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Ma sapienza, e amore, e virtute,

105 E sua nazion sarà tra Feltro e Feltro.
Di quell'umile Italia fia salute,

Per cui morio la vergine Cammilla,
Eurialo, e Turno, e Niso, di ferute.
Questi la caccerà per ogni villa,

queste parole si è: questi non porrà suo cuore in acquistar molto paese e gran tesori, ma si nella sapienza, e però nell'amore e nella virtù. Questi non ciberà terra nè peltro, cioè, con pieno costrutto: questi non si ciberà con terra, ecc. Peltro è propriamente stagno raffinato con argento vivo; e, pigliando la spezie pel genere, intendesi per esso qualsivoglia metallo. Sapienza è voce quadrisillaba. Lo dico pei forestieri.

105. Tra Feltro e Feltro. Circoscrive la patria di Can Grande, ch'è Verona, situata tra Feltre, città della Marca Trivigiana, e Monte Feltro in Romagna. Forse altri sarebbe più esatto in por questi limiti; ma tal sia di lui e del Venturi.

106. Di quell'umile Italia, ecc. Mi scosto da tutti gl'interpreti, altri dei quali vogliono che Dante appelli l'Italia umile, in riguardo a quel di Virgilio humilemque vidimus Italiam; altri ch'abbia la voce umile il significato di mansueta, a differenza delle altre barbare e superbe nazioni; e me ne sto col Castelvetro, che la qualificasse si fattamente in dimostrazione della miseria e dell'afflizion sua. Questo parmi il sentimento vero e che la voce umile suoni quanto umiliata, siccome per troppo ingiusto destino, fu sempre questa immor tale e feconda madre d'eroi.

107 e 108. Cammilla, valorosissima donzella, figlia di Metabo, re de' Volsci, la quale s'armò contro Enea in difesa di Turno. Eurialo e Niso, valorosi giovani troiani, e famosi amici, seguaci d'Enea. Di ferute; non è, come dice troppo leggermente il Lombardi, un pleonasmo; ma si formula determinante, fra tutte l'altre, la più dolce e onorata morte, quella che s'incontra pugnando per la patria. La voce ferute, in vece di ferite, è poetica.

109. Non credasi già, siccome per l'autorità di Cinonio dice il Lombardi, che per posto sia per da. Il

Fin che l'avrà rimessa nello 'nferno,
Là onde 'nvidia prima dipartilla.
Ond'io, per lo tuo me', penso e discerno.
Che tu mi segui, ed io sarò tua guida,
E trarrotti di qui per luogo eterno;
Ov'udirai le disperate strida,

Vedrai gli antichi spiriti dolenti,
Che la seconda morte ciascun grida.

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primo di questi segni ne fa veder il veltro discorrere di villa in villa; il secondo non fa altro che determinar il punto onde si diparte il moto. Vedi la Grammatica nostra.

110 e 111. Si notano da Alfieri. Invidia prima. Ho preso la voce prima per addiettivo, diversamente dagli altri, perchè, come avverbio, parmi inutile; e come addiettivo, sente di quel primo superbo, altrove usato dal Poeta. La prima invidia fu quella dell'avversario d'ogni bene, il quale, invidioso della felicità promessa all'uomo, indusse l'ardita femmina a trapassar il segno ed allora, con gli altri rei animali, sbucò d'inferno la malvagia lupa, siccome pur anche allora: Macies et nova febrium

Terris incubuit cohors.

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112. Me', per apocope, meglio. Anche la voce mezzo troncasi si fattamente. Penso e discerno, perciocchè il pensamento precede la discrezione, e, per dar giudizio non erroneo, non basta pensare, ma convien pur discernere la relazione delle comparate specie.

114. Torno a dirlo; non v'è altro mezzo d'uscir della selva, che passando per l'Inferno; cioè non si può uscir dell'errore e del vizio, se non vedendo i funesti effetti dell'uno e dell'altro. Le parole di questo verso s'hanno a riordinare così: e ti trarrò di qui, facendoli passare per luogo eterno, quasi voglia dire: ti farò uscir di qui pel solo mezzo che v'ha di passar per luogo eterno, ove vedrai i tristi effetti dell'errore e del vizio.

115-117. Si notano da Alf. Antichi, trapassati sin dai più remoti tempi.

La seconda morte, quella dell'anima, che sarebbe seconda, e termine ai loro tormenti.

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E poi vedrai color che son contenti Nel fuoco, perchè speran di venire, Quando che sia, alle beate genti. Alle qua' poi se tu vorrai salire, Anima fia a ciò di me più degna: Con lei ti lascerò nel mio partire; Che quello Imperador che lassù regna 125 Perch'i' fu' ribellante alla sua legge,

Non vuol che 'n sua città per me si vegna.
In tutte parti impera, e quivi regge;

Quivi è la sua cittade, e l'alto seggio:
O felice colui cu' ivi elegge!

