Sayfadaki görseller
PDF
ePub

vita presente colla condizione di benefiziato ecclesiastico »; e prosegue:

Quanto al mutare stato, sebbene io non lasci di apprezzare infinitamente gli amorosi consigli che Ella mi porge, e le ragioni che ne adduce, debbo confessarle con libertà e sincerità filiale che io vi provo presentemente tal repugnanza, che quasi mi assicura di non esservi chiamato, ed anche di dovere riuscire poco atto all' adempimento de' miei nuovi doveri in caso che io li volessi abbracciare. Prevedo non impossibile, anzi più possibile che forse Ella stessa non crede, che col crescere dell'età, la mia disposizione si cangi totalmente, e mi conduca a quella risoluzione, alla quale ora sono così poco inclinato; ma in ciò mi pare di non dover prevenire l'effetto del tempo, prendendo oggi un partito che io sento che sarebbe affatto prematuro.

Il cuore di padre e la coscienza di buon cattolico del povero Monaldo eran messe a dura prova; chè in questa medesima lettera il figlio diletto e glorioso lo informava dei tormenti che gli cagionava il freddo clima di Bologna. Soggiungeva:

Qui non abbiamo gran neve, ma freddi intensissimi che mi tormentano in modo straordinario, perchè la mia ostinata riscaldazione d'intestini e di reni m'impedisce l'uso del fuoco, il camminare e lo star molto in letto. Sicchè dalla mattina alla sera non trovo riposo, e non fo altro che tremare e spasimare dal freddo, che qualche volta mi dà voglia di piangere come un bambino.... Sospiro continuamente la pri

mavera.

Il preteso tiranno rispose (31 gennaio):

A me, come a vostra madre, ha fatto grandissima pena il sentire quanto soffrite per il freddo. Io lo prevedevo, ed anche per questo avevo desiderato che ritornaste a passare l'inverno in casa, dove avreste ritrovata maggiore custodia, ed un clima meno rigoroso di quello di codesta città, riputata la ghiacciaia dell'Italia. Piaccia al Signore che non vi sia di danno, e presto la mitigazione dell'aria vi ridoni intiera salute!.... Venendo al benefizio, lodo la vostra risoluzione, e lodo anche che non pensiate ad abbracciare lo stato ecclesiastico, finchè non ci siate invitato da questo Spirito che spira dove vuole, e non dove sembrerebbe bene a noi che spirasse. Anche senza il collare si può esser santi, e san Pietro apre le porte del Paradiso anche senza la dimissoria del Vescovo. Mi sono però informato, ed ho conosciuto che Roma qualche volta accorda ai patroni di sospendere la presentazione del nuovo rettore per sei o otto anni, e di applicare le rendite ad un uso onesto, sopportati i pesi consueti. Io volentieri domanderò questa grazia, e cederò a voi le rendite del benefizio, ma bisogna maneggiar

bene la cosa per i miei riguardi domestici. Scrivetemi ostensibilmente nei termini suddetti, come avendo avuto questo lume da altri, e pregatemi di farvi ottenere questa piccola temporanea provvista, toccando che voi niente costate alla casa. Io sono inimico giurato di questi giri, ma mi conviene patteggiare fra il mio cuore ed il molto giudizio di mamma vostra; la quale vi ama tenerissimamente, ma crede che le vostre lettere siano una miniera d'oro, la quale vi rende inutile qualunque altro sussidio.

1

Giacomo si prestò al giochetto (cfr. lettera dell'8 febbraio); e il padre di rimando (12 febbraio): « Del benefizio lasciatevi servire, e penserò io a tutto ». E ci pensò davvero. Pur di soccorrere il figliuolo, se non reprobo certo traviato (ah quel mariolo del Giordani, benedettino sfratato!), 1 il quale s'era ostinato nel non voler vestire l'abito ecclesiastico, quel padre vilipeso venne a un accomodamento o a un compromesso con la propria coscienza di credente! Tuttavia gli raccomandò il più assoluto silenzio; e la lettera del 21 aprile 1826, che a noi ha rivelato l'arcano, è stata pubblicata solo di recente, e quasi di soppiatto. In essa Monaldo dice a sua giustificazione:

