Sayfadaki görseller
PDF
ePub

tamente, cioè integralmente, allegorica. Il lettore si pone nella migliore condizione per comprendere, se fin dal principio sia persuaso di dovere astrarre dalla donna e intenderla in figura così come pel primo canto della Commedia, dove la selva, il colle, il sole, le fiere ci trasportano in una realtà ideale, non fenomenica.

E la 'lode' della sapienza, cui il poeta s'è vòlto, attratto da desio ch'è pieno d'ineffabile dolcezza. « Il sole non illumina sulla terra cosa più nobile della donna del mio canto. Le Intelligenze ne contemplano in Dio l'esemplare e gli uomini che a lei tendono con maggiore sforzo, la sentono nel loro animo, quanto più provano soddisfatta la loro aspirazione. Piace tanto al Creatore, che la fa capace di sé oltre la capacità nostra. E ciò si scopre ne' suoi effetti: ché gli occhi di coloro che più la contemplano, risplendono a loro volta di tal luce, da fare innamorare di sé gli altri ben nati. La virtù di Dio discende in lei al modo che negli angioli, che visibilmente lo contemplano; e ciò può esperimentare ogni gentile che la segua e la osservi. Le cose che dice superano la possibilità della nostra intelligenza; e il suo portamento invita ad amare. Di costei si può dire ch'è il paragone d'ogni nobiltà e d'ogni bellezza. E si può dire che la veduta di lei conforta a credere nei miracoli, che sono una prova della nostra fede cristiana: perciò essa fu ab aeterno nella mente di Dio. Gli occhi e il dolce riso di lei, dove Amore meglio si manifesta,

riflettono le dolcezze celestiali, cui gli occhi degli uomini mortali non valgono á fissare, né la mia lingua a ridire appieno. La sua bellezza è ardore d'amore e di carità, che infonde ogni pensier buono; è come un lampo il cui tuono rompe i vizi connaturati, che privano l'uomo di nobiltà. Però ogni donna bella che non sente lodare la sua bellezza perché non appare accompagnata da tranquilla umiltà, apprenda a farsi umile dalla umiltà di lei, ch'è la prima delle sue bellezze. S'umilii ogni perverso dinanzi a lei, misurando quanto è lontano da questo esemplare divino ».

E, come si vede, una canzone imponente, più per vigoria concettuale che fantastica, e lascia l'idea dello stillato. Liricamente è frammentaria; il sentimento poetico è turbato, perché è una risultante.

Per la sua storia esterna, è degno di rilievo che Dante dovette averla molto cara, se la fa intonare al suo Casella sulla spiaggia del Purgatorio (Purg. II, 112); dove però è anche da osservare che la preferenza è dovuta al suo contenuto d'inno alla sapienza, il cui principio è l'umiltà, come la chiusa canta.

La canzone del quarto libro del Convivio << Le dolci rime d'amor ch' io solia », benché coetanea dell'altra precedente, è di diverso carattere. Dante lo dichiara avvertendo - « diporrò giù lo mio soave stile », se ciò vuol dire senza commozione o ispirazione perché amore è assente, e se noi siamo in diritto di tradurre al nostro uso di testa. E una canzone dot

trinale 'o sia filosofica, il cui tema è la gentilezza', con l'intento di « riducer la gente in diritta via sopra la propria conoscenza de la verace nobilitate ». Un ragionamento puro, robustamente sillogizzato, con citazioni di autori, in rima, per giunta. Non c'è da meravigliarsene, ripensando ai tempi, e in genere alle origini delle civiltà nazionali, che sempre hanno avuto della gnomica metrica. Ma resta ch'è prosa. E soltanto per contrapposizione rammento la Ginestra del Leopardi, che pure ha una saldissima inquadratura concettuale e logica e in qualche modo anche il riscontro d'una sentenza altrui (« le magnifiche sorti e progressive» del cugino Mamiani) letteralmente riferita. Ma qui è la passione che soffia nel canto; lì è la volontà che snoda il concetto, in tutta la sua rigorosa dirittura. E molto più poetica, a tratti, la prosa che la commenta, quando lo scrittore rallenta il freno e il morso del raziocinio, come spesso gli accade.

