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Come Fialte a scuotersi fu presto.
Alior temetti più che mai la morte,
110 E non v'era mestier più che la dotta,
S'i' non avessi viste le ritorte.
Noi procedemmo più avanti allotta,

E venimmo ad Anteo che, ben cinqu'alle
Senza la testa, uscia fuor della grotta.

1150 tu, che nella fortunata valle

Che fece Scipion di gloria ereda,

busto. Come Fialte, ecc., cioè come Fialte fu presto a scuotersi forte. Onde debbesi intendere nel primo termine della comparazione l'idea che nel secondo si accenna, e in questo quella che s'esprime nel primo; cioè nel tremuoto la forza e la prestezza, siccome in Fialte la prestezza e la forza. E questo artificio di costruzione merita che s'osservi.

109 e 110. Alf. nota il primo e l'altimo della terzina. Lombardi scrive: Allor temett' io, e guasta il verso e il sentimento. Dotta, presso gli antichi, vale tema, dubitanza, che dissero ancora doftanza.

112-114. Noi precedemmo più avanti, o sia, come sopra, vers. 82: facemmo adunque più lungo viaggio, volti a sinistra. Allotta, allora. Da ora fassi olla, quasi oro'ta, e dicesi a otta a otta, ad ora ad ora. Alle. Alla, nome d'una misura d'Inghilterra ( auln, franc. aune) ch'è due braccia fiorentine. Crusca. Ora, essendo il braccio fiorentino di tre palmi, moltipli cando le 5 alle per due, s' hanno 10 braccia, e queste per 3, s'hanno 30 palini, che corrisponde alla misura di sopra vers. 65. Della grotta, cioè del seguente pozzo.

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115-123. Alf. not. il primo terz. e l'ultimo verso. Questa parlata di Virgilio ad Anteo, compresa in 15 versi, è di stile e d'eloquenza per ogni parte perfetta. Fortunata, fortunosa, dove ha giocato la sorte, e non per rapporto al fortunato Scipione, come dicono il Landino e 'l Vellatello, e nemmeno come vuol Lombardi, per essere stata condecorata da Anteo, o per l'ubertà del suolo. Segue il Poeta Lucano, che pone il

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Quand'Annibál co'suoi diede le spalle, Recasti già mille lion per preda,

E che, se fossi stato all'alta guerra

De' tuoi fratelli, ancor par ch'e' si creda 120 Ch'avrebber vinto i figli della terra;

Mettme giuso, e non ten venga schifo,
Dove Cocito la freddura serra.

Non ci far ire a Tizio nè a Tifo:

Questi può dar di quel che qui si brama: 125
Però ti china, e non torcer lo grifo.

regno d'Anteo presso al luogo dove Scipione vinse Annibale. Ereda, erede. Quand' Annibal, ecc.

Non fu cader di subito si strano,

Dopo tante vittorie, ad Anniballe

Vinto alla fin dal giovane Romano. PETR. Mille lion, ecc. Di lui Lucano: ferunt epulas raptos habuisse leones. - E che, ecc. Costruzione: e, o tu, per cui (se tu fossi stato all'alta guerra de' tuoi fratelli) pare ancor che si creda che, ecc. Lombardi fa la costruzione così: e che (e il quale) pare ancor, ecc., e fa comparir Dante scrittor barbaro. Alta, perchè fu quella guerra contro il cielo. I figli della terra che tali erano creduti i giganti. Injecta monstris terra dolet suis. Oraz. Non ten venga schifo, come di cosa di te indegna. Dove, ecc., dove la freddura (il freddo) serra (ristringe, gela). Cocito, le acque del Cocito.

124-126. Tizio... Tifo, due altri giganti. Di quel che qui si brama, cioè fama, di cui pur laggiù sono vaghi, pel desiderio naturale ch'ognuno ha di prolungare per essa la sua esistenza. Lombardi, ma per ridere o far ridere, spiega cosi: rinomanza su nel mondo, cosa dalla nostra superbia bramata. Chi non ha questa nobile superbia è degno di star nel Limbo coi bambini, per non dirla altrimenti. Grifo, muso, ceffo: nella canzone di sopra citata leggonsi i sottoposti versi : La terra fa un suol che par di smalto, E l'acqua morta si converte in vetro Per la freddura che di fuor la serra.

Ancor ti può nel mondo render fama; Ch'ei vive, e lunga vita ancora aspetta Se innanzi tempo grazia a sè nol chiana: 130 Cosi disse Maestro: e quegli in fretta Le man distese, e prese il Duca mo, Ond' Ercole sentì già grande stretti. Virgilio, quando prender si sentio,

Disse a me: Fatti'n qua sì ch' io ti prenda: 135 Poi fece sì ch'un fascio er'egli ed io. Qual pare a riguardar la Cariseada, Sotto 'I chinato, quand'un nuvol vada

128 e 129. Alf. not. col vers. precedente. Lunga vita, ecc., perchè Dante non era allora se non nel mezzo del cammin di nostra vita. Se innanzi tempo grazia, ecc. Se la divina grazia nol chiama all'altra vita innanzi al termine prescrittogli al suo vivere.

