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calidis, umentia siccis (1). Il primo, detto dal Manzoni Sermonaccio in una lettera al Pagani, è intitolato Panegirico a Trimalcione, poichè se ne loda con ironia pariniana le origini e le imprese, dimenticando quasi il fagian che su la mensa si raffredda; il secondo schernisce e riprova la manía, che han tutti, di far versi, mentre agli altri mestieri non ardiscono di darsi gli imperiti (2); e il terzo spiega al Pagani come e perchè l'autore intenda comporre in versi. Dell'epoca in cui furono scritti, discorre il Bonghi, in un'avvertenza premessa alla pubblicazione ch'egli fece de' sermoni stessi fra le opere inedite e rare del Manzoni; e in parte conviene con lo Zendrini, in parte ne dissente. Piccola controversia, della quale vuolsi però tener conto, perchè potrebbe dar ragione delle somiglianze d'uno di questi Sermoni con quello del Dalmistro al Pindemonte, alle quali accennò Guido Mazzoni nelle sue Lezioni sul romanticismo in Italia;

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(1) D'inspirazione pariniana li giudica anche il D'Ancona (Poesie di A. M. Firenze, Barbèra, 1892 pag. 3). (2) Chi non ricorda quello che scrisse sorridendo Teofilo Gautier? Uno può fare il ciabattino o il mercante di fiammiferi, che è uno stato più onorevole e sicuro. D'accordo. Ma in fine ciabattini o mercanti di fiammiferi non tutti possono essere; e poi ci bisogna un noviziato. Il mestiere d'autore è il solo per cui non bisogna noviziato: basta non saper punto il francese e pochissimo l'ortografia. Cambiamo dunque quel francese in italiano, e andiamo bene!

e, più e meglio forse, di quelle con l'altro del Pindemonte intitolato Il Poeta, e composto prima del 1793.

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Non le azioni e i costumi altrui, come il Manzoni, si propose di riprendere e correggere Ugo Foscolo, ma di difendere i proprii, tentando il Sermone anche in forma di dialogo fra un amico e lui. Come potevasi piegare alla piacevole didattica e all'amorevole satira del Sermone la sublime lirica del Foscolo? Per tacer de' frammenti, veramente lirico è il Sermone, che ci resta intero, e pieno della grande anima del cantor dei Sepolcri. I critici, incerti fra l'autorità del Mauri che lo crede del 1805 e quella del Pavesio che erroneamente lo segna tra i componimenti del 1810, non ne possono trarre sicuro profitto per lo studio dei Sepolcri, e solamente notano l'intento quasi medesimo dei due componimenti, e l'aura poetica che spira uguale dall' uno e dall'altro (1). Ma io so ben comprendere come l'aurora del Sermone potesse prenunziare lo splendido meriggio dei Sepolcri; non so comprendere come il Foscolo dei Sepolcri, che aveva oramai nel carme trasfuso tutta l'anima sua, si desse poi a

(1) F. TREVISAN. Dei Sepolcri carme di Ugo Foscolo. Origine e ragion poetica del carme, pag. 51. Piacemi di tributar qui giusta lode al prof. Trevisan, che degli studi foscoliani in Italia è benemerito fra i primi.

ripetere e impicciolire l'opera propria nell'autodifesa del Sermone (1).

Con le lotte de' classici e de' romantici, il Sermone direbbe il Casaubono.

