zio, nè in quell' istesso Virgilio che lo conduce, poichè questi due pronunziano il loro nome senza farsene scrupolo nè chiederne scusa. Quantunque Dante trovasse pochi sussidj in quei Poeti della sua Nazione che lo avevano preceduto, pure da quella sua stessa modestia mosso, non manca di far loro onore e di mostrare molto più gratitudine che non dovea loro, specialmente a Guido Guinicelli di Bologna, ed a Guido Cavalcanti Fiorentino. Egli dà al primo il nome di proprio padre e di padre d' altri molti ancor di sè migliori per la dolcezza ed amenità nei versi amorosi: egli predissegli che i suoi versi durerebbero tanto, quanto la lingua moderna o volgare. (Purg. xxvi. 97-112.) il padre Mio e degli altri miei miglior, che mai li dolci detti vostri, Che quanto durerà l'uso moderno, Faranno cari ancora i loro inchiostri. (8) (8) Questi due ultimi versi contengono un dubbio, Ciò però non gl' impedisce di ridirsi altrove di questo complimento o di ristringerlo almeno, dicendo che Guido Fiorentino ha tolto la gloria della lingua a quel di Bologna. (Purg. xi. 97.) Così ha tolto l' uno all' altro Guido La gloria della lingua: e forse è nato Chi l' uno e l'altro caccerà di nido. Se per quest' uomo egli intende di parlar di sè stesso, egli ha ragione, ma la sua modestia sparisce. Il suo maestro Brunetto Latini è quello pel quale mostra il più tenero affetto. Sebbene lo trovi nell' Inferuo ed in pessima compagnia, pure mostra ad esso grandissima tenerezza, e così gli parla (Inf. xv. 82.) In la mente m' è fitta e ancor m' accuora Di voi, quando nel mondo ad ora ad ora poichè non si credeva allora potersi rendere immortale se non in greco od in latino. Il Petrarca fa vedere il medesimo dubbio parlando d' Arnaldo Daniello Poeta provenzale. (Trionfo della Fama, cap. 4.) Dante trovò maggiori sussidj negli scritti d' alcuni pochi Poeti latini che potè leggere e studiare. Il greco era quasi del tutto ignorato in Italia; e se il Petrarca, con tutta l' ardentissima > brama che n' ebbe e lo studio che avea posto ad impararlo non vi potè ben riuscire, qual maraviglia ne recherà il veder che Dante che lo precedè abbia partecipato della generale ignoranza? Nel suo Poema del Purgatorio trovasi un errore di lingua greca che non perdonerebbesi ad uno scolare. (9) Parla è vero d' Euripide, d' Anacreonte, di Simonide d' Agatone e d'altri Greci che già di lauro ornàr la fronte, ma che secondo tutte le apparenze non gli eran noti se non di reputazione. Rende ad Omero gli omaggi più umili e più rispettosi. (Inf. iv. 94.) (9) Canto x. 128. Egli fa uso della parola entomata per insetti. Si congettura ch' egli prendesse questa parola in un vocabolario, ov' era seguita dall' articolo per notarne il genere ed il numero, evroμa, rà, e che la sua ignoranza gli facesse far delle due una sola parola. (Vedi su questa parola l' annotazione fattavi nella presente Edizione in difesa di Dante. Z.) Così vidi adunar la bella scola Rispose il Duca mio: Siam con quel Greco Ell' è però cosa incertissima s'egli abbia letto (10) Questa ultima figura potrebbe sembrare ingiu, riosa alle Muse: un cattivo motteggiatore domanderà ove prendevan esse il lor latte. Questa però è una delle favorite figure di Dante, poichè poco dopo egli le nomina nutrici nostre, ed in altro luogo dice: Se mo sonasser tutte quelle lingue (Par. xxiii. 55) Peraltro, senza parlar degli antichi, i nostri poeti moderni, i Francesi stessi non hanno avuto difficultà di servirsi delle medesime espressioni. I. B. Rousseau per esempio: Muses, jadis mes premières nourrices, che cattiva traduzione, ch' è cosa pur dubbia s' alcuna anche tal ve ne fosse. Ma Virgilio è noto a Dante non solo negli scritti, ma personalmente eziandio. Egli è la sua guida, il suo maestro ed il suo Cicerone nell' Inferno e nel Purgatorio, poichè non è permesso a Virgilio d' accompagnarlo più lungi, ed in Paradiso non può entrarvi. Questo Poeta non è dannato perchè praticò le virtù morali: non salvo perchè mancarongli le virtù teologali. Abita in una specie di vestibolo o d'anticamera dell' Inferno coi fanciulli morti senza battesimo, e cogli uomini dabbene che vissero prima della predicazion del Vangelo, in quel Limbo ove Gesù Cristo discese, e d'onