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DI

STORIA E DIRITTO

PUBBLICAZIONE PERIODICA

DELL'ACCADEMIA DI CONFERENZE STORICO-GIURIDICHE

ANNO XIV.-1893.

UML

ROMA

TIPOGRAFIA POLIGLOTTA

DELLA S. C. DE PROP. FIDE

1893

LA DOTTRINA DEI DODICI APOSTOLI »

(Continuazione e fine: v. anno 1892 p. 209)

§ 4. Le origini storiche del manuale catechetico.

Stabilita nel precedente paragrafo la distinzione originaria delle due parti che attualmente compongono il testo del mss. di Costantinopoli, alla critica delle fonti spetta l'arduo compito di gettare, se è possibile, un raggio di luce sulle origini storiche dei due documenti e scrutando quelle pagine ormai mute per noi intorno al tempo e al luogo della loro nascita, tentare se per avventura qualche traccia vi sia rimasta, se qualche filo conduttore si riveli che basti a riportarci fino alla loro genesi 1.

Per ricercare le origini storiche del manuale catechetico, formante la prima parte della Didachê, io parto dallo studio dei suoi caratteri intrinseci. Senza ripetere qui quanto già ho ampiamente esposto più sopra, noterò, ricapitolando, che la presenza nel manuale catechetico di ebraismi crudi, l'aramaismo spiccato dello stile e il parallelismo, spesso di una struttura perfetta, rendono legittima la conclusione, o, se si vuole essere scrupolosi, l'ipotesi che la prima parte della Didachê sia di origine ebraica. Il problema, arrivati a questo punto, può però ricevere due soluzioni diverse. Perchè i fatti raccolti coll'analisi testuale possono benissimo spiegarsi sia nell'ipotesi che autore del nostro

1

Per spirito di lealtà debbo fare una dichiarazione. Tra gli argomenti avanzati contro la ciprianeità dell' omelia De aleatoribus, aveva presentato anche la mancanza di essa nel catalogo delle opere di S. Cipriano del 359 edito dal Mommsen. Recentemente però Wölflinn e K. Weyman hanno fatto osservare che il documento non può avere un' autorità decisiva e irrefragabile nelle questioni di autenticità così per le dimenticanze (tralascia per es. lo scritto autentico Quod idola dii non sunt) come per gli errori (contiene il De laude martyrii). Il Catalogo perciò senza un buon controllo non vale nè per quel che dice nè per quel che non dice.-Wölflinn Archiv. für lateinische Lexikographie und Grammatik VIII Jahrg. H. I, 1892, Cypr. De spectaculis, pag. 3-4 K. Weyman Ueber die dem Cyprianus begeilegten Schriften De spectaculis und De bono pudicitiae in Histor. Jahrbuch, 1892, pag. 738.

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scritto sia stato un giudeo-cristiano, un fedele cioè uscito dal giudaismo, sia in quella che lo scritto prima di circolare fra i primitivi cristiani, abbia appartenuto alla letteratura ebraica palestinense o ellenista. Non potendosi nulla decidere a priori, lo studio del documento e quello dei testi affini potrà solo farci scegliere fra le due diverse ipotesi.

Premetto alcune particolarità che nel manuale catechetico rivelano traccie di concezioni ebraiche ed altre che suonano allusione a circostanze storiche degli ultimi tempi della teocrazia. Fra le prime è da porre la frase μνησθήσῃ νυκτὸς καὶ ἡμέρας (IV, I) abituale agli scrittori ebrei o ebreo-ellenisti del N. T. ', mentre le Costituzioni apostoliche uscite da un ambiente ove non solo si scriveva, ma anche si pensava greco hanno regolarmente mutato la frase in μνησθήσῃ . ἡμέρας καὶ νυκτός (VII, 9, 1). Di ebraismo sa pure la raccomandazione: ἀλλὰ καὶ περὶ τούτο δὲ εἴρηται · ἱδρωσάτω ἡ ἐλεημοσύνη σου εἰς τὰς χεῖράς σου μέχρις ἂν γνῷς τίνι δῷς. Forse con ragione ha notato il Chiappelli che è troppo vedervi col Sabatier il carattere del giudeo prudente ed utilitario. Ma e la forma del precetto (cfr. Eccli. XII, 1) e la omissione sua nelle Costituzioni apostoliche e la citazione di una scrittura apocrifa o meglio di una tradizione scritturale concorrono a renderne probabilissima l'origine giudaica. È vero che la frase si trova nel comma I, 3-II, 1 estraneo alla redazione originale del manuale, ma io credo col Taylor che il passo nel testo primitivo appartenesse al c. IV che tratta dell' elemosina; donde poi il redattore del testo costantinopolitano lo trasportò alla fine del c. I.