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passa dalla satira elenctica alla satira didactica; cioè dal suo sentiero si parte, non si volge mai a gettar un motto malizioso o un'utile arguzia, va via impettito dispensando sentenze a destra e a sinistra come un dottore, ma pur contro natura e contro voglia, forse in cuor suo sospirando l'antica via, l'antica vita, gli antichi suoi modi. Primo il Monti lo spinse contro l'audace scuola boreale, inducendolo a sostenere le ragioni della combattuta Mitologia, proprio in una casa festante per nozze, mentre a tutt'altro si pensava che a classici e romantici. Gli gettò, è vero, sulle socratiche spalle regal paludamento, che dal Chiabrera dal Gozzi dal Pindemonte non aveva avuto mai, e gl'insegnò a convincere le genti più con lo splendor delle imagini che con la sodezza delle ragioni; ma gli fece il torto di volerlo assertore di dottrine, delle quali egli stesso era timido amico. Infatti, a Carlo Tedaldi Fores, che i canoni del Sermone su la Mitologia non

(1) G. CHIARINI. Poesie di Ugo Foscolo. Edizione critica. Livorno, Vigo, 1882, pag. xxxxxvij. Appartiene probabilmente al 1806, e forse è anteriore ai Sepolcri il Sermone, nella prima lezione che il poeta mandò all'amico suo Giuseppe Bottelli ».

voleva accettare, il Monti scriveva: «Se voi ri-
chiamerete ben alla mente il consiglio che vi diedi,
di non caricare la poesia di troppi ornamenti
mitologici; se, dando un'occhiata alla più parte de'
miei componimenti, farete attenzione, che, tranne
la Jerogamia, negli altri ho gittato con la debita
parsimonia gli ornati della Mitologia, e nel più di
essi neppur una foglia di questi fiori, ben v'avve-
drete, ch'io non sono punto nemico di quel genere
di poesia che voi chiamate romantico e io classico;
e che, ridotto il tutto a poche parole, io non mi
sdegno dall' una parte e dall'altra che dell'ec-
cesso» (1). Rispondevano i romantici, non coi
Sermoni, ma con le satire vere; e gli animi si
accendevano. Portò, in mezzo a tanti furori, la
calma parola Giovanni Torti, discepolo del Parini
e amico del Manzoni, anello di congiunzione tra
classici e romantici in Lombardia, come fu il
Carrer nel Veneto. Nei quattro Sermoni su la
Poesia dettati in terzine come quelli del Parini,
non tanto si propone di riformare l'arte corrotta
seguendo anche l'esempio antico d'Orazio e più
recente del Gozzi, quanto di additare al poeta la
nuova via, quasi ripetendogli il noto medio tutissi-
mus ibis. In vece, Paolo Costa, che ha già scritto

(1) Epistolario di V. M. Milano, Resnati, 1842, pag. 299.

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un trattato Dell' Elocuzione, ad altro non pensa che a dargli utile e piacevole complemento nei quattro Sermoni dell'arte poetica; i quali, se chiaramente espongono l'ordinata materia, più ricordano l'autor dell'Elocuzione che quello dell'Inno a Giove.

Ma non per sempre le gare letterarie e le letterarie discipline dovevano tutto a sè rivolgere e distrarre dagli uffici morali il Sermone oraziano; non per sempre dovevano alterarne l'indole e i modi. All'esempio del Gozzi risalirono i nostri poeti, de' quali ricordiamo solamente, per affrettarci alla fine, il Pacini, lo Zanella e il Massarani. Pietro Pacini di Lucca ha cinque Sermoni (1) nè giovenaleschi nè oraziani nè d'imitazione veruna, ma ferventi d'affetto, originali, modesti; e, quel che val più, pieni di verità e di carità patria, nel dipingere i molli costumi e le galanti ridicolaggini de' nobili contemporanei o nel piangere la propria fortuna. Pur toccando di materie poetiche, e facendolo seriamente discorrere d'economia pubblica, lo Zanella volge il Sermone a descrivere Possagno e Bassano e i laghi lombardi (2); e il Massarani

(1) Pubblicati da Niccolò Tommaseo nel libro « La Patria e la famiglia. Milano, Agnelli, 1871.

(2) Sermone è detto nella Nuova Antologia e nell'edizione Barbèra quello indirizzato a Fedele Lampertico: e son detti Sermoni gli altri, nei cenni preposti dal Lampertico stesso all'edizione postuma. (Firenze, Le Monnier, 1894, XL-XLI.)

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