Nel foro della coscienza io sono salvo, perchè non vi do li benefizi col patto di rinunziarli, nè con veruno altro patto, anzi ve do liberamente di cuore e con desiderio che voi li riteniate. Nel foro esterno però questa rinunzia concordata precedentemente potrebbe dar sospetto di simonia ed esporci a perdere li benefizi. Frattanto, per meglio assicurarne la conservazione, è necessario un qualche piccolo vostro sacrifizio, cioè che usiate una cravatta nera ed un soprabito modesto, sicchè nessuno possa pescare costà un documento o prova che voi ve stite decisamente in abito di secolare.... Appena seguita la rinunzia, voi sarete libero da qualunque impegno; ma vi ripeto che se vorrete ritenere i benefizi, io ne sarò contentissimo, e per questo la rinunzia non si farà senza altra vostra precisa commissione.... Addio, mio caro figlio, vi abbraccio e vi benedico con tutto il cuore.

A volta di corriere, Giacomo, vinte le ultime tentazioni, rispose (24 aprile):

1 Sulla Giovinezza di Pietro Giordani è da vedere il bel libro di GAETANO CAPASSO, Torino 1896. La molta somiglianza nei sentimenti, nei desiderii e nella infelicità dei primi anni, spiegano meglio l'appassionato interessamento dello scrittore piacentino pel martire e recluso di Recanati.

G. LEOPARDI, I Canti.

3

Ringraziandola poi sinceramente e vivamente della bontà con cui Ella mi ha destinati i benefizi e desidera ch'io li ritenga, le confermo la mia intenzione di rinunziarli per non portare i pesi annessi ed indispensabili.

VI.

L'angustia di mente e di cuore della madre di Giacomo, e le gravi accuse del marito e dei figli.

E pare vi rinunziasse subito; chè il 16 ottobre di quell'anno medesimo, Monaldo, mortificato del non averne più spesso lettere, riscrive al figlio con affettuoso accoramento:

Sono oramai quindici mesi che state fuori di casa, e avete viaggiato, e vi siete mantenuto senza il concorso mio. Dovete conoscere il mio cuore, e potete dedurne quanto dolore mi abbia arrecato il non provvedere alli vostri bisogni, o anche alli vostri piaceri; e se pure voi non avevate bisogno del mio concorso, io avevo bisogno e desiderio ardentissimo di dimostrarvi frequentemente il mio tenerissimo affetto. I tempi però veramente funesti, ma più di tutto mamma vostra che, come sapete, mi tiene non solamente in dieta, ma in un perfetto digiuno, mi hanno costretto ad un contegno, riprovato prima di tutto dal mio cuore, e poi dalla equità e quasi dalla convenienza. Nulladimeno son vivo e, quantunque alla lontana come di cosa ormai prescritta, pure ho memoria che sono il padrone di casa mia. Voi state sul tornare. Se nulla vi occorre, tanto meglio; ma se vi bisogna denaro per il viaggio, e per pagare qualche debituccio, o comunque, ditelo all'orecchio al padre e amico vostro.

<< Mamma vostra»: ecco la vera nemica! E pensare: in casa Leopardi tutti si mostrano tenerissimi per il loro amato e già famoso assente, che chiaman carezzosamente Buccio, Muccio, Giacomuccio, Muccetto, Mucciaccio; tutti sospirano i suoi ritorni; tutti si dicono orgogliosi della sua gloria: tutti, meno una sola persona, quella che ci saremmo aspettati la più tenera e premurosa, la madre! Tra le infinite lettere, che Giacomo conservò scrupolosamente, del padre, della sorella, dei fratelli; della marchesa Adelaide Antici contessa Leopardi non ce n'ha che due soltanto (di altre « poche righe si fa

cenno in una risposta di Giacomo, del dicembre 1832), e come scolorite e laconiche! L'una è del 29 novembre 1822, e dice:

Caro, carissimo figlio. Molto mi ha rallegrato la vostra lettera, ma molto più quella che avete scritta al babbo da Spoleto. Vedo che conoscete bene i vostri doveri a suo riguardo, e ciò mi garante della vostra buona condotta in avvenire. Sapete quanto io vi amo sinceramente, e qual spina mi sia stata al cuore il vedervi sempre malcontento e di mal umore. Prego,, benchè indegna, il Signore e la cara nostra avvocata Maria SS. ma, perchè vi renda pienamente felice.... Abbiatevi moltissima cura, e non trattate persone indegne. Vi ritorno mille saluti di tutti. Amatemi, e credete sempre all'affetto sincero della vostra affezionatissima madre che vi abbraccia e vi benedice.