130-132. Alf. not. E quegli in fretta, ecc., tanto lo seppe ben lusingare Virgilio colle sue parole. Ond' Ercole, ecc. Onde s'appicca alla parola la man distese; distese la mano, onde ( da cui) Ercole, ecc., e prese il Duca mio. Questo modo senti già grande strella è bello e forte.

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135. Alf. lo nota, coi due preced. Ch'un fascio er'egli ed io, perchè Virgilio prese lui, e il gigante l'uno e l'altro colle gran braccia. Dice egli ed io era, perchè nell'atto che scrive si considera da Virgilio av vinto in modo che formano i due corpi un sol fascio.

136-138. La Carisenda. Torre in Bologna, detta pur Garisenda dal nome di chi la fece fare e pendente, o per arte dell'artefice, come dicono alcuni, o per cedenza del terreno, com'altri vuole. Del campanil di Pisa però ci sono forti ragioni che penda perchè cosi voile l'architetto. Ora, a chi, giudicando soltanto coll'occhio sensuale, sta sotto al chinato della torre, mentre un nuvolo superiore viene contr'essa, pare che non il nuvolo, ma la cima della torre contra esso penda. Queste parole: quando un nuvol vada

Sovr'essa eì, ched ella incontro penda;

Tal parve Antéo a me, che stava a bada
Di vederlo chinare, e fu talora

Ch'i' avrei volut' ir per altra strada:
Ma lievemente al fondo, che divora
Lucifero con Giuda, ci posò;
Nè sì chinato lì fece dimora,
E come albero in nave si levò.

140

145

sovr'essa si ch'ella, ecc., quando un nuvolo, che passa sopra, le viene incontro da quella parte ch'è pendente.

139-14. Alf. li nota. Stava a bada, era tutto inteso. E fu talora. Ha torto il Lombardi di scrivere talora in due corpi (tal ora), perchè così lo trovò scritto in due MSS. della Corsini; ha torto di credere che questa espressione muti il sentimento scrivendosi in due corpi; ha torto infine di spiegarla per dat tempo, quel tempo. L'intero della formula fu talora che, si è e ora tale fu in che (nella quale) io avrei voluto ire per altra strada, per paura che non mi facesse qualche mal giuoco. Debbono aggiungere che nella formula talora, l'estensione del tempo per lei espresso s'ha a determinare dalle circostanze.

142 e 143. Alf. nota il primo e l'ultimo della terz. Costruzione: ma ci posò lievemente nel fondo che, ecc. Questa frase lievemente ci posò, esprime a maraviglia il riguardo e l'attenzione con che gli posò il gigante. Che divora Lucifero con Giuda. Con dir Che divora Lucifero, invoglia già il lettore alle maraviglie che dirà di questo mostro; e con dir con Giuda ne ricorda esser quello il soggiorno dei traditori che denomina dal più nero di tutti.

145. Alf. lo nota.

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Questo verso dipinge il modo del rilevarsi del gigante, d'un tratto, e la smisurata sua altezza, cui siegue attentamente coll'occhio il curioso lettore.

ARGOMENTO.

Spaventosa condizione del luogo; terribile supplizio | dei traditori; riconoscimento dei più famosi d'allora; vista di raccapriccio e d'orrore.

S'i'avessi le rime e aspre e chiocce

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Alf. nota 1-9. Ecco giunto il 2, 4, 5, 8. 9 Poeta nell'ultimo dei cerchj infernali, in quello ove il maggior d'ogni peccato, cioè il tradimento, si punisce. Questa si è la condizione del luogo. Figurisi il fondo d'un pozzo il cui diametro sia due miglia, e il giro d'intorno sei e due settimi, nel cui centro aprasi un vano pur circolare, verso 'l quale il fondo che lo circonda si vada a più a più abbassando. Quattro spezie di tradimenti vi si puniscono. E però è diviso il fondo in quattro spartimenti concentrici, i quali, non essendo dal Poeta per alcuna distinzione notati, ma solo pel diverso modo che vi stanno i peccatori, saranno accennati a suo luogo. Ha imposto a queste divisioni quattro diversi nomi, analoghi alle quattro spezie di tradimenti, e la più grave di mano in mano. Adunque chiama la prima Caina, da Caino traditore e ucciditore del fratello; la seconda Antenora, da Antenore Troiano, traditore della patria; la terza To lommea, da Tolommeo re d'Egitto, traditore di Pompeo Magno; la quarta Giudecca, da Giuda, traditore del suo divino Maestro. Ora veniamo al testo.

Spaventato il Poeta dalla terribile scena ch' imprende a descrivere, e temendo non trovar nella lingua sì forti ed aspre parole come al concetto si converrebbero, comincia con manifestarci la sua paura, e invo car le possenti Muse, preparando così l'animo del lettore alle terribili cose che sta per dispiegargli dinanzi. Aspre e chiocce; aspre, riguardo all'espressione,

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