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si affollavano. Ma ciò non ebbe luogo se non nell' alta Italia, e molto tempo dopo che i Poeti Siciliani ebbero fatto risuonar la lor voce. Azzo regnò dopo il 1215, fino al 1264, e Ferrari da Ferrara, il più famoso fra i Trovatori italiani, fiorì verso la fin del suo regno.

L'argomento, per cui il Gravina vuol provare che i Poeti provenzali dettero a quelli di Sicilia l'esempio di comporre in loro lingua materna, non è di forza maggiore. Fu, secondo lui, Carlo d'Angiò, il quale, divenuto essendo padrone della Provenza pel matrimonio colla Contessa Beatrice, condusse a Napoli i Trovatori, quando andovvi per impossessarsi del trono. Ma ciò non potè accadere prima del 1266; e la Sicilia aveva avuto i suoi Poeti nel secolo precedente. Ciullo visse prima della fin di quel secolo. Federico II, Re di Sicilia, pria che fosse Imperatore, trovossi a Palermo nel 1197; e questo Monarca, non meno che Enzo e Manfredi suoi figli ď Amore, il legittimo suo figlio Enrico, ed il celebre e sventurato suo Cancelliere Pietro delle Vigne verseggiarono in lingua volgare Italiana o Siciliana. Abbiamo de' frammenti di tal Poesia

composti nello spazio di sessant' anni. I più importanti son quelli di Guido delle Colonne giudice di Messina, di Folcalchieri e di Guinicelli. Alla metà del secolo decimoterzo, Guitton d' Arezzo nobilitolla in Toscana: egli è l' Autore dell' Amore Terrestro, il quale non ha avuto meno d' otto comentatori. Era filosofo, e fu inventor del Sonetto. Avvene uno di quest' Autore nel quale molto malamente mette fuori la sua filosofia per rispondere ad una Signora in che consista l'essenza dell' amore; vero imbroglio metafisico, accozzato da un capo all' altro di antitesi tra le parole Spirito e Spiritello che son ripetute in ogni verso.

I gran Poeti d' Italia non appajono che nel Secolo decimoquarto. A questi fu senza dubbio nota la Poesia de' Trovatori. Uno di essi passò parte de' suoi giorni, e de' più bei giorni della sua gioventù, nel paese ove tal poesia era nata; e di più fu da una bella Donna di Provenza ispirato. Ma gl' Italiani, pel volo sublime che presero, non solo lasciaron di gran lunga indietro i deboli tentativi de' loro compatriotti, ma eclissaron del tutto la gloria de'

Trovatori, i quali più non comparvero in quel secolo.

Eglino, per vero dire, crearono la lingua e la Poesia italiana, ed apersero il varco a quella sorgente, la quale le ha tanto fertilizzate. Eglino sono anche al dì d'oggi tenuti pe' primi classici di questa lingua; ed il toscano idioma da essi trattato, è divenuto qual tra i Greci il dialetto d'Atene, il modello del bel parlare per tutti i secoli futuri.

Dante, il Petrarca ed il Boccaccio, poeta ciascuno, formarono il Triunvirato di questo secolo; ma il Boccaccio più illustrò la sua lingua colle prose che non coi versi.

DANTE ALIGHIERI tien tra loro il primo posto, non men per anzianità che per genio. Comparve egli prima degli altri i quali si giovaron delle opere sue: slanciossi in una sfera infinitamente più vasta egli è forse il Poeta più originale da Omero in qua; e quel che ce lo rende pregevole si è, ch' ei congiunse il carattere di Filosofo a quel di Poeta. Tutto c' invita dunque a studiar questo illustre scrittore, per lo più, mal cono

sciuto e mal giudicato di qua dalle Alpi (1).

(1) I Tedeschi lo conoscon meglio che i Francesi. Meinhard nel suo eccellente libro intorno a' Poeti Italiani ne ha dato una giustissima idea. Farò anche onorevol menzione del Signor Iaguemann, il quale ha dimorato diciassette anni in Italia. Egli ha tradotto Dante in versi sciolti nel suo Giornale italiano, opera non meno piacevole che istruttiva. Gli siam pur debitori d' una scelta de' migliori pezzi de' Poeti italiani, della traduzione della storia letteraria d' Italia del Tiraboschi e d'altre opere di rilievo.

Mr. De Voltaire è senza dubbio, tra tutti i Francesi, il più versato nella letteratura straniera, ed il primo che l'abbia fatto conoscere alla sua nazione; ma gli accade di pronunziar con troppa fretta i suoi giudizj prima d' aver esaminato profondamente le cose, lo che l'ha indotto qualche volta a contradirsi, e tal volta anche a ritrattarsi. Ciò gli è accaduto in quanto all' Ariosto: dopo averlo assai maltrattato nel suo saggio sul Poema epico, egli lo ha letto, ammirato ed inalzato alle stelle. Si deve credere ch' egli avrebbe reso l' istessa giustizia a Dante se se ne fosse egualmente occupato: tra' difetti di questo poeta, o per meglio dire, de' suoi tempi, avrebbe facilmente scorto il gran genio e lo spirito creatore.

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Egli è uno del picciol numero di quelli ch' han

Ma quantunque Mr. De Voltaire abbia molto vagamente tradotto od imitato uno dei faceti pezzi del Poema di Dante, io non son persuaso ch' ei l'abbia mai letto da capo a fondo, nè che sia egli stato bene informato di certe circostanze che bisogna sapere per ben capirlo e gustarlo. Quanto più l' autorità di Mr. De Voltaire è grande e seducente, tanto più fa duopo di rilevarne gli errori.

Gl' Italiani, dic' egli parlando di Dante, lo chiamano Il divino; ma è una divinità nascosta, e pochi intendono i suoi oracoli .... La sua riputazione prenderà sempre più piede perchè non guari si legge. Io non potrei porre la mia firma a questa decisione. Mentre Dante era tuttor vivente fu il suo poema copiato e ricopiato, e dacchè l' arte dello stampare è stata inventata se ne son fatte edizioni sopra edizioni: se ne contano a centinaja; lo che, con buona permissione di Mr. De Voltaire, prova che si legge e che si capisce, quantunque per la distanza che v'è tra' giorni nostri ed il secolo in cui viveva, e per le materie delle quali tratta, richieda d'essere un poco studiato. Ma ciò che mostra il conto che se ne faceva, sono le cattedre di Professori anticamente instituite per ispiegarne i passi difficili.

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