Da una madre che si staccava per la prima volta dal suo primogenito, oramai così << malcontento e di mal umore », così cagionevole di salute, e che, oltre tutto il resto, era pure Giacomo Leopardi, avremmo forse avuto il diritto d'attenderci qualcosa di meglio: non solo un po' più di cuore, ma anche un po' più d'intelligenza! La seconda letterina, del 26 gennaio 1823, è anche più scarna:

Carissimo ed amatissimo figlio. Ad onta del divieto mi avete scritto due volte con tanta cordialità. Ve ne sono tenuta, e molto più perchè mi date notizie ottime della carissima vostra salute. Noi pure, grazie al Signore, la godiamo perfetta. Sempre più mi anima la lusinga della vostra buona condotta. Abbiatevi tutta la cura, perchè abbiamo un inverno crudo assai.... Addio, figlio d'oro; continuatemi il vostro affetto sincero, e crediatemi di tutto cuore la vostra affezionatissima madre.

Le perdoneremmo di tutto cuore codesto suo crediatemi (un provincialismo o preziosità che la pia contessa aveva comune col miscredente Giordani, e che una volta, nella lettera al padre del 3 settembre 1824, cade perfin dalla penna di Giacomo), e quanti altri idiotismi in cui sarebbe forse caduta scrivendo più spesso, in grazia di quel soave figlio d'oro, se quest' espressione non ci ricordasse, con un bagliore sinistro, quel metallo a cui l'austera massaia sacrificò la felicità e la salute dell' incompreso e immeritato figliuolo.

Alla signora Adelaide, rigida e impeccabile, mancava la squisitezza del sentimento materno: quella tenerezza nuova che trasforma e consacra la donna, che la fa vivere della sua creatura, per lei e con lei, vigilante sempre, instanca

bile; quella carezza ineffabile ond' essa, presente o lontana, circonda e preserva il cuor del suo cuore, l'anima dell'anima sua. (Me l'hai insegnato tu, mia povera mamma adorata, a cui queste pagine non verranno, ohimè, sotto gli occhi!). Una famiglia non è un collegio d'educazione; e la Contessa, chi vi sarebbe stata un'ottima economa, non fu una buona madre. Se, osservò già il D'Ovidio 1, ella « avesse avuto un po' più di cuore, se avesse sentito un po' più di tenerezza e di rispetto per quel prodigioso fanciullo a cui aveva visto consumare la gracile fanciullezza in una applicazione così intensa, così virile ed eroica, ella si sarebbe contentata di andar restaurando il patrimonio di casa Leopardi un po' più lentamente, pur di dare a quel suo povero figliuolo la sodisfazione di uscire un po' da Recanati, o almeno pur di soccorrerlo quando egli riuscì a viverne lontano! Ella non pensò che a restaurare il patrimonio; e ci riuscì, ma a scapito della felicità dei figli, e di Giacomo in ispecie. Alla fin fine, codesto patrimonio fu ben potuto restaurare in pochi anni, e lo fu in maniera che dipoi tutte le persone di casa Leopardi poterono sguazzare nelle migliaia di scudi. Ci doveva essere dunque panno da tagliare! ».

Ai figli nè lei nè Monaldo accordaron mai l'intimità: li tenevano anzi a rispettosa distanza; e, com'era naturale, non ne ebbero la confidenza. Con gli anni, codesta strana condizione cominciò a pesare al padre; che il 15 dicembre 1827 se ne lamentò col figliuolo sempre prediletto.

Se voi non ricevete più spesso lettere mie, ciò non accade perchè mi sia molesto lo scrivervi, chè niente mi piace tanto, quanto il trattenermi col mio caro figlio; nè perchè voi mi scriviate tanto, di raro, ciò che mi dispiace senza puntigliarmi, chè coi figli non si sta sull'etichette; ma accade perchè mi pare che le lettere mie sieno di molestia a voi, e che voi diate ad esse un riscontro stirato stirato, come i versi latini dei ragazzi; quasi che il vostro cuore trovasse un qualche inciampo per accostarsi al mio, il quale vorrebbe esser veduto da voi una volta sola e per un solo lampo, e questo gli basterebbe.

Giacomo rispose con una franca e dolorosa dichiarazione (da Pisa, 24 dicembre).

1 Saggi critici, pag. 661.

« ÖncekiDevam »