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Allora cominciai a piangere molto pietosamente; e non solamente piangea nella immaginazione, ma piangea con gli occhi, bagnandoli di vere lagrime.

Io immaginava di guardare verso il cielo, e pareami vedere moltitudine di Angeli, i quali tornassero in suso, ed avessero dinanzi loro una nebuletta bianchissima; e pareami che questi Angeli cantassero gloriosamente, e le parole del loro canto mi parea udire che fossero queste: Osanna in excelsis; 2 ed altro non mi parea udire. Allora mi parca che il cuore, ov' era tanto amore, mi dicesse: << Vero è che morta giace la nostra donna. » E per questo mi parea andare per vedere il corpo nel quale era stata quella nobilissima anima. E fu sì forte la erronea fantasia, che mi mostrò questa donna morta; e pareami che donne le coprissero la testa con un bianco velo; e pareami che la sua faccia avesse tanto aspetto d' umiltade, che parea che dicesse: «Io sono a vedere il principio della pace. 3 » In questa immaginazione mi giunse tanta umiltà per veder lei, che io chiamava la Morte, e dicea: «< Dolcissima morte, vieni a me, e non m'esser villana; perocchè tu dêi esser gentile, in tal parte se' stata: or vieni a me che molto ti desidero; tu vedi ch'io porto già il tuo colore » E quando io avea veduti compiere tutti i dolorosi misteri 4 che alle corpora 5 de' morti s'usano di fare, mi parea tornare nella

1 La Chiesa prega nelle esequie de' defunti: Subvenite sancti Dei, occurrite Angeli Domini, suscipientes animam ejus, offerentes eam in conspectu Altissimi.

2 Gloria a Dio ne' cieli. Osanna è voce ebraica di festiva acclamazione. Purg. XXIX, 51.

3 Dio. Purg. XXX, 9; Parad. III, 83.

4 Ministeri, uffici funebri, duolo, corrotto, riti de' defunti.

5 Corpi. Nom. neut. plur. intatto.

mia camera, e quivi mi parea guardare verso il cielo ; e si forte era la mia immaginazione, che piangendo cominciai a dire con voce vera: « O anima bellissima, com'è beato colui che ti vede! » E dicendo io queste parole con doloroso singulto di pianto, e chiamando la Morte che venisse a me, una donna giovane e gentile, la quale era lungo il mio letto, credendo che il mio piangere e le mie parole fossero lamento per lo dolore della mia infermità, con grande paura cominciò a pianger.e. Onde l'altre donne, che per la camera erano, s'accorsero che io piangeva, per lo pianto che vedeano fare a questa: onde facendo lei partire da me, la quale éra meco di propinquissima sanguinità congiunta, elle si trassero verso me per isvegliarmi, credendo che io sognassi, e diceanmi: «< Non dormir più, e non ti sconfortare. » E parlandomi così, allora cessò la forte fantasia entro quel punto ch' io volea dire: << Beatrice, benedetta sii tu. » E già detto avea : « O Beatrice...;» quando riscuotendomi apersi gli occhi, e vidi ch' io era ingannato; e con tutto ch' io chiamassi questo nome, la mia voce era si rotta dal singulto del piangere, che queste donne non mi poterono intendere.

1

Ed avvegnachè io mi vergognassi molto, tuttavia per alcuno ammonimento d' Amore mi rivolsi loro. E quando mi videro, cominciaro a dire: « Questi par morto; » e a dir fra loro: « Procuriam di confortarlo. » Onde molte parole mi diceano da confortarmi: e talora mi domandavano di che io avessi avuto paura. Ond' io essendo alquanto riconfortato, e conosciuto il falso immaginare, risposi loro:

1 Sanguinità invece di consanguinità adopera il Boccaccio nell' introduzione al Decamerone e altrove; ma non è più d'uso. La donna giovane e gentile che stava lungo (presso) il letto, era forse sua sorella, moglie di Leon Poggi. Balbo, Vita di Dante I, 7.

