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E se con tutti vo' fare accordanza,

Convenemi chiamar la mia nemica

Madonna la Pietà, 1 che mi difenda.

§. XIV.

Dopo alcun tempo egli trovasi ad uno sposalizio, dove erano molte e belle donne sedute a convito. Vede fra queste Beatrice, e non può far che le altre e Beatrice medesima non s'accorgano del suo smarrimento. Ne lo deridono; e scrive un sonetto.

Appresso la battaglia delli diversi pensieri avvenne che questa gentilissima venne in parte ove molte donne gentili erano adunate; alla qual parte io fui condotto per amica persona, credendosi fare a me gran piacere in quanto mi menava là ove tante donne mostravano le loro bellezze. Ond' io quasi non sapendo a che fossi menato, e fidandomi nella persona, la quale un suo amico all' estremità della vita condotto avea, 2 dissi: «Perchè semo noi venuti a queste donne? » Allora quegli mi disse: « Per fare sì che elle sieno degnamente servite. » E lo vero è che adunate quivi erano alla compagnia d'una gentildonna, che disposata era lo giorno: e però secondo l'usanza della sopradetta cittade, conveniva che le facessero compagnia nel primo

1 « Dico Madonna quasi per isdegnoso (ironico) modo di parlare. » Dante, Commento.

2 O questa circostanza oscura è inutile affatto qui, ed anzi disconvenevole (errore che Dante non suol commetter davvero ) o l'amico condotto all'estremità della vita dalla persona amica, la quale non sapeva a che lo menasse, è precisamente Dante. Egli infatti ci dice che in questo convito nuziale tenne i piedi in quella parte della vita (estremità) dalla quale non si può ire più per in- ` tendimento (con intendimento) di ritornare, perchè è passaggio alla morte.

sedere che facca alla mensa, nella magione del suo novello sposo? Sì che io, credendomi far il piacere di questo amico, proposi di stare al servizio delle donne nella sua compagnia. E nel fine del mio proponimento mi parve sentire un mirabile tremore incominciare nel mio petto dalla sinistra parte, e stendersi di subito per tutte le parti del. mio corpo. Allora dico che poggiai la mia persona simulatamente ad una pintura, la quale circondava questa magione; e temendo non altri si fosse accorto del mio tremare, levai gli occhi, e mirando le donne, vidi tra loro la gentilissima Beatrice. Allora furono sì distrutti li miei spiriti per la forza che Amore prese veggendosi in tanta propinquitade alla gentilissima donna, che non mi rimase in vita più che gli spiriti del viso, ed ancor questi rimasero fuori de' loro strumenti, perocchè Amore volea stare nel loro nobilissimo luogo per vedere la mirabile donna.

E avvegna ch' io fossi altro che prima, 1 molto mi dolea di questi spiritelli che si lamentavano forte e diceano: «Se questi non ci sfolgorasse 2 così fuori del nostro luogo, noi potremmo stare a vedere la maraviglia di questa donna, così come stanno gli altri nostri pari. » Io dico che molte di queste donne, accorgendosi di questa mia trasfigurazione, si cominciaro a maravigliare; e ragionando si gabbavano di me con questa gentilissima; onde l'ingannato amico di buona fede mi prese per la mano, e traendomi fuori della veduta di queste donne, mi domandò che io avessi. Allora riposato alquanto, e risurti li morti spiriti miei, e li discacciati rivenuti alle loro possessioni, dissi a questo mio amico queste parole: « Io ho tenuti li piedi

1 Diverso da quel di prima, trasfigurato.

2 Se non ci cacciasse a guisa di folgore del nostro luogo (organi, istrumenti).

in quella parte della vita, di là dalla quale non si può ire più per intendimento di ritornare. » E partitomi da lui, mi ritornai nella camera delle lagrime, nella quale piangendo e vergognandomi, fra me stesso dicea: « Se questa donna sapesse la mia condizione, io non credo che così gabbasse la mia persona, anzi credo che molta pietà ne le verrebbe.» E in questo pianto stando, proposi di dir parole, nelle quali a lei parlando significassi la cagione del mio trasfiguramento, e dicessi che io so bene ch'ella non è saputa; e che se fosse saputa, io credo che pietà ne giungerebbe altrui: e proposi di dirle, desiderando che venissero per avventura nella sua audienza; e allora dissi questo sonetto:

Con l'altre donne mia vista gabbate, 1
E non pensate, donna, onde si mova
Ch' io vi rassembri si figura nova, 2
Quando riguardo la vostra beltate.
Se lo saveste, non potria pietate

Tener più contra me l'usata prova; 3
Ch' Amor quando si presso a voi mi trova,
Prende baldanza e tanta sicurtate,

Che fiére 4 tra' miei spiriti paurosi;

E quale ancide, e qual pinge di fuora.
Sicch' ei solo rimane a veder vui.