Fra le seconde è da notare il comma: οὐ διψυχήσεις πότερον total ou (IV, 4). La frase ai traduttori moderni è apparsa ed è realmente oscura ed appari tale anche agli antichi parafrasti della Didachê (Can. apost. XIII, 2 e Const. Ap. VII, 11, I), i quali ne specificarono il senso premettendovi ἐν προσευχῇ σου. Ma

1

Gen. VIII, 22; Is. XXXIV, 10; Dan. III, 71; Luc. II, 37; Act. XX, 31, XXVI, 7; 2 Cor. XI, 25; 1 Thess. II, 9, III, 10; 1 Tim. V, 5 etc.

2 Harnack traduce: Zweifle nicht, ob Gottes Gericht kommen wird oder nicht, (op. c. p. 99) sembrandogli dal contesto doversi riportare la frase al giudizio divino. In generale gli altri traducono letteralmente. Funk: non ambiges utrum futurum sit necne (p. 15). Schaff: Thou shalt not be doubleminded (doubtful in thy mind) whether it shall be or not (p. 175).

l'accordarsi del Ps. Barnaba (XIX, 5) col ms. di Costantinopoli rende certa la lezione primitiva quale sta in quest'ultimo. Ora riponendo le origini del manuale catechetico in un ambiente ebraico precedente di poco alla venuta del cristianesimo, la frase diventa chiara e riceve una spiegazione adeguata, l' unica, credo, possibile. Nell'antica teologia ebraica al secolo presente si contrapponeva il secolo futuro o l'eternità, la vita futura in cui dopo la venuta del Messia e la risurrezione dei corpi, Dio avrebbe preparato una mensa perenne, a cui assisi i giusti avrebbero ricevuto il doppio delle loro opere buone coronati e circonfusi della gloria di Yahweh 2. Ma quest' insieme di visioni e d'ideali, in cui i desiderii messianici e le speranze apocalittiche si esaltavano qualche volta fino ad arrivare come nel libro di Enoch al più strano chiliasmo, non erano accolte da tutta la nazione ebraica al I sec. di C. Una parte di essa e certo non la minima per cultura e per influenza sociale, i sadducei, negavano, disperati per tanta rovina della fortuna nazionale, i destini messianici del popolo e la parte sua nel secolo futuro, a cui invece e per la stessa ragione attingeva il fariseo l'energia necessaria per conservarsi ed aspettare 3. Ora mi sembra che il testo della Didachê che in questo momento ci occupa, posto accanto a questo fatto storico, ne riceva luce pienissima; scritto prima o dopo il 70 è un' esortazione al lettore di non dubitare del secolo futuro e della parte che nel disegno divino doveva avere Israele, e di non ingolfarsi in discussioni inutili ed aride che hanno per effetto di raffreddare nel cuore la speranza e di gettare nella mente i semi di un dubbio funesto.

1 Midrash Tehillin, f. 45, 4.

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2 In mundo futuro, dixit Deus, mensam ingentem vobis sternam quod gentiles videbunt et pudefient (Schöttgen H. h. ad Mat. VIII, 10-2). In futuro saeculo sedent iusti et capitibus ipsorum incumbunt coronae et fruuntur splendore divinitatis. Berakhoth f. 17. Si dederit quispiam omnes opes domus suae ut comparet sibi sapientiam in captivitate ego reddam illi duplum in saeculo futuro. Targum ad Cant. VIII, 7.

3 Tous les anciens problèmes se posaient (al tempo di N. S.) plus difficiles et plus impérieux que jamais. La question de la direction de Dieu dans la marche des événements de ce monde demandait à être résolue. Elle se confondait avec celle de la venue du Messie. Les Saducéens perdaient courage dans l'adversité et disaient: nous sommes perdus, ce n'est plus qu'une question de temps, et ils s'arrangeaient pour en prendre leur parti. Les Pharisiens disaient: Dieu nous sauvera certainement. E. Stapfer La Palestine au temps de J. C., 4 éd. Paris 1887, p. 303. Sadducaei negant dicuntque, deficit nubes atque abit, sic descendens in sepulchrum non redit Tanchum, f. 3.

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