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E riguardandolo mi parea che piangesse pietosamente e parea che attendesse da me alcuna parola: ond' io assicurandomi, cominciai a parlare così con esso: «Signore della nobiltade, perchè piangi tu? » E quegli mi dicea queste parole: Ego tanquam centrum circuli, cui simili modo se habent circumferentiæ partes; tu autem non sic. 1 Allora pensando alle sue parole, mi parea ch' egli mi avesse parlato molto oscuro, sì che io mi sforzava di parlare, e diceagli queste parole: « Ch'è ciò, Signore, che tu mi parli con tanta scuritade? » E quegli mi dicea in parole volgari: «Non dimandar più che util ti sia. 2 >>

E però cominciai con luisa ragionare della salute, la quale mi fu negata; e domandailo della cagione; onde in questa guisa da lui mi fu risposto: « Quella nostra Beatrice udio certe persone, di te ragionando, che la donna, la quale io ti nominai nel cammino dei sospiri, ricevea da te alcuna noia. E però questa gentilissima, la quale è contraria di tutte le noie, non degnò salutare la tua persona, temendo non fosse noiosa. 3 Onde, conciossiacosachè 4 veracemente sia conosciuto per lei alquanto il tuo segreto per lunga consuetudine, voglio che tu dica certe parole per rima, nelle quali tu comprenda la forza ch' io tegno sovra te per lei, e come tu fosti suo tostamente dalla tua puerizia: e di ciò chiama testimonio colui che 'l sa; e come tu preghi lui che glie le 5 dica ed io, che sono quegli,

1 Io duro costante, sempre eguale a me stesso, come un circolo perfetto: non così tu.

2 Più di quello che ti sia utile.

3 Temendo non le recasse noia la tua persona, come faceva all' altra donna.

4 Congiunzione lenta e barbogia.

5 I più degli antichi, e in ispecie il Boccaccio, adoperavano glie le indeclinabile, ma quest'uso è ormai vieto.

volentieri le ne ragionerò; e per questo sentirà ella la tua volontade, la quale sentendo, conoscerà le parole degl' ingannati. Queste parole fa che sieno quasi d'uno mezzo, 1 sì che tu non parli a lei immediatamentò, chè non è degno. E non le mandare in parte alcuna senza me, ove potessero essere intese da lei, ma falle adornare di soave armonia, nella quale io sarò tutte le volte che farà mestieri. » E dette queste parole, disparve, e lo mio sonno fu rotto. Onde io ricordandomi, trovai che questa visione m'era apparita nella nona ora del dì; e anzi che io uscissi di questa camera, proposi di fare una ballata, nella quale seguitassi 2 ciò che 'l mio Signore m'avea imposto, e feci questa ballata: 3

Ballata, io vo' che tu ritrovi Amore,

E con lui vadi a Madonna davanti,
Si che la scusa mia, la qual tu canti,
Ragioni 4 poi con lei lo mio Signore.
Tu vai ballata, sì cortesemente,

Che senza compagnia

Dovresti in tutte parti avere ardire;
Ma se tu vuoi andar sicuramente,
Ritrova l'Amor pria;

Chè forse non è buon senza lui gire.
Perocchè quella che ti debbe udire,

Se, com' io credo, è invêr di me adirata,
Leggieramente 5 ti faria disnore.

1 Un parlare indiretto per terza persona; chè parlare a lei direttamente non è degna cosa (non è degno), non si conviene. 2 Io manifestassi cantando il mio vero affetto (voluntade).

Seguitare: eseguire.

3 Ballata, poi che ti compose Amore,

<< Girai a quella che somma piacenza

<< Mi saettò per gli occhi dentro al core. » Lapo Gianni.

4 Esponga, discuta.

5 Agevolmente, probabilmente.

Con dolce suono, quando se' con lui,
Comincia este parole,

Appresso che averai chiesta pietate:
Madonna, quegli che mi manda a vui,
Quando vi piaccia, vuole,

Sed egli ha scusa, che la m'intendiate.
Amore è quei che per vostra beltate
Lo face, come vuol, vista cangiare:
Dunque, perchè gli fece altra guardare,
Pensatel voi; da ch'e' non mutò 'l core.
Dille: Madonna, lo suo core è stato

Con si fermata fede,

Ch'a voi servir ha pronto ogni pensiero:
Tosto fu vostro, e mai non s'è smagato. 1
Sed ella non ti crede,

Di' che domandi Amor che ne sa 'l vero;
Ed alla fine falle umil preghiero,

Lo perdonare se le fosse noia,

Che mi comandi per messo, ch' io muoia;
E vedrassi ubbidir buon servitore. 2

E di' a colui ch'è d' ogni pietà chiave,
Avanti che sdonnei, 3

Che le saprà contar mia ragion buona:
Per grazia della mia nota soave
Riman tu qui con lei,

E del tuo servo ciò che vuoi ragiona:

E s'ella per tuo priego gli perdona,

Fa che gli annunzii in bel sembiante pace.

