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che troppo mi piacesse; e pensava di lei così: « Questa è una donna gentile, bella, giovane e savia, ed apparita forse per volontà d'Amore, acciocchè la mia vita si riposi. «< E molte volte pensava più amorosamente, tanto che il cuore consentiva in lui, 1 cioè nel suo ragionare. E quando avea consentito ciò, io mi ripensava siccome dalla ragione mosso, e dicea tra me medesimo: « Deh che pensiero è questo che in così vile modo mi vuol consolare, e non mi lascia quasi altro pensare? » Poi si rilevava un altro pensiero, e dicea: « Or che tu se' stato in tanta tribolazione d'Amore, perchè non vuoi tu ritrarti da tanta amaritudine? Tu vedi che questo è uno spiramento, 2 che ne reca li desiri d'Amore dinanzi, ed è mosso da così gentil parte, com'è quella degli occhi della donna che tanto pietosa ci s'è mostrata. » Ond' io, avendo così più volte combattuto in me medesimo, ancor ne volli dire alquante parole; e perocchè la battaglia de' pensieri vinceano coloro che per lei parlavano, mi parve che si convenisse di parlare a lei, e dissi questo sonetto il quale comincia: Gentil pensiero: e dissi gentile in quanto ragionava a gentil donna, chè per altro era vilissimo.

Gentil pensiero, che parla di vui,
Sen viene a dimorar meco sovente,
E ragiona d' Amor si dolcemente,
Che face consentir lo core in lui.
L'anima dice al cor: 3 chi è costui,

Che viene a consolar la nostra mente;
Ed è la sua virtù tanto possente,

Ch'altro pensier non lascia star con nui?

1 Locuzione assai garbata. Consentiva al pensiero amoroso. 2 Ispirazione. « Spiritel nuovo d'Amore. »

3 Com'è schietto e vivo questo dialogo dell'anima (ragione) col cuore (appetito}! Purg. XXX, 124.

Ei le risponde: O anima pensosa,

Questi è uno spiritel nuovo d'Amore,
Che reca innanzi a me li suoi desiri:
E la sua vita e tutto il suo valore

Mosse dagli occhi di quella pietosa,
Che si turbava de' nostri martiri.

§. XL.

Se non che pensando bene a Beatrice, si abbandona del tutto al suo
dolore ed amaramente la piagne in altro sonetto.

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Contro questo avversario della ragione si levò un dì, quasi nell' ora di nona, una forte immaginazione in me: chè mi parea vedere questa gloriosa Beatrice con quelle vestimenta sanguigne colle quali apparve prima agli occhi miei; e pareami giovane in simile etade a quella in che prima la vidi. Allora incominciai a pensare di lei; e secondo l'ordine del tempo passato, ricordandomene, il mio core cominciò dolorosamente a pentirsi del desiderio, al quale si vilmente s' avea lasciato possedere alquanti dì, contro alla costanza della ragione. E discacciato questo cotal malvagio desiderio, si rivolsero li miei pensamenti tutti alla loro gentilissima Beatrice. E dico che d'allora innanzi cominciai a pensare di lei sì con tutto il vergognoso cuore, che li sospiri manifestavano ciò molte volte, perocchè quasi tutti diceano, nel loro uscire, quello che nel cuore si ragionava, cioè lo nome di quella gentilissima, e come si partio da noi. E molte volte avvenia, che tanto dolore avea in sè alcuno pensiero, che io dimenticava lui e là dov' io era.

Per questo raccendimento di sospiri, si raccese lo sollevato 1 lagrimare in guisa, che li miei occhi parevano due

1 Impetuoso.

cose che desiderassero pur di piangere; e spesso avvenia, che per lo lungo continuare del pianto, d'intorno a loro si facea colore purpureo, lo quale suole apparir per alcuno martìre ch'altri riceva: onde appare che della loro vanità furono degnamente guiderdonati; sì che da indi innanzi non poterono mirare persona che li guardasse, sì che loro potesse trarre a simile intendimento. 1 Onde io volendo che cotal desiderio malvagio e vana tentazione paressero distrutti, sì che alcun dubbio non potessero inducere le rimate parole ch'io aveva dette dinanzi, proposi di fare un sonetto, nel quale io comprendessi la sentenzia di questa ragione. E dissi allora :

Lasso! per forza de' molti sospiri,

Che nascon de' pensier che son nel core,
Gli occhi son vinti, e non hanno valore

Di riguardar persona che li miri:

E fatti son, che paion due desiri

Di lagrimare e di mostrar dolore;
E spesse volte piangon si ch' Amore
Gli cerchia di corona di martiri. 2
Questi pensieri, e li sospir ch'io gitto,
Diventan dentro al cor si angosciosi,
Ch' Amor vi tramortisce, sì glien duole.
Però ch' egli hanno in sè li dolorosi

Quel dolce nome di Madonna scritto,
E della morte sua molte parole.

