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Lasso, non donne qui, non genti accorte
Veggio io, a cui incresca del mio male:
S'a costei non ne cale,

No spero mai d' altrui aver soccorso:
E questa sbandeggiata di tua corte,'
Signor, non cura colpo di tuo strale.
Fatto ha d'orgoglio al petto schermo tale,
Ch'ogni saetta lì2 spunta suo corso;

2

Perchè l'armato cuor da nulla è morso.

O montanina3 mia canzon, tu vai,
Forse vedrai Fiorenza la mia terra;
Che fuor di sè mi serra

Vota d'amore, e nuda di pietate:
Se dentro v' entri, va dicendo: Omai
Non vi può fare il mio signor più guerra:

Là ond' io vegno una catena il serra ;

3

Talchè se piega vostra crudeltate,

Non ha di ritornar qui libertate.

1 Sbandeggiata di tua corte, cioè, nemica d'amore. 2 Lì, ivi, in quel petto.

3

3 O montanina, ec. Chiama così il Poeta questa Canzone, volendo dir rozza, ovvero, perchè da lui in qualche monte del Veronese composta. Tal che, ec.

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4

SESTINA.

AL poco giorno,' ed al gran cerchio d'ombra Son giunto, lasso, ed al bianchir de' colli, Quando si perde lo color nell' erba :

E'l mio desio però non cangia il verde,
Sì è barbato nella dura pietra,

Che parla, e sente, come fosse donna.
Similemente questa nova donna

Si sta gelata, come neve all' ombra;

posto ancora che gli riesca di trarvi, o Fiorentini, a sua voglia, e di piegare la vostra crudeltà, non ha egli più libertà di tornare nella vostra terra.

A

SESTINA. Ebbero tai Componimenti il nome di Sestina, perchè ogni sua stanza formasi di sei versi, e il loro artificio consiste nelle rime e nelle parole che la rima contengono. Dicesi la Sestina trovata da Arnaldo Daniello, Poeta Provenzale, secondo il Bembo; vien essa però da' Maestri dell' arte fra le Canzoni annoverata.

1 Al poco giorno, ec. son giunto alla sera quando crescon le ombre, e non si distingue più il color dell' erba; e vuol dire, ch'è diventato vecchio, E'l mio desio per tanto non perde il suo vigore, sì è barbato, è talmente barbicato, si è appigliato.

Che non la move, se non come pietra,
Il dolce tempo, che riscalda i colli,
E che gli fa tornar di bianco in verde,
Perchè gli copre di fioretti e d'erba.

Quando ella ha in testa una ghirlanda d' erba, Trae della mente nostra ogni altra donna ; Perchè si mischia il crespo giallo e 'l verde, Sì bel, ch' amor vi viene a stare all' ombra, Che m' ha serrato tra piccioli colli

Più forte assai, che la calcina pietra.

Le sue bellezze han più virtù che pietra.
E'l colpo suo non può sanar per erba ;
Ch' io son fuggito per piani e per colli,
Per potere scampar da cotal donna ;
Onde al suo lume non mi può fare ombra
Poggio, nè muro mai, nè fronda verde.
Io l'ho veduta già vestita a verde
Sì fatta, ch' ella avrebbe messo in pietra
L'amor, ch' io porto pure alla sua ombra;
Ond' io l'ho chiesta in un bel prato d' erba
Innamorata, come anco fu donna,

E chiusa intorno d' altissimi colli.

1 Perchè si mischia il crespo, ec. perchè sa sì ben increspare i capelli con ghirlande di fiori gialli e verdi.

Ma ben ritornerano i fiumi a' colli
Prima che questo legno molle e verde
S' infiammi, come suol far bella donna
Di me, che mi torrei dormire in pietra
Tutto il mio tempo, e gir pascendo l' erba,
Sol per vedere u' suoi panni fanno ombra.
Quandunque' i colli fanno più nera ombra,
Sotto un bel verde la giovene donna
Gli fa sparir, come pietra sotto erba.

1

2

CANZONE VII.

Io son venuto al punto della rota,

Quandunque, ogni volta che.

CAN. VII. In questa Canzone il Poeta, seguitando il medesimo argomento della Sestina precedente, si lagna per diversi esempj d'esser divenuto vecchio, e che ciò non ostante il suo amoroso desio non perde vigore. Sarei portato quasi a credere che da questa Canzone abbia il Petrarca formato il piano di quella sua famosa che comincia. Nella stagion che 'l ciel rapido inchina, nella quale per diversi esempj dimostra che agli altri uomini ed anche agli animali bruti dopo i travagli del dì, vien conceduto potersi almeno posar la notte, ma che solo a lui, per i continui amorosi pensieri un tal riposo era negato.

2

? Io son venuto, ec. Son giunto verso la sera, quando

Che l'orizzonte quando 'l Sol si corca,
Ci parturisce il geminato cielo :

E la stella d' amor ci sta rimota
Per lo raggio lucente, che la 'nforca
Sì di traverso, che le si fa velo:

E quel pianeta che conforta il gelo,'
Si mostra tutto a noi per lo grande arco;
Nel qual ciascun de' sette fa poca ombra:
E però non disgombra

l'orizzonte al tramontar del Sole produce il cielo geminato, raddoppiato, cioè, da una parte oscuro, e lucente dall' altra, pel Sole che tramonta: e la stella d'amor, e il pianeta di Venere ci sta rimoto, n'è ancora nascosto a cagione del forte raggio del Sole, che la 'nforca, che lo ferisce sì di traverso, che lo nasconde col suo più lucente velo.

1

1 E quel pianeta che conforta il gelo, cioè, Saturno, pianeta freddissimo. 2 ciascun dei sette pianeti. 3 E però, ec. Vuol dire che non ostante ch'io sia giunto a quel punto della rota, cioè, alla vecchiaja, in cui la stella d'Amor ci sta rimota, che Amore si allontana da noi, e che solamente quel pianeta di Saturno che conforta il gelo si mostra tutto a noi, cioè, che nel

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