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fra Mariano Ebrandino (1), ben conosciuto in questa Terra. Il Venerdì mangiava erbe, frutta e cose di pasta, e non altro; e diceva, dopo aver bevuto: « gotto molto grande risponde bene; datecene un altro ». Fece quattrocento cavalieri di San Piero, dando loro centoventi ducati d' entrata l'anno per ciascuno; dai quali ebbe assai danari. Il papa si serviva molto del domandar danari ad imprestito; vendeva poi gli ufficii; impegnava le gioie, gli arazzi del papato, e fino gli apostoli, per aver danari. Dette la camerlengheria a suo nipote cardinal Cibo, e poi gliela tolse, e la vendette per sessantamila ducati al cardinale Armellino. Aveva molto a cuore la guerra che si faceva contro i Francesi; e quando ebbe la nuova dell' entrare di Prospero Colonna in Milano, era alla Magnana, e ne dimostrò grandissima allegrezza. E disse, intesa la vittoria: il Gritti è prigione? aggiungendo poi: non siamo giunti a mezzo della guerra; le genti dei Francesi e dei Veneziani non sono perite; i Veneziani non hanno sodisfatto nè al re cristianissimo nè a noi. E subito il papa si ammalò; ed esso oratore aveva il cardinal Trivulzi e Bernardino Speroni medico (2), nostro Padovano, che d'ora in ora lo avvisavano come stava il papa. Il quale morì addì primo dicembre a ore otto di notte. Sua sorella, che era lì, sgombrò il palazzo di tutto (3):

(1) Forse Ebrandino è sbaglio, da correggersi con e Martino. Di Martino e Mariano, solennissimi mangiatori e buffoni del papa, un contemporaneo ci fa il seguente ritratto. « Habet iste pontifex apud se lucronem quemdam «edacem, et mendicum fratrem, nomine patrem Martinum et Marianum, « qui pullum columbarium, sive assum sive elissum, bolo uno, sorbitione « unica glutit; ova, ut ferunt qui viderunt, absorbet quadraginta; viginti << quoque devorat capos » etc. Titius apud Fabronum in adnot. 82. Eppure, se dobbiamo credere a fra Calisto piacentino, il leggiero frate Mariano fu il solo che assistesse all'agonia del papa e gli gridasse: « Raccordatevi di Dio, « Padre Santo! >>

(2) Bernardino Speroni degli Alvarotti, nobile padovano, fu prima professore nella università di Padova, poi medico di Leone X. Fu padre del celebre letterato Sperone Speroni.

(3) Lucrezia, moglie di Iacopo Salviati.

concludendo il nostro oratore, che questo papa, per avere aderito all' imperatore, precipitò.

Disse che in Roma erano per tre millioni, meno diciottomila ducati, di ufficii che si vendevano alla giornata ; li quali rendono trecentoventottomila ducati d'entrata e vi si possono allogare duemila centocinquanta persone. Disse della potenza ed entrata del papa; il quale aveva all'anno del temporale ducati trecentomila; dello spirituale ducati centomila; e per le composizioni ducati centomila e più. Questo papa Leone si teneva continuamente la mano al naso; uomo grandissimo di statura, di testa molto grossa; avea bellissima mano, ed era bellissimo parlatore; prometteva assai, ma non attendeva. Non pagò i seimila Svizzeri che gli mandò il re di Francia, perchè aveva intelligenza secreta coll' imperatore e col re d'Inghilterra fin dal principio del suo ponteficato; e intorno all' abboccamento ch' ebbe a Bologna col Cristianissimo, scrisse subito brevi a questi due, per consiglio del cardinal de' Medici; e fingeva di essere amico del re di Francia (1).