<< Io vi dirò quello ch' ho avuto. » Allora cominciai dal principio sino alla fine, e dissi loro ciò che veduto avea, tacendo il nome di questa gentilissima. Onde io poi sanato di questa infermità, proposi di dir parole di questo che m'era avvenuto, perchè mi parea che fosse amorosa cosa a udire; e però ne dissi questa canzone:

Donna pietosa e di novella etate, 1
Adorna assai di gentilezze umane,

Ch' era là ov' io chiamava spesso morte,
Veggendo gli occhi miei pien di pietate,
Ed ascoltando le parole vane, 2

Si mosse con paura a pianger forte:

E l'altre donne che si furo accorte

Di me, per quella che meco piangia,
Fecer lei partir via,

Ed appressarsi per farmi sentire.
Qual mi dicea; non dormire:

E qual dicea: perchè sì ti sconforte?
Allor lasciai la nova fantasia,

Chiamando il nome della donna mia.
Era la voce mia sì dolorosa,

E rotta si dall' angoscia e dal pianto,
Ch'io solo intesi il nome nel mio core:
E con tutta la vista vergognosa,

Ch' era nel viso mio giunta cotanto, 3
Mi fece verso lor volgere Amore:
Egli era tale a veder mio colore,

1 Inf. XXXIII, 88. « Età novella. » L'affisso eufonico te, agiunto alle parole tronche, Dante più spesso lo cambiò nel più lolce de. V. N. III. « Più lunga etade: » maggiore età.

Vaghe, oscure, vaneggianti.

3 Il colore di chi si vergogna (vista vergognosa) cotanto si rivelava (era giunta) nel viso.

Che facea ragionar di morte altrui.
Deh! confortiam costui.

Pregava l'una l'altra umilemente;
E dicevan sovente:

Che vedestù, che tu non hai valore?
E quando un poco confortato fui,
Io dissi: donne, dicerollo 1 a vui.
Mentre io pensava la mia fragil vita,
E vedea 'l suo durar com'è leggiero,
Piansemi Amor nel core, ove dimora;
Per che l'anima mia fu si smarrita,
Che sospirando dicea nel pensiero:
Ben converrà che la mia donna mora.
Io presi tanto smarrimento allora,
Che chipsi gli occhi vilmente gravati;
Ed eran si smagati 2

Gli spirti miei, che ciascun giva errando:
E poscia immaginando,

Di conoscenza e di verità fuora,

Visi di donne m'apparver crucciati,

Che mi dicean: Morra' tu pur, morra' ti. 3
Poi vidi cose dubitose 4 molte

Nel vano immaginare ov'io entrai:

Ed esser mi parea non so in qual loco,
E veder donne andar per via disciolte,
Qual lagrimando e qual traendo guai,
Che di tristizia saettavan foco. 5

Poi mi parve vedere a poco a poco

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2 Incerti, erranti, vinti. Inf. XXV, 146; Purg. XXVII, 104;

Parad. III, 36.

3 Morraiti, ti morrai.

4 Paventose.

5 Questo verso è una folgore.

Turbar lo sole ed apparir le stelle,
E pianger egli ed elle;

Cader gli augelli volando per l'a' re. 1
E la terra tremare;

Ed uom m' apparve scolorito e fioco, 2
Dicendomi: che fai? non sai novella?
Morta è la donna tua, ch' era sì bella.
Levava gli occhi miei bagnati in pianti,

E vedea, che parean pioggia di manna,
Gli Angeli che tornavan suso in cielo:
Ed una nuvoletta avean davanti,
Dopo la qual gridavan tutti: Osanna;
E s'altro avesser detto, a voi dire' lo. 4
Allor diceva Amor: più non ti celo;
Vieni a veder nostra donna che giace.
L'immaginar fallace

Mi condusse a veder mia donna morta;
E quando l'avea scorta,

Vedea che donne la covrian d'un velo;
Ed avea seco umiltà si verace,
Che parea che dicesse: io sono in pace.
Io diveniva nel dolor sì umile,

3

5

Veggendo in lei tanta umiltà formata;
Ch' io dicea: Morte, assai dolce ti tegno: 6
Tu dei omai esser cosa gentile,

1 Aere.

2 Virgilio

per lungo silenzio parea fioco. » Inf. I, 63.

3 Exod. XVI. Ecce ego pluam vobis panes de coelo.

4 Direilo, lo direi.

5 E in atto di morir lieto e vivace

« Dir parea: s'apre il cielo, io vado in pace. »

TASSO, Gerusal. lib. XII, 68.

6 Confronta questo verso virile, col verso raffinato del Petrarca. Morte bella parea nel suo bel viso. >>

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