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mente picciolo, paragonato alla totalità del genere umano. Questa persuasione stessa sembra impossibile, poichè a quali certe prove potranno essi appoggiarla? E con quali autorità potranno esser essi decisivi sopra materie nelle quali v' ha luce sì fioca? E che mai scopron essi per mezzo della loro ragione e della loro filosofia in questa profonda notte che scevro sia di dubbj, d' incertezza e d'oscurità? Dante direbbe loro così: (Par. C. xix. v. 79.)

O tu, chi sei, che vuoi sedere a scranna,
E giudicar da lungi mille miglia

Con la veduta corta d' una spanna?

Il numero di coloro che inclinano a questa deplorabile opinione senza esserne persuasi, è più vasto, il confesso, ma a questi resta sempre una specie di celata curiosità per questo grande avvenire, la cui dottrina è stata loro fin dai teneri anni inculcata, e forma una parte essenziale della loro educazione. Quand' anche i loro filosofici ragionamenti fossero speciosi quanto son lungi dall' esserlo, non potrebber ciò non ostante soffocare in essi quelle impressioni ch' han ricevuto

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nella loro infanzia, e succhiato, per così dire, col latte materno.

Ma gli uni e gli altri, in somma, tutti coloro io voglio dire, i quali trattan di favola queste cose, lungi dal bandirle da' Regni della Poesia, ad essi anzi le rilegano, ed accordano che sian ivi al lor posto; e a dispetto della loro arcigna filosofia, saranno i primi a valersene se il Dio de' versi verrà mai a spirargli.

La ragione di questo si è, che indipendentemente dalle nostre opinioni religiose, hanno esse un incanto che ci vince e ci trasporta. Tutti ci dilettiamo delle descrizioni dell' Olimpo, del Tartaro, dei Campi Elisi. Ci dilettiamo di veder gli Dei, gli Eroi, gli Angeli scendere; e le ombre, i fantasmi, i Demonj sorger dall' Erebo. Che lungi. vadano dal Santuario delle Muse quegli spiriti freddi e sterili, ne' quali tali oggetti generan noja.

Non si può dunque negare che il soggetto di Dante sia altamente poetico. Egli ha eretto il suo Teatro nel mondo invisibile: le scene ch' ivi fa rappresentare, i personaggi e gli oggetti de' quali ne circonda, sono sì convenevoli alla sublime poesia, che difficilmente può farne senza.

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Quel generale interesse che il suo poema fa nascere, viene anche rilevato dall' interesse locale; dai tempi, cioè, dai luoghi e dalle circostanze nelle quali l'autor si trovava.

La religione influiva in tutte le cose nel Secol di Dante. Le stesse superstizioni che la deturpavano aprivano un campo più vasto alla Poesia ; le prestavano nuovi ornamenti, e disponevano altrui a vie più assaporarli. La pubblica curiosità era volta a quelle stesse regioni nelle quali egli finge di viaggiare. E` facile immaginarsi con qual ardore si dovè allora accogliere la mappa ch' ei tracciò di quelle ignote Regioni, e delle alte cose ch' ivi egli scôrse. Se in tutte le età del mondo veggonsi gli uomini vaghi delle cose soprannaturali ed estraordinarie, cosa doveva accadere in quei tempi d'ignoranza per oggetti, coi quali legioni di Preti e di Frati d'ogni ordine e d'ogni colore piaggiavano di continuo la credula devozion della gente?

Un caso accaduto in Firenze nel 1304, ce lo farà meglio capire. Il Cardinal del Prato Legato della Santa Sede, essendo ivi andato per pacificarla, vollero i Fiorentini divertirlo con

uno Spettacolo d' una specie quanto singolare altrettanto confacente allo spirito di quel Secolo.

Fu pubblicato a suon di tromba che quelli che desideravano aver nuove dell' altro mondo si dovessero trovare il primo di maggio sul ponte alla Carraja, e sulle sponde dell' Arno. Là, sopra un Teatro eretto nel fiume, fu fatta una rappresentazione delle pene dell' Inferno. Alcuni uomini mascherati da diavoli gettavano nelle fiamme altri uomini che facevan la parte di dannati, sgretolando i denti, e mandando fuori spaventevoli grida (4). Il ponte cadde sotto la moltitudine degli spettatori, de' quali innumerabil quantità fu sommersa, e andossene a dirittura, come dice il Villani, a satisfare la sua curiosità circa le cose dell' altro mondo.

Si è preteso da alcuni che questo spettacolo fornisse a Dante, il quale però non vi si potè trovar presente, l' idea del suo Poema. Tre anni erano allora scorsi dacchè era egli stato

(4) Con grandissime grida e strida e tempeste. (Villani St. Fior. lib. viii. c. 70.)

esiliato di Firenze: ed è verisimile che la sua Divina Commedia fosse cominciata prima della rappresentazione di questa tragedia infernale, e fors' anche prima del suo esilio.

Ciò che vi ha di più certo si è che il soggetto del suo Poema contribuì molto alla generale sua fama, ed alla sua splendida fortuna. So che uno de' più bei momenti della sua vita fu quello, in cui passando per una Strada di Verona, fu da una volgar donna mostrato a dito alle sue vicine con queste parole: Vedete voi quell' uomo che va all' Inferno quando vuole, e torna poi a contar ciò ch' ivi si fa? Al che un' altra rispose, che ben si vedeva alla barba crespa ed al viso dal fumo e dal fuoco abbronzato. Non credo che i bellingegni ed i Poeti de' giorni nostri godan sovente di sì fatti piaceri.

Il Poema di Dante riceve anche dalla storia de' suoi tempi un particolare interesse, il quale molto forte debbe essere stato pe' suoi contemporanei, ed il quale, lungi dall' esser perduto per noi, l'istruzione andrà insiem col diletto se ci trasporteremo in quei tempi medesimi.

Le dissensioni tra 'l Sacerdozio e l' Impero, le

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