1 Da indi innanzi gli occhi non poterono mirare persona che

li guardasse, la cui vista avesse forza di vincerli.

2 « Ch' hanno fatto ghirlanda di martiri. » Dante, Canzoniere, Ball. I. Lo sollevato (altri legge solennato, solenne, grave) pianto degli occhi che paion due disiri di lagrimare, è immagine ardita e forte, da non trovarsene esempio fuorchè nel libro di Giobbe o ne' Salmi di David.

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Κ

§. XLI.

Passando per Firenze i peregrini che andavano a venerare la Veronica in Roma
Dante scrive per essi un sonetto accennando che la mestizia della città è ca-
gionata dalla morte di Beatrice.

Dopo questa tribolazione avvenne (in quel tempo che molta gente andava per vedere quella imagine benedetta, la quale Gesù Cristo lasciò a noi per esempio della sua bellissima figura, 1 la quale vede la mia donna gloriosamente) che alquanti peregrini passavano per una via la quale è quasi in mezzo della città, dove nacque, vivette e morì la gentilissima donna; e andavano secondo che mi parve, molto pensosi. Ond' io pensando a loro, dissi fra me medesimo: « Questi peregrini mi paiono di lontana parte e non credo che anche udissero parlare di questa donna, e non ne sanno niente; anzi i loro pensieri sono d'altre cose

che di queste qui: chè essi forse pensano delli loro amici Purd,

lontani, li quali noi non conoscemo. » Poi dicea fra me
medesimo: << Io so, che se essi fossero di propinquo 2 paese,
in alcuna vista 3 parrebbero turbati, passando per lo mezzo
della dolorosa città.» Poi diceva fra me stesso: << Se io li
potessi tenere 4 alquanto, io pur gli farei piangere, anzi
ch'essi uscissero di questa città, perocchè io direi parole le
quali farebbero piangere chiunque le udisse. » Onde, passati

Inf 3, 1

1 Nella settimana santa i peregrini andavano a venerar l'immagine (Veronica) di Gesù Cristo in Roma. Parad. XXXI, 103; Petrarca, son. XII.

2 Vicino.

3 In alcun segno del sembiante. Inf. XIII, 14: « Rimane ancor di lui alcuna vista » (vestigio).

4 Trattenere.

costoro dalla mia veduta, proposi di fare un sonetto, nel quale manifestassi ciò ch' io avea detto fra me medesimo; ed acciocchè più paresse pietoso, 1 proposi di dire come se io avessi parlato loro; e dissi questo sonetto, il quale comincia:

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Deh! peregrini, che pensosi andate
Forse di cosa che non v'è presente,
Venite voi di sì lontana gente,
Com' alla vista voi ne dimostrate?
Chè non piangete, quando voi passate
Per lo suo mezzo la città dolente,
Come quelle persone che neente
Par che intendesser la sua gravitate? 3
Se voi restate per volere udire,

Certo lo core ne' sospir mi dice,
Che lagrimando n' uscirete pui.
Ella ha perduto la sua Beatrice;

E le parole ch' uom, di lei può dire,
Hanno virtù di far piangere altrui.

§. XLII.

Pregato poi da gentili donne di alcune delle sue rime,
ne le compiace con pronta cortesia.

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Poi mandaro due donne gentili a me, pregandomi che io mandassi loro di queste mie parole rimate: ond' io, pensando la loro nobiltà, proposi di mandar loro e di fare una cosa nuova, la quale io mandassi loro con esse, ac

1 Più apparisse pietoso.

2 Niente.

3 Anche questo (gravitate) è uno de' sostantivi danteschi, pregni di molto senso, e vuole indicare un lutto mestissimo, solenne e pubblico.

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