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LIB. I, CAP. IX (La comune origine dei volgari d'oc, d'oil e di sì, e la continua trasformazioue dei linguaggi naturali).

IX. Nos autem nunc oportet quam habemus rationem periclitari, cum inquirere intendamus de his in quibus nullius auctoritate fulcimur, hoc est de unius eiusdemque a principio idiomatis variatione secuta. Et quia per notiora itinera salubrius breviusque transitur, per istud tantum quod nobis est idioma pergamus, alia desinentes; nam, quod in uno est, rationali videtur in aliis esse causa.

Est igitur super quod gradimur idioma tractando tripharium, ut superius dictum est; nam alii oc, alii sì alii vero dicunt oil. Et quod unum fuerit a principio confusionis (quod prius probandum est), apparet, quia convenimus in vocabulis multis, velut eloquentes doc

DEL VOLGAR DIRE (LIB. I).

IX. Ora mi tocca di mettere a prova tutto quanto il mio raziocinio, volendo trattare d'un argomento pel quale manca ogni autorità di scrittore a cui m'appoggi: vale a dire dei diversi linguaggi che susseguirono a quello dapprima unico e uguale per tutti E siccome per le vie più note si passa più sicuri e più spediti, limitiamo il cammino a questo nostro idioma lasciando da parte

gli altri, perché è razionale arguire che quel che si riscontra in uno, si riscontri negli altri.

È dunque l'idioma, sul quale è avviata la nostra trattazione, in tre parlate distinto, come si è detto sopra; in quanto alcuni dicono oc, altri si, altri oïl. E che sia stato uno solo dal principio della confusione (ciò che occorre prima di provare) risulta da questo, che ci corrispondiamo in molti vocaboli, come mostrano. i dicitori che ne

tores ostendunt; quae quidem convenientia ipsi confusioni repugnat, quae ruit caelitus in aedificatione Babel. Trilingues ergo doctores in multis conveniunt, et maxime in hoc vocabulo quod est Amor. Gerardus de Brunel Sim sentis fezelz amics, Per ver encusera Amor. Rex Navarrae: De fin amor si vient sen et bonté. Dominus Guido Guinizelli: Né fa amor prima che gentil core, Né gentil core prima che amor natura.

Quare autem tripharie principalius variatum sit, investigemus; et quare quaelibet istarum variationum in se ipsa varietur, puta dextrae Italiae locutio ab ea quae est sinistrae; nam aliter Paduani, et aliter Pisani locuntur; et quare vicinius habitantes adhuc discrepant in loquendo, ut Mediolanenses et Veronenses, Romani et Florentini; nec non convenientes in eodem nomine gentis, ut Neapolitani et Caetani, Ravennates et Faventini; et quod mirabilius est, sub eadem civilitate morantes, ut Bononienses Burgi sancti Felicis et Bononienses Stratae. Maioris. Hae omnes differentiae atque sermo

sono i maestri; e tale corrispondenza è precisamente in contrasto con la confusione che s'abbatté dal cielo sugli edificatori di Babele. E che i maestri delle tre lingue si corrispondono in molti vocaboli è evidente, e particolarmente nella parola Amore ». Geraldo de Brunel: Sim sentis fezelz amics, Per ver encusera Amor. Il re di Navarra : De fin Amor si vient sen et bonté. M. Guido Guinizelli: Né fa amor prima che gentil core, Në gentil core prima che amor natura.

Perché poi questo idioma unico si sia originalmente diversificato in tre parlate, e perché ciascuna di

queste tre parlate diverse si varii in se stessa, come quella della destra d'Italia da quella della sini stra, giacché i Padovani parlano diversamente dai Pisani; e perché anche abitanti più vicini differiscano nel parlare, come i Milanesi e i Veronesi, i Romani e i Fiorentini, e finanche quei che son compresi sotto uno stesso nome di gente, come quei di Napoli e di Gaeta, i Ravennati e i Faentini; e ciò ch'è anche più sorprendente, quei che vivono nella stessa comunità, come i Bolognesi di Borgo San Felice e i Bolognesi di Strada Mag. giore tutte queste differenze e va

num varietates quid accidunt, una eademque ratione patebit.

Dicimus ergo quod nullus effectus superat suam causam in quantum effectus est, quia nichil potest efficere quod non est. Cum igitur omnis nostra loquela, praeter illam homini primo concreatam a Deo, sit a nostro beneplacito reparata post confusionem illam quae nil fuit aliud quam prioris oblivio, et homo sit instabilissimum atque variabilissimum animal, nec durabilis nec continua esse potest; sed sicut alia quae nostra sunt, puta mores et habitus, per locorum temporumque distantias variari oportet. Nec dubitandum reor modo in eo quod diximus temporum, sed potius opinamur tenendum; nam, si alia nostra opera perscrutemur, multo magis discrepare videmur a vetustissimis concivibus nostris quam a coetaneis perlonginquis. Quapropter audacter testamur quod si vetustissimi Papienses nunc resurgerent, sermone vario vel diverso cum modernis Papiensibus loquerentur.

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riazioni di parlate sarà chiaro perché avvengano con una sola dimostrazione che vale per tutte.

