,

Promettendomi pace nell' aspetto :
Ma poi ch'i' vengo a ragionar con lei,
Benignamente assai par che m'ascolte,
Se risponder savesse a' detti miei.
Pigmalion, quanto lodar ti dei

Dell'immagine tua, se mille volte
N' avesti quel ch'io sol una vorrei !

Verso 1. Quando giunse a Simon. Quando venne, nacque, nell'animo di Simone. Ovvero, quando fu indotto, eccitato, da me nell'animo di Simone, fu inspirato da me a Simone. L'alto concetto. Il nobile e sublime pensiero, cioè il pensiero di ritrarre il volto di Laura. Ovvero la sublime invenzione, immaginazione, idea, cioè il pensiero

di ritrarlo in quella tal maniera che egli lo ritrasse. 2. Che a mia instanza, a contemplazione mia, ovvero da mia parte, lo persuase a intraprendere il ritratto di Laura. Stile è preso per lo strumento usato da Simone in quell'opera, o fosse lo scalpello, come vogliono alcuni, ovvero, come si crede comunemente, il pennello. — 3-4. Se

to.

come egli diede alla sua opera la figu-
ra, così le avesse dato voce e intellet-
5-6. Mi avrebbe sgomberato il
di molto affanno, cioè mi avreb-
petto
be liberato di un desiderio affannosis-
simo, il quale mi fa parer vile quello
di cui gli altri tengono il maggior con-
to. - -7. In vista. A vederla. Ella.
Cioè Laura nella effigie fatta da Si-
mone.-8. E coll'atto del volto mi pro-
mette pace, cioè promette di conten-
tarmi. 9. Poi che. Quando.

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SONETTO LI.

Se l'ardore amoroso cresce ancora si forte, prevede di dover presto morire.

S'al principio risponde il fine e'l mezzo
Del quartodecim' anno ch'io sospiro,
Più non mi può scampar l'aura nè 'l rezzo;
Si crescer sento 'l mio ardente desiro.
Amor, con cu'i pensier mai non han mezzo,
Sotto 'l cui giogo giammai non respiro,
Tal mi governa, ch'i̇' non son già mezzo,
Per gli occhi, ch' al mio mal si spesso giro.
Cosi mancando vo di giorno in giorno

Si chiusamente, ch'i' sol me n'accorgo,
E quella che, guardando, il cuor mi strugge.
Appena infin a qui l'anima scorgo;

Nè so quanto fia meco il suo soggiorno;
Che la morte s' appressa, e 'l viver fugge.

Versi 1-2. Se il mezzo e il fine di questo anuo quattordicesimo de' miei sospiri, cioè della mia passione amorosa, il quale ora incomincia, corrispondono al suo principio. 5. Nè aria nè ombra non possono più giovarmi contro l'arsura che io provo. · 4. Si. Talmente. Tanto. Desiro. Desire. Desiderio.-5. Non han mezzo. Non hanno misura, modo. Non osservano termine alcuno. 7-8. Mi concia si fattamente, fa tal governo di me, che io sono già ridotto a meno che la metà, cioè più che mezzo disfatto, a cagione del continuo struggermi in la

te.

grime che io fo per gli occhi, i quali
io volgo così spesso al mio male, cioè
a Laura. 9. Mancando. Disfacen-
domi. Consumandomi. 10. Chiu-
samente. Celatamente. Insensibilmen-
11. E quella. E se ne accorge
quella. Guardando. Guardandola io.
A guardarla. Con esser mirata.
12. Appena ho condotto la vita in-
sino a qui, cioè a gran fatica ho po-
tuto conservar la vita insino al pre-
sente. 13. E non so quanto ella,
cioè l'anima, soggiornerà meco, cioè
quanto potrò campare ancora.
14. Che. Perocchè.

SESTINA IV.

Mal affidatosi alla fragil nave d' Amore, prega Dio che lo drizzi a buon porto.

Chi è fermato di menar sua vita

Su per l'onde fallaci e per li scogli,
Scevro da morte con un picciol legno,
Non può molto lontan esser dal fine:
Però sarebbe da ritrarsi in porto
Mentre al governo ancor crede la vela.

Verso 1. Fermato. Risoluto.
2. Su. Particella di ripieno, che
serve a eleganza. - 3. Separato, cioè
distante, dalla morte sol di tanto in-
tervallo quanto è la grossezza di una

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piccola barca.
4. Dal fine. Dal
perdersi. Da perire. 5. Sarebbe da
ritrarsi. Converrebbe ritirarsi.
6. Mentre. Finchè. Crede. Ubbidi-

sce.

L'aura soave a cui governo e vela
Commisi entrando all' amorosa vita,
E sperando venire a miglior porto,
Poi mi condusse in più di mille scogli;
E le cagion del mio doglioso fine

Non pur d'intorno avea, ma dentro al legno.

Versi 1-2. L'aura, Allude al nome di Laura. Governo e vela Commisi. Affidai timone e vela, cioè a dire il governo della mia vita. Entrando. Cioè, entrando io.-5-6. E io mi trovava in mezzo a cose che mi recavano

in pericolo di fare una fine infelice,

e queste erano non solo dintorno al
legno, ma eziandio dentro. Vuol dire
che egli era combattuto, non solo
dalle bellezze di Laura e da simili
cose di fuori, ma eziandio dentro
di se dai pensieri e dagli affetti pro-
pri.

Chiuso gran tempo in questo cieco legno
Errai senza levar occhi alla vela,

Ch' anzi 'l mio di mi trasportava al fine;
Poi piacque a Lui che mi produsse in vita,
Chiamarmi tanto indietro dalli scogli,
Ch' almen da lunge m' apparisse il porto.

Verso 1. Gran tempo. Si riferisce alla voce errai del verso seguente. In questo cieco legno. Cioè nel corpo, dentro al quale rinchiusa, fa l' anima dell' uomo il viaggio di questa vita.

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3. Che, cioè la qual vela, mi trasportava alla morte prima del tempo. - 4. A Lui che mi produsse in vila. Cioè a Dio. - 5. Chiamarmi. Colle sue inspirazioni.

Come lume di notte in alcun porto

Vide mai d'alto mar nave nè legno,

Se non gliel tolse o tempestate o scogli;

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