1 Vi prendete giuoco del mio sembiante, che si trasmuta dinanzi a voi. « Donna voi li gabbate sorridendo. » Lapo Gianni. 2 D'onde avvenga (onde si muova) che io vi paia (rassembri) figura così nuova, altro che prima.

3 Se sapeste, perchè io mi trasfiguro, per pietà cangiereste stile. 4 Fiede, ferisce. Inf. IX, 6; Vita Nuova XIX: « Che fieron gli occhi. >>

Ond' io mi cangio in figura d'altrui;
Ma non si ch' io non senta bene allora
Gli guai de' discacciati tormentosi. 1

§. XV.

Conosce l'avvilimento del proprio stato, e mostra come
non gli sia possibile vincere sè medesimo.

Appresso la nuova trasfigurazione mi giunse un pensamento forte, il quale poco si partia da me; anzi continuamente mi riprendea, ed era di cotale ragionamento meco: «Posciachè tu pervieni a così schernevole vista, quando tu se' presso di questa donna, perchè pur cerchi di veder lei? Ecco che se tu fossi domandato da lei, che avresti tu da rispondere? ponendo che tu avessi libera ciascuna tua virtude, in quanto tu le rispondessi. » 2 Ed a costui rispondea un altro umile pensiero, e dicea: « Se io non perdessi le mie virtudi, e fossi libero tanto ch'io potessi rispondere, io le direi che si tosto com' io immagino la sua mirabile bellezza, si tosto mi giugne un desiderio di vederla, il quale è di tanta virtude, che uccide e distrugge nella mia memoria ciò che contra lui si potesse levare; e però non mi ritraggono le passate passioni 3 da cercare la veduta di costei. » Ond' io, mosso da cotali pensamenti, proposi di dire certe parole, nelle quali scusandomi a lei di cotal riprensione, ponessi anche quello che mi addiviene presso di lei, e dissi questo sonetto:

1 I guai dogliosi degli spiriti (sentimenti) abbattuti.
<< Io dico che miei spiriti son morti

«El cor ch' ha tanta guerra vita poco. » G. Cavalcanti. 2 Quantunque avessi tu libera ogni tua favella (la voce, il

gesto, virtude) in guisa da poterle rispondere.

3 Patimenti. « E sostenni passione in ciascun membro. » L、 Gianni.

Ciò che m' incontra nella mente muore,
Quando vengo a veder voi, bella gioia;
E quando io vi son presso, sento Amore
Che dice: fuggi, se 'l perir t'è noia.
Lo viso mostra lo color del core, 1
Che, tramortendo, ovunque può s'appoia; 2
E per l'ebrietà del gran tremore, 3

Le pietre par che gridin: muoia, muoia.
Peccato face chi allora mi vide

Se l'alma sbigottita non conforta,
Sol dimostrando che di me gli doglia
Per la pietà che 'l vostro gabbo uccide, 4

La qual si cria 5 nella vista morta

Degli occhi, ch' hanno di lor morte voglia. 6

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1 Eccli, XIII: Cor hominis immutat faciem illius. Catullo, men pieno e men vivo: Frons praeportat pectoris iras.

2 Dall'arcaico appoiare. « Cui gentilezza ed ogni ben s'appoia. » L. Gianni. S' appoggia volgendosi in altra parte.

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Tutti i

3 Eccesso del timore. L'immagine è orientale. fiacchi gemiti, castamente adorni, de' rimatori petrarcheggianti, non danno un dramma del forte e tenero affetto di queste quartine. 4 « Per la pietosa vista che negli occhi mi giunge; la qual vista pietosa (sembianza compassionevole ) è distrutta, cioè non pare (non apparisce) altrui per lo gabbare (gabbo) di questa donna » Dante, Commento.

5 La qual vista pietosa (pietà) uccisa (vinta) dallo scherzo (gabbo) si produce e si manifesta (si cria: si crea. « Fede spezial si cria. » Inf. XI, 63. « Or piuttosto si cria Quel, che mi fa di vita sperar morte. » D. Frescobaldi) negli occhi.

6 Sin d'ora il pensiero della morte rivela nel giovane amante il divino cantore della morta gente.

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