Comunque è un componimento, nel suo genere, elevatissimo; e certamente fu a'suoi tempi de' più divulgati e de' più discussi (cfr. p. 209 sg.).

La costruzione del gruppo della 'rettitudine' s'arresta qui col Convivio, che doveva appunto ordinarne e sublimarne i componimenti, come la Vita Nuova quelli della 'lode'. I materiali sin qui adoperati risalgono, come s'è visto, a qualche anno dopo dell'ingresso nella gioventù (ventotto-trenta di età), interferiscono con l'episodio della Pietosa e non

d

sono i più significativi dell'atteggiamento e ispirazione della maturità.

Il processo e del Convivio e del canzoniere della 'rettitudine' sarebbe impresa ardua tentarlo e non è da questo luogo ; ma voglio esprimere l'idea che vi sarebbero rientrate le tre canzoni scelte per questo libro (VII-IX), al modo e con le riserve che il seguito del discorso chiarirà. Esse si distanziano dalle precedenti con una probabilità media di dieci anni. Ma più che il distacco del tempo è notevole quello dell'arte; in quanto, se si è ben giudicato sin qui, la prima del Conv. è frutto più di pena che di passione, senza quella esaltazione o di contemplazione o d'esasperazione che par più propria di Dante lirico; la seconda, per forte che sia, ha i segni di primo esperimento allegorico con tracce dello stil nuovo e pare animata da una gara di superamento della dottrina del Guinizelli; la terza è senza amore', di testa, dottrinale. Invece le tre che seguono sono rappresentazioni piene di una loro intrinseca vita.

[ocr errors]

La canzone « Amor da che convien pur ch'io mi doglia », bellissima, prorompe da una necessità di sfogo. Il poeta è perseguitato da un'immagine ch'egli vuole, ma non può fuggire. L'anima folle sempre ricrea quella sua pena bella e ria', e poi n'arde e ne strugge. La figura creata affascina più della cosa vera e trascina il cantore come un automa: s'è pensata fiera, lo spaura, se sorridente, lo annichilisce. Così l'ha concio Amore in mezzo

l'Alpi, presso il fiume lungo il quale è sempre forte sopra di lui. Non ha a chi chiamar soccorso, o cui confidare la sua pena; né spera punto di piegare colei che sola potrebbe dargli la pace.

La rappresentazione del travaglio della immaginativa esacerbata e sconvolta è piena e perfetta nel suo proprio e concreto fenomeno. E questo è il pathos lirico per cui la canzone s'individua e si giudica.

La donna, a mio giudizio, è una finzione. Ma si sente di esser davanti a uno di quei componimenti dei quali Dante avrebbe detto che il reale intendimento. altri non lo può vedere s'egli non lo conta', e nei quali, direbbe il Croce, l'allegoria s'è fusa interamente nella rappresentazione, come nella Matelda dell' Eden. E sono, quello dell'autore come quello del critico, ammonimenti obiettivi, cavati dalla cosa.

Tuttavia io sostengo che neanche in questo caso si deve ripudiare ogni ricerca; in quanto, ciò che non offre il frammento, è razionale pensare che possa offrirlo un insieme : nel caso di Mateldə, gli altri simboli co' quali si congiung; nel caso della canzone, lo stato d'animo del cantore (abitudini mentali, setimenti, vicende ecc.). Si tratta, per dire in generale, di intendere la parte nel tutto di cui partecipa, dai particolari momenti sino alla totalità o unità dello spirito del poeta. Che se non raggiungeremo una spiegazione sicura e documentabile, potremo avvicinarla o almeno non

« ÖncekiDevam »