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III. Poi che fuoro passati tanti die, che appunto erano compiuti li nove anni appresso l'apparimento soprascritto di questa gentilissima, ne l'ultimo di questi die1 avvenne che questa mirabile donna apparve a me vestita di colore bianchissimo, in mezzo di due gentili donne le quali erano di più lunga etade, e, passando per una via, volse li occhi verso quella parte ov'io era, molto pauroso; e per la sua ineffabile cortesia, la quale è oggi meritata nel grande secolo, mi salutoe molto virtuosamente, tanto che me parve allora vedere tutti li termini de la beatitudine. L'ora che lo suo dolcissimo salutare mi giunse, era fermamente nona di quello giorno; e però che quella fu la prima volta che le sue parole si mossero per venire a li miei orecchi, presi

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1 Dunque, dopo nove anni precisi, nel 1283; e, se corrisponde al vero la data offerta dal Boccaccio pel primo incontro, un'altra volta nelle feste del calendimaggio. 2 Maggiore, più avanzata. 3Per quel turbamento amoroso di cui sopra ha discorso.

4 Inesprimibile.

5 In cielo. Nota che il ricordo del primo saluto o colloquio si ricongiunge al pensiero della morte, come sopra il ricordo del primo incontro.

6 Sicuramente e precisamente. Era a mezzo del pomeriggio; e D., che vuol mettere in rilievo il nove, ricorre al calcolo delle ore temporali'. Del quale così ragiona in Conv. III, 6: « È da sapere che ora per due modi si prénde da gli astrologi l'uno si è, che del dì e de la notte fanno ventiquattr❜ore, cioè dodici del dì e dodici de la notte, quanto che 'l dì sia grande o piccolo. E queste ore si fanno piccole e grandi nel dì e ne la notte,

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secondo che 'l dì e la notte cresce e scema. E queste ore usa la Chiesa, quando dice Prima, Terza, Sesta e Nona: e chiamansi così ore temporali. L'altro modo si è, che facendo del dì e de la notte ventiquattr'ore, talvolta ha il dì le quindici ore, e la notte, le nove; e talvolta ha la notte le sedici, e 'l di le otto, secondo che cresce e scema il dì e la notte; e chiamansi ore eguali. E nello Equinozio sempre queste, e quelle che temporali si chiamano, sono una cosa; perché, essendo il dì eguale de la notte, conviene così avvenire ».

7È da rilevare anche questo par ticolare, di carattere realistico. E l'espressione va intesa (come del resto è chiaro) che le parole di Beatrice furono questa volta proprio per lui, cioè che fu il primo colloquio; non già che prima non l'avesse sentita parlare e fors❜anche che non ci avesse scambiata qualche parola in conversazione,

tanta dolcezza che, come inebriato, mi partio da le genti, e ricorsi a lo solingo luogo d'una mia camera,' e puosimi a pensare di questa cortesissima.

E pensando di lei mi sopraggiunse uno soave sonno, ne lo quale m' apparve una maravigliosa visione che me parea vedere ne la mia camera una nebula di colore di fuoco, dentro a la quale io discernea una figura d'uno segnore di pauroso aspetto a chi la guardasse ; e pareami con tanta letizia, quanto a sé, che mirabile cosa era; e ne le sue parole dicea molte cose, le quali io non intendea se non poche; tra le quali intendea queste: « Ego dominus tuus ».2 Ne le sue braccia mi parea vedere una persona dormire, nuda, salvo che involta mi parea, in uno drappo sanguigno, leggeramente; la quale io riguardando molto intentivamente, conobbi ch'era la donna de la salute, la quale m'avea lo giorno dinanzi degnato di salutare. E ne l'una de le mani mi parea che questi tenesse una cosa, la quale ardesse tutta ; e pareami che mi dicesse queste parole: « Vide cor tuum ». E quando elli era stato alquanto, pareami che

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'Mi rifugiai nella mia camera che m'offriva la solitudine che cercavo.

In questa nebbia o nuvoletta (nebula) ignea, a indicare ardore, sta Amore, cui nessuno s'accosta senza tremare (pauroso, che fa paura), mentr'egli è per sé mirabilmente lieto, cioè è tutto giocondità nell'idea dell'amante, che perciò è attratto; e le sue parole non si capiscono, pel tumulto della passione ma D. comprende bene questo, che non è più padrone di sé : io sono il tuo signore.

3 Beatrice dorme, e questo certamente significa che l'amore tardò a risvegliarsi in lei; è immaginata nuda, cioè senza le vesti del giorno,

perché tolta dormente nel suo letto
da Amore; ma un drappo la involge
leggermente, come fanciulla tolta
su da le coltri dalla madre o dalla
nutrice; e questo drappo è di co-
lor sanguigno, per rammentare il
color della veste di cui D. la vide
vestita nel primo incontro a nove
anni. Che per riconoscerla egli deb-
ba guardarla molto fissamente è
per l'armonia della scena, la quale
si rischiara a mano a mano.
De la salute vuol dire insieme che
mi salutò e che mi dette la salute:
sottigliezza che ricorre più volte.

4 Vedi (o ecco) il tuo cuore ; il quale, dunque, non è più di Dante, ma arde tutto in mano di Amore.

disvegliasse questa che dormia, e tanto si sforzava per suo ingegno, che le facea mangiare questa cosa che in mano li ardea, la quale ella mangiava dubitosamente.1 Appresso ciò, poco dimorava che la sua letizia si convertia in amarissimo pianto; e, così piangendo, si ricogliea questa donna ne le sue braccia, e con essa mi parea che si ne gisse verso lo cielo ; 2 onde io sostenea sì grande angoscia, che lo mio deboletto sonno non poteo sostenere, anzi si ruppe e fui disvegliato.