Morto papa Leone, furono eletti al governo tre cardinali; un vescovo, un prete ed un diacono; e questi fecero governatore di Roma l'arcivescovo di Napoli (2). E giunsero lettere della Signoria nostra di condoglianza per la morte del papa, esortando i cardinali a far cattolica l'elezione d'un altro. E l'oratore disse, che i cardinali dubitavano molto della Signoria nostra, che non togliesse Ravenna e Cervia alla Chiesa, e al duca di Ferrara, Modena e Reggio. E quando i Baglioni si mossero per entrare a Perugia, dubitavano

(1) Secondo gli obblighi della lega stabilita fra il re Francesco e il pontefice nell' abboccamento di Bologna, avrebbe quest' ultimo dovuto mandare cinquecento uomini d'arme alla difesa dello stato di Milano, e pagare gli stipendi a tremila (non seimila) Svizzeri, che lo aiutarono a riconquistare il ducato d'Urbino. Ma Leone trattava nel tempo stesso coi nemici del re francese, e chiamava l'imperatore Massimiliano in Italia.

(2) Vincenzio Caraffa, arcivescovo di Napoli, fatto poi cardinale da Clemente VII.

molto che Malatesta Baglioni non avesse fatto questa novità col volere della Signoria nostra, e così pure quello che fece Pandolfo di Rimini (1).

Poi disse che la camera apostolica, morto il papa, restò tanto povera (che era impegnato tutto) che non si trovavan danari per far le esequie del papa; e si convenne di togliere le cere preparate per le esequie del cardinal San Giorgio, morto poco avanti il papa. Disse, che per la morte del papa furono fatti infiniti sonetti e versi ed epigrammi contro di lui, e posti sopra il suo deposito. Disse della retenzione del cardinal d'Ivrea (2) savoino, che veniva per entrare in conclave; e per la sua liberazione i cardinali indugiarono a entrare.

Addi ventisette dicembre, giorno di San Giovanni, si serrò il conclave; dove fu letta la bolla fatta da papa Giulio, che il papa non si facesse per simonia, e fu dato sacramento ai cardinali di osservarla. Quel giorno, sul tardi, giunsero il cardinal Grimani e il cardinal Cibo, ed entrarono in conclave. Tutti i cardinali si comunicarono; e tuttavia si facevano pratiche pel papato senza alcun rispetto. I cardinali serrati erano trentotto; quindici dei quali erano in favore del cardinal de' Medici, e ventitrè contrarii; dei quali ventitrè, diciotto volevano esser papa. E fatto lo scrutinio, il cardinal Grimani, vista la sua ballottazione, ed essere maltrattato, uscì del conclave. Il cardinal Farnese

(1) Morto appena papa Leone, tutti gli oppressi tentarono di ricuperare gli stati loro. Francesco Maria racquistò lo stato d'Urbino, Gismondo da Varano quello di Camerino, e Sigismondo figliuolo di Pandolfo Malatesta occupò Rimini, antica signoria della sua famiglia. Il sospetto che i Veneziani volessero togliere Ravenna e Cervia alla Chiesa, e Modena e Reggio al duca di Ferrara, era mal fondato. Concessero solamente a Malatesta e ad Orazio Baglioni di partire dai loro stipendi, per ricuperare lo stato.

(2) Bonifazio Ferrerio vercellese, vescovo d'Ivrea, fatto cardinale da Leone X. Andando da Torino a Roma era stato ritenuto nel milanese per ordine di Prospero Colonna, perchè, come favorevole ai Francesi, non si trovasse al conclave. Il collegio dei cardinali dichiarò di non voler entrare in conclave senza di lui; e dopo alcuni giorni fu liberato.

Vol. VII.