1 Dalla sua puerizia (Purg. XXX, 42; V. N. II.) insino ad ora non si è distolto (smagato, V. N. XXIII; Purg. XXVII, 104) nè ha cangiato mai affetto. - Preghiero: preghiera, masch. arcaico.

2 Delle varie lezioni di questo verso negletto, ho scelto, al mio orecchio, la men dura. - E mi vedrà presto a' suoi cenni.

3 Donneare vale corteggiar donne; sdonneare, dipartirsene. Per donneare a guisa di leggiadro. » Canzoniere, parte II, c. IV.

Gentil ballata mia, quando ti piace,

Muovi in quel punto, che tu n'aggi onore.

§. XIII.

Quattro pensieri, uno contrario all'altro, combattono la volontà di lui
intorno alla sua passione amorosa.

Appresso di questa soprascritta visione, avendo già dette le parole che Amore m'avea imposto di dire m'incominciarono molti e diversi pensamenti a combattere, ed a tentare ciascuno quasi indefensibilmente: 2 tra' quali pensamenti quattro m'ingombravano più il riposo della vita. L'uno de' quali era questo: « Buona è la signoria d'Amore, perocchè trae lo intendimento del suo fedele da tutte le vili cose. 3» L'altro era questo: « Non buona è la signoria d'Amore, perocchè quanto lo suo fedele più fede gli porta, tanto più gravi e dolorosi punti gli conviene passare. >> L'altro era questo: « Lo nome d'Amore è sì dolce a udire, che impossibile mi pare che la sua operazione sia nelle

1 Cogli il momento più propizio ad una buona accoglienza, in guisa che tu n'abbia (aggi antiq.) onore.

« Muovi ballata senza far sentore,

<< E prenderai l'amoroso cammino:

« Quando se' giunta parla a capo chino. » Lapo Gianni.

2 Invincibilmente, da non potersene difendere.

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«S' egli è villano in cortesia lo muta. » Bnonagiunta

Urbiciani.

« Dolce è 'l pensier che mi nutrica il core,

« D'una giovine donna ch'e' desia,

<< Per cui si fe' gentil l'anima mia,

<< Poi che sposata la congiunse Amore. » Lapo Gianni.

più cose altro che dolce, conciossiacosachè i nomi seguitino le nominate cose, siccome è scritto: Nomina sunt consequentia rerum. 1 » Lo quarto era questo: « La donna, per cui Amore ti stringe così, non è come le altre donne, che leggermente si mova del suo cuore. » E ciascuno mi combattea tanto, che mi facea stare come colui che non sa per qual via pigli il suo cammino, e che vuole andare, e non sa ove si vada. E se io pensava di voler cercare una comune via di costoro, cioè là ove tutti si accordassero, questa via era molto inimica verso di me, cioè di chiamare e di mettermi nelle braccia della Pietà. Ed in questo stato dimorando, mi giunse volontà di scrivere parole rimate, e dissine allora questo sonetto:

Tutti i miei pensier parlan d'Amore,
Ed hanno in lor sì gran varïetate,
Ch' altro mi fa voler sua potestate;
Altro forte ragiona il suo valore; 2
Altro sperando m'apporta dolzore; 3
Altro pianger mi fa spesse fïate;

E sol s' accordano in chieder pietate,
Tremando di paura, ch' è nel core.
Ond' io non so da qual materia prenda; 4
E vorrei dire, e non so ch' io mi dica:
Così mi trovo in amorosa erranza. 5

1 Aforismo scolastico.

I nomi si confanno alle cose.

2 Duramente forte che fa passare punti gravi e dolorosi.

3 Dolore. E tanto vi sentio gioia e dolzore. » G. Cavalcanti. Par. XXX, 42.

4 Da quale di questi pensieri prenda argomento al mio dire. 5 Errore, incertezza. Le desinenze in anza, assai armoniche, erano molto gradite ai poeti Provenzali ed a' nostri primi dicitori in rima. Così hai più sotto accordanza, invece di accordo.

Pure 2,

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