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mazzò anche il fratello, duca di Candia, e scannato lo fe' buttare nel Tevere (1). E ogni giorno per Roma si trovano la notte quattro o cinque ammazzati, cioè vescovi, prelati ed altri; sicchè tutta Roma trema di esso duca, che non li faccia ammazzare. Prima era in grazia del papa madonna Lucrezia sua figlia, la quale è savia e liberale; ma adesso il papa non l'ama tanto, e l'ha mandata a Nepi; e le ha dato Sermoneta, che gli costa ducati ottantamila; benchè il duca gliel' abbia tolta, dicendo: è donna, non la potrà mantenere (2). E si dice anche che esso duca ecc... con la predetta sorella Lucrezia (3); il qual duca sarà, se vive, uno dei primi capitani d'Italia.

Il papa adunque ha tre figliuoli: questo duca di Valenza, madonna Lucrezia, e il principe di Squillace, Don Giuffrè: il quale ha per moglie la figlia del re Alfonso, ed è quello che calza li speroni al duca ecc. (4). Il papa ha anni settanta; ogni di si ringiovanisce; i suoi pensieri non passano mai una notte (5); è di natura allegra, e fa quello che gli torna utile; e tutto il suo pensiero è di far grandi i suoi figliuoli; nè d'altro ha cura.

Disse poi, che Monsignor di Trani (6), che è provinciale, oratore del re, uomo pratichissimo, chiamato Monsignor di Travaia, ha capitolato al presente col papa che il

(1) Di questo atroce fatto sono piene le storie del tempo. Ma chi ne voglia i particolari, vegga la lettera di Roma negli Annali veneti del Malipiero (Archivio Storico Italiano T. VII, P. I, p. 489 e seg.) e l'estratto dai Diarii inediti del Sanuto nell'opera di Rawdon Brown, Ragguagli sulla vita e sulle opere di Marin Sanuto, Alvisopoli, (Venezia) vol. I, pag. 77.

(2) Causa dell'intiepidimento dell' amore del papa per la Lucrezia, sembrano essere state le giuste lagnanze della medesima intorno la iniqua uccisione del suo marito, Don Alfonso d'Aragona.

(3) Questa reticenza può non essere affatto oziosa; e forse si riferisce alle note dicerie sulla intimità delle relazioni del Valentino colla sorella. (4) Forse è frase equivalente a - doveva essere sempre disposto ai voleri

del Valentino.

(5) Qui la parola pensieri è usata in senso di cure gravi o fastidiose. (6) Giovanni Castellar, di Valenza, arcivescovo di Trani, poi Cardinale nel 1503. Era compatriotta (provinciale) del papa e oratore del re di Spagna.

re gli dia seicento uomini d'arme e seicento svizzeri in aiuto per l'impresa di Romagna; senza però le artiglierie, delle quali il papa ha gran copia: e ciò fa per scacciare da Bologna messer Giovanni Bentivoglio, e poi insieme andare all' impresa del regno; e i detti capitoli sono stati mandati al re.

Quello che si può sperare dal papa si è: che Sua Santità stima più la Signoria nostra che niun altro potentato del mondo, e però desidera che ella protegga il figliuolo; e dice voler fare tale ordine, che il papato o sia suo, ovvero della Signoria nostra. E il duca ha detto, che farà far papa (morendo il papa presente, suo padre) quello che la Signoria nostra vorrà; e che se i nostri Cardinali saranno uniti, il papa non sarà altri che veneziano.

Contra i Turchi è da sperare che il papa farà ogni cosa; e li denari per l'Ungheria sono preparati. Il papa commemorò all' oratore qualche volta quello che ha fatto per la Signoria; e che, pregato per lettere del Consiglio dei Dieci di assolvere dalla escomunicazione il vescovo di Treviso, Niccolò Franco, gli fece fare la bolla. Tuttavia il papa de jure non può nulla; anzi due cardinali deputati, se loro non paion giuste, possono stracciare le bolle che fa il papa; e così fa pure il Datario.

Poi disse che i Genovesi a Roma sapevano sempre prima d'ogn' altro le cattive nuove; e facevano le loro prove col navigare in Levante e torre spezie.

Laudò li nostri prelati: il Reverendo primicerio di San Marco, messer Dandolo; messer Jacopo da Pesaro, vescovo di Baffo; il protonotario Lipomano, il protonotario Pesaro, il protonotario Zane, figlio di messer Alvise; il vescovo Trevisan di Cividale, il quale si raccomandava alla Signoria (1).

(1) Intorno a questi prelati vedi le Iscrizioni Veneziane di Emanuele Cicogna, e l'opera sulle Chiese Veneziane di Flaminio Cornaro. Di alcuni avremo occasione di parlare nelle seguenti Relazioni.

Nel partire, il papa concesse all' oratore tre cose: il canonicato del Datario, il vescovato di Cividale a Don Bartolo Trevisan, ed una certa lite del Brevio, vescovo di Ceneda. Inoltre, nel torre commiato dal papa, esso oratore gli domandò sei cose (e fu a' dì diciannove ). Primo, un breve di assoluzione per la ritenzione di Ascanio (1); e fu contento di farlo. Secondo, la confermazione del vicario di Cremona per il vescovato ad Ascanio; e disse che faria. Terzo, che le entrate del vescovato di Cremona siano messe contro i Turchi; Sua Santità non volle far breve, ma disse a bocca siamo contenti; fate spenderle, e poi faremo il breve. Quarto domandò un giubileo per tutto il dominio; e Sua Santità voleva darlo a duecento ovvero a trecento, come ha dato a Spagna e a Francia; e l'oratore disse: o tutto o niente. E il papa disse: avete voi commissione? Rispose: Padre Santo, no; sicchè dimandando si avrà. Quinto, gli domandò due decime, oltre le consuete al clero, durante bello Turcorum; disse il papa: vedremo di servire la Signoria; benchè da un degno prelato vicino a Venezia ne sia stata fatta coscienza di questo dar decime. Sesto, sollecitò le provvisioni ordinate contro l'impeto dei Turchi; e disse che faria, è si partì.

Lodò Giampiero Stella suo segretario (2), il quale è rimasto per attendere questi brevi; e per avere le gotte non poteva seguirlo. In mesi sedici, giorni ventuno, che è stato nella legazione, avrà speso ducati duemila novecento; nelle spese straordinarie però sono computati i salarii, ducati quattrocento, e più; in affitti, ducati centocinquanta; in malattie ducati centotrenta; in cortesie ducati trentatrè; in robe

(1) Ascanio Sforza cardinale, fuggendo verso Piacenza (dopo che gli Svizzeri tradirono suo fratello Lodovico il Moro sotto Novara), fu preso dai Ve neziani; che poi per paura o per deferenza lo consegnarono al re di Francia. Chiesero quindi dal papa l'assoluzione dalla scomunica in che erano incorsi per aver fatto prigione un cardinale.

(2) Divenne più tardi Gran Cancelliere della Repubblica, e morì nel 1523.

comperate, che lasciò al suo successore, ducati settanta: in tutto ha speso ducati duemilanovecento; come mostrerà nei suoi conti alle Ragion Nuove, giusta il consueto. Dimandò perdono se non aveva fatto meglio; e il principe, venuto a sedere sul tribunale, giusta il solito, lo laudò molto; replicando qualche parte della sua relazione.

SOMMARIO

DELLA

RELAZIONE DI ROMA

DI

PAOLO CAPPELLO

1 APRILE 1510 (1)

(1) Diarii inediti di Marin Sanuto, Vol. X. pag. 50 e seguenti. (Biblio

teca di San Marco. )

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