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aveva ventidue voti; e i cardinali Egidio e Colonna non gli vollero dare il voto ; chè se lo davano era papa. Il quale Farnese fece promissione al Medici di conservarlo e di farlo più grande che mai. Ora, fu promosso il cardinale Adriano (1) ch' era in Ispagna; e il Cajetano (2) fece un' orazione in sua lode, dicendo della sua vita, che non poteva esser migliore; tanto che commosse tutti; e lo elessero papa. Eletto il quale, i cardinali rimasero morti di aver fatto uno che mai non videro. E nell' uscir di conclave si levarono contro a loro grandissime strida, dicendo: perchè non eleggeste uno di voi? E il cardinal di Mantova replicò dite il vero. Onde fu scritto su per le case: Roma est locanda, cioè: Roma è da affittare; perchè tutti credevano che il papa tenesse il papato in Ispagna.

Il papa nuovo stette nove mesi a venire a Roma; e addi ventisette di agosto giunse a Civitavecchia, dove andò l' orator nostro, che fu ben visto ed accarezzato da Sua Santità. Entrò poi in Roma; e lui oratore insieme cogli altri portò il baldacchino; e il cardinale Orsini gli venne incontro con la croce; e poi fu incoronato, siccome scrisse partitamente.

Questo Adriano VI pontefice ( chè non si ha voluto mutare il nome) fa una vita esemplare e devota. Dice ogni giorno le orazioni canoniche; si leva la notte a matutino, e poi torna in letto a riposare; si leva all' aurora e dice la sua messa; poi viene a dare udienza. Desina e cena molto sobriamente, e si dice che spenda un solo ducato per pasto. È uomo di buona e santa vita, d'anni sessant' uno, tardo nelle sue operazioni. Procede con grandi rispetti, loda la Signoria nostra, e mostra di esserle amico. È uomo dotto

(1) Adriano Fiorenzi, o Florise di Utrecht, arcivescovo di Tortosa, fatto cardinale da Leone X, fu eletto papa col nome di Adriano VI, ai 9 di gennajo 1522.

(2) Il cardinal Tommaso di Vio, gaetano.

in Sacra Scrittura, parla poco, ed è solitario. L' oratore disse che, per opinione sua, il papa è neutrale, ancorché dipenda dall' Imperatore; e ha molto a cuore di far la tregua (1), per attendere alle cose del Turco. E questo si giudica dalle sue operazioni quotidiane, come anche per la mala contentezza del vicerè di Napoli, che venne a Roma per far dichiarare il papa imperiale, e Sua Santità non volle; onde si parti senza conclusione (2). Il papa è molto intento alle cose d'Ungheria, e desidera che si faccia l'impresa contro infedeli. Dubita che il Turco non venga a Roma: e però cerca di unire i principi cristiani e di far la pace universale, o almeno tregue per tre anni; e ne avea fatti i brevi. Il cardinal de' Medici ha grandissima riputazione col papa. Poi disse che il papa attendeva ad accumular denari. Poi parlò della venuta a Roma dei cinque oratori nostri (3) per dare l' obbedienza al papa; i quali nell' entrare furono molto onorati da tutti. Ed ebbero dal papa pubblica udienza; nella quale Marco Foscari fece una elegantissima orazione, e il papa gli rispose in latino eccellentemente; dimostrando grande affezione allo stato nostro. E poi, nell' altra udienza secreta, Marco Dandolo oratore espose la restituzione di Ravenna e Cervia, e la giurisdizione del Golfo, già da tanti anni posseduta e cassata per forza a requisizione di papa Giulio. Sua Santità l' udì benignamente, dicendo che non era informato di queste cose, e vederia. Sempre il papa parla latino, e niun cardinale è suo intrinseco; ed anche il segretario e l' auditore hanno poca pratica del maneggio delle cose di stato. Il datario è fiam

(1) Il buon papa Adriano desiderava la pace nella cristianità; ed era naturale che propendesse maggiormente verso l'imperatore, che gli era stato discepolo. L'odio ch' egli ebbe dagli Italiani (osserva giustamente un grand' uomo) è più vergogna nostra che sua.

(2) Carlo di Lanoi, destinato allora vicerè di Napoli, per la morte di Raimondo Cardona.

(3) Vedi la seguente relazione del loro viaggio e delle cose da loro operate.

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