ciocchè più onorevolmente adempissi li loro prieghi. E dissi allora un sonetto il quale narra il mio stato, e mandailo loro col precedente sonetto accompagnato, e con un altro che comincia: Venite a intender. Il sonetto il quale io feci allora, comincia: Oltre la spera che più larga gira, 1 Passa il sospiro ch' esce del mio core; Piangendo mette in lui, pur su lo tira. Io non lo intendo, si parla sottile Sì ch' io lo intendo ben, donne mie care. §. XLIII. Finalmente è preso da una mirabile visione, e termina l'opera, protestando che deliberò di non dir più di Beatrice, sino a che non gli venga fatto di poter dire di lei quello che mai non è stato detto di alcuna. Appresso a questo sonetto apparve a me una mirabile visione, nella quale io vidi cose che mi fecero proporre di non dir più di questa benedetta, infino a tanto che io non 1 Oltre il primo mobile (Parad. XXIII, 112) cioè sino al l'empireo. 2 Egli, ello, ille. Parad 15,48 potessi più degnamente trattare di lei. 1 E di venire a cìò io studio quanto posso, sì com' ella sa veracemente. Sicchè, se piacere sarà di Colui a cui tutte le cose vivono, che la mia vita per alquanti anni perseveri, io spero di dire di lei quello che mai non fu detto d'alcuna. E poi piaccia a Colui ch'è sire della cortesia, che la mia anima se ne possa gire a vedere la gloria della sua Donna, cioè di quella benedetta Beatrice, che gloriosamente mira nella faccia di Colui qui est per omnia saecula benedictus. 1 In quel divino poema, nel quale « quanto qui di lei si di ce» fu dipoi « conchiuso tutto in una loda. >> |