130Ed io a lui: Poeta, i' ti richieggio

Per quello Iddio che tu non conoscesti,

118. E poi vedrai, ecc. Qui promette Virgilio di fargli poi vedere il Purgatorio, per farci intendere che, dopo aver conosciuto l'errore per gli effetti suoi, dee l'uomo dispogliarsene affatto, onde libero e mondo alzar si possa alla verità. Stiasi pure al testo e poi vedrai in vece di e vedrai, come, con la Nidobeatina, legge il Lombardi, perciocchè la prima maniera dimostra meglio l'intenzion del Poeta, che il viaggio in Inferno ha ad essere prima, quello in Purgatorio poi, siccome in Paradiso dopo. E nulla monta che la voce poi ripetasi quattro versi piu giù.

120. Quando che sia non vuol dire una volta, come spiega il Lombardi, ma si quando il cielo vorrà che ciò sia. 122. Anima fia, Beatrice, di cui a suo luogo.

125. Ribellante, propriamente ribello; ma qui, considerandosi soltanto l'effetto che nasce dalla ribellione, che è un allontanamento da cui uno si ribella, dee tal voce valere quanto straniero o alieno.

127. Impera... regge. Imperare è l'atto di esercitar imperio con potenza; reggere, quello di governar con amore. 128. Quivi è la sua cittade, ecc. Hic regum sccptrum dominus tenet, orbisque habenas temperat. Boez.

Acciocch'i' fugga questo male e peggio,
Che tu mi meni là dov'or dicesti,

Si ch'i' vegga la porta di san Pietro,
E color che tu fai cotanto mesti.
Allor si mosse, ed io li tenni dietro.

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132. Questo male; cioè quello di trovarmi qui smarrito; e peggio, cioè di non poter forse più uscire e di restarvi morto dalle fiere. E allegoricamente, l'error attuale e il mal fine a che egli menar suole.

е

134. La porta di san Pietro. Io penso con Rosa Morando, Daniello, e altri, diversamente da Venturi Lombardi, che per la porta di san Pietro intenda il Poeta la porta del cielo, di cui ha le chiavi san Pietro. Sono conformato in questo parere da due mie ragioni, l'una di fatto e l'altra di sentimento. La prima si è, che Dante, non avendo ancor veduto il Purgatorio, non sa se ivi sia o no una porta chiamata di san Pietro. La seconda, e questa vale per mille, si è che l'anima del Poeta, piena attualmente dell'idea di colei, con che Virgilio il lascerà nel suo partire, e del pensiero di vedere il termine d'ogni suo desiderio, questo chiede a Virgilio, tacendo le cose medie, per cui dovrà necessariamente passare, e volando su le fervide penne del disio dall'una estremità all'altra; e di queste, a quella in pria, a cui la volontà sentivasi maggiormente tirata. 135. Che tu fai. Fare sta qui per rappresentare o descrivere; essendo il costrutto intero: che tu fai nelle tue parole.

136. Li tenni dietro. Li o gli suona lo stesso. Tener dietro a uno maniera difettiva, il cui pieno è: tenere in andando il luogo di retro a uno, vale seguir uno. Ed è grazioso modo di dire.

ARGOMENTO.

Comparatosi Dante con cui per alta grazia fu concesso l'andar vivo nell'altro mondo, e parendogli sè non esser da tanto, invilisce; ma inteso da Virgilio perchè e da chi mandato, venne a lui, ripiglia animo, e torna al primo suo proponimento.

5

Lo giorno se n'andava, e l'aer bruno
Toglieva gli animai che sono 'n terra
Dalle fatiche loro, ed io sol uno
M'apparecchiava a sostener la guerra
Si del cammino e sì della pietate,
Che ritrarrà la mente che non erra.
O Muse, o alto 'ngegno, or m'aiutate:

1 e 2. Lo per il, aggiugne gravità. Ne, dal nostro mondo. In terra, cioè in tutta la terra, ed è quel per terras omnes di Virgilio. Il Lombardi ci avverte che la Nidob. legge aere in luogo di aer; il che, soggiunge apporta al verso pienezza e insieine dolcezza. A me pare che guasti anzi il verso, con torgli l'effetto mirabile della lenta pronunzia delle vocali ae in due tempi, per cui segue l'occhio il progressivo discorrere della notte, e accordasi col sentimento e col prolungato suono della forma andava.

4—6. Guerra. Le difficoltà che opporragli l'arduo cammino, e le punture della pietà con che l'assaliranno le pene delle anime tormentate, dall'una, e gli sforzi che farà il poeta per resistere a queste e a quelle, dall'altra parte, sono una azione e reazione giustamente chiamate guerra. Mente, memoria, siccome in Virgilio: manet alta mente repostum. Che non erra, qualificante questa potenza dell'anima; poichè fra le virtù nostre intellettuali, quella che giudica può sola errare. 7. Allo 'ngegno. Crede il Lombardi che invochi il

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