Dico adunque che nessun effetto avanza la sua causa in quanto è effetto, perché niente vale a produrre quel ch'esso non è. E perché ogni umana loquela, eccetto quella che Dio creò assieme al primo uomo, è stata foggiata di nuovo a nostro beneplacito dopo quella confusione che non fu altro che oblio della prima loquela, e l'uomo è il più instabile e il più variabile degli animali essa loquela non può essere perpetua né rimanere inalterata, ma, al pari delle altre cose nostre, come gli usi e i costumi,

conviene che subisca dei cambiamenti per distanza di luogo e per trascorrer di tempo. Né c'è da porre in dubbio che la ragione c' ho detta del tempo, contribuisce a variare il linguaggio, anzi si deve tenerla più forte che quella dello spazio; perché se indaghiamo le altre azioni umane si vedrà che noi siamo assai più diversi dai nostri concittadini molto antichi che dai contemporanei molto remoti. E perciò io affermo senza esitare che se oggi risorgessero gli antichissimi cittadini di Pavia, parlerebbero un linguaggio differente o affatto diverso da quello che parlano i moderni Pavesi,

Nec aliter mirum videatur quod dicimus, quam percipere iuvenem exoletum quem exolescere non videmus. Nam quae paulatim moventur minime perpenduntur a nobis; et quam longiora tempora variatio rei ad ́perpendi requirit, tanto rem illam stabiliorem putamus. Non etenim admiramur si extimationes hominum qui parum distant a brutis, putant eandem civitatem sub inmutabili semper civicasse sermone, cum sermonis variatio civitatis eiusdem non sine longissima temporum successione paulatim contingat et hominum vita sit etiam ipsa sua natura brevissima. Si ergo per eandem gentem sermo variatur, ut dictum est, successive per tempora, nec stare ullo modo potest, necesse est ut disiunctim abmotimque morantibus varie varietur, ceu varie variantur mores et habitus, qui nec natura nec consortio firmantur, sed humanis beneplacitis localique congruitate nascuntur.

Hinc moti sunt inventores gramaticae facultatis; quae quidem gramatica nichil aliud est quam quaedam inal

Né sorprenda quel che dico più che non sorprende di trovar cresciuto un giovane che non vediamo a crescere. Giacché noi avvertiamo assai poco i movimenti lenti delle cose e quanto più tempo richiede una variazione per essere avvertita, tanto più stabile giudichiamo la cosa. Perciò non fa meraviglia se certi individui che son poco diversi dagli animali bruti, pensano e giudicano che una stessa città sia stata sempre costumata alla stessa lingua, perché la lingua d'una città non si muta se non per molto lungo trascorrer di tempo, a poco a poco, e la vita degli uomini è invece per sua natura molto breve.

Se dunque, come ho detto, una stessa gente cambia, a mano a mano che il tempo volge, il suo linguaggio, che in nessun modo può rimanere inalterato, è necessario ch'esso diversamente si diversifichi tra genti separate e lontane, alla stessa guisa che cambiano le fogge e i costumi, i quali non vengono stabiliti dalla natura e neppure da un patto fra gli uomini, ma sorgono a beneplacito e in conformità con l'ambiente.

Di qui mossero gl'inventori della disciplina grammaticale, la qual grammatica appunto non è altro che una forma di uguaglianza inalterabile del linguaggio in tutti i tempi e in tutti i luoghi. E questa

terabilis locutionis idemptitas diversis temporibus atque locis. Haec, cum de comuni consensu multarum gentium fuerit regulata, nulli singulari arbitrio videtur obnoxia, et per consequens nec variabilis esse potest. Adinvenerunt ergo illam, ne, propter variationem sermonis arbitrio singularium fluitantis, vel nullo modo, vel saltem imperfecte antiquorum attingeremus auctoritates et gesta, sive illorum quos a nobis locorum diversitas facit esse diversos.

LIB. I, CAP. X (Paragone dei tre volgari e variazioni subite da quello d'Italia).

X. Triphario nunc existente nostro idiomate ut superius dictum est, in comparatione sui ipsius, secundum quod trisonum factum est, cum tanta timiditate cunctamur librantes, quod hanc, vel istam, vel illam partem in comparando praeponere non audemus, nisi eo quo gramaticae positores inveniuntur accepisse sic adverbium affirmandi; quod quandam anterioritatem erogare videtur Italis, qui si dicunt. Quaelibet enim partium largo testimonio se tuetur. Allegat ergo pro se lingua oil quod

essendo stata regolata per concorde consentimento di molte genti, è sottratta all'arbitrio individuale e per conseguenza nemmeno può cambiare. La inventarono proprio allo scopo che, per il continuo variar del linguaggio. il quale fluttua ad arbi, trio dei singoli, non avvenisse che in niun modo, o assai imperfettamente, apprendessimo la sapienza e i fatti degli antichi o delle genti da noi diverse, perché abitano in regioni diverse.

X. Al modo ch'è ora il nostro

idioma in tre parlate distinto, com'è stato detto sopra, resto assai perplesso a pronunciarmi sul paragone interno delle tre forme in cui risuona, perché, paragonando, non oso preporre questa o quella o l'altra parte, se non in tanto in quanto si trova che i fondatori della grammatica presero sic per avverbio di affermazione; la quale scelta sembra dare agli Italiani che dicono si una certa preminenza. Ma ciascuna parte si difende con ampie prove. Adduce a suo favore la lingua d'oil che per essere il volgare

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