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E mantenente cominciai a pensare, e trovai che l'ora ne la quale m'era questa visione apparita, era la quarta de la notte stata; sì che appare manifestamente ch'ella fue la prima ora de le nove ultime ore de la notte." Pensando io a ciò che m'era apparuto, propuosi di farlo sentire a molti, li quali erano famosi trovatori in

1 Sono da osservarsi molto attentamente tutti questi particolari. Lo << stare », cioè l'indugiare di Amore, indica la lunga attesa di corrispondenza, di cui l'atto del destarsi della dormente segna il principio; l'espressione si sforzava per suo ingegno, vuol dire che Amore operò la congiunzione dei due spiriti gentili, non per filtri, ma per sua natura (è l'idea e il sentimento che ispirerà, oltre molti versi delle rime, questo della Commedia : « amor che a nullo amato amar perdona »); e l'avverbio dubitosamente indica che Beatrice non si lasciò vincere senza peritanza. Il simbolo del cuore dato in pasto alla amata non era nuovo quando D. lo riprese.

2È da rilevarsi che poco dimorava indica realisticamente che la letizia durò poco; ricogliea esprime l'atto col quale Amore, dal sostene

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empo:

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e con ciò fosse cosa che io avesse già er me medesimo l'arte del dire parole per rima, di fare uno sonetto, ne lo quale io salutasse fedeli d'Amore; e, pregandoli che giudicassero isione, scrissi a loro ciò che io avea nel mio sonno E cominciai allora questo sonetto, lo quale a: «A ciascun'alma presa »>.

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meo core in mano; e ne le braccia avea
madonna, involta in un drappo, dormendo. 8
oi la svegliava, e d'esto core ardendo
lei paventosa umilmente 10
pascea.
Appresso gir ne lo vedea piangendo.

questi molti, si possono re, in Toscana, fra Guitrezzo, Bonagiunta UrbiLucea, Chiaro Davanzati, valcanti, Guido Orlandi, Ifani, Dino Frescobaldi, nni e anche Dino Compabo Saltarelli. D. li chiama al modo di Provenza; e le era l'uso introdotto fra -enzoni » poetiche consimili che D. proponeva.

on può voler dire che non parato nelle scuole a far sa troppo ovvia perché di le pel volgare non ce n'eora; ma che nessuno che 'arte gliel'aveva insegnata.

e si

3 Da amore in suo dominio rammenti, per intender bene il vocabolo, la signoria di lui quanto sia assoluta.

4Perché mi rispondano ciò che loro ne pare.

5 Delle dodici ore (temporali') della notte, n'eran trascorse quattro. 6 Improvvisamente.

7 Gli dà un senso di tremito (horror) soltanto il prospettarsi alla mente che cosa sia Amore.

8 Ha valore participiale, come nel verso successivo ardendo.

9 Richiama l'avverbio dubitosamente della prosa.

10 Forse D. scrivendo questo avverbio, aveva presente la risposta di

Questo sonetto si divide in due parti: che ne la prima parte saluto e domando risponsione, ne la seconda significo a che si dee rispondere. La seconda parte comincia quivi : « Già eran ».

A questo sonetto fue risposto da molti e di diverse sentenzie;1 tra li quali fue risponditore quelli cui io chiamo primo de li miei amici. E' disse allora uno sonetto, lo quale comincia : « Vedesti al mio parere onne valore » ; e questo fue quasi lo principio de l'amistà tra lui e me, quando elli seppe che io era quelli che li avea ciò man

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Dino Compagni a Guido Guinezzelli di Bologna, sul modo di conquistare il cuore dell'amata, che Amore vuole umiltà '. La espres. sione corrispondente della prosa, è forse più realistica (si sforzava per suo ingegno).

Pareri, interpretazioni.

2 Vuol dire che si conoscevano anche prima, ma le loro relazioni divennero strette dopo. Il so

netto di questo primo amico', che fu Guido, della nobile e forte famiglia dei Cavalcanti, maggiore di D. di circa dieci anni, è il seguente:

Vedesti, al mio parere, ogni valore

e tutto giuoco e quanto bene uom sente,
se fosti in prova del segnor valente
che segnoreggia il mondo de l'onore.
Poi vive in parte dove noia more
e tien ragion nella pietosa mente,
si va soave per sonni alla gente
che i cor ne porta senza far dolore.
Di te lo core ne portò, veggendo

che la tua donna la morte chiedea:
nodrilla d'esto cor, di ciò temendo.
Quando t'apparve che sen gìa dogliendo,
fu dolce sonno ch'allor si compiea,
ché suo contraro lo venia vincendo.

Si parafrasa così: Il mio parere è che tu abbia visto il colmo d'ogni valentia e giocondità e d'ogni nobile e bella cosa, se hai fatto esperienza d'Amore, che n'è il Signore. Perché egli vive in un mondo superiore ed è giusto e pio, va così soave ai suoi gentili nel sonno, che, come tu hai provato,

toglie loro il cuore senza dolore. Il tuo se lo portò per nutrirne la tua donna che, senza, sarebbe morta. Quando poi tu lo vedesti andarsene doloroso, fu perché quel dolcissimo sonno stava per rompersi. Il Cavalcanti era un gentiluomo di razza e di educazione, e tale si mostra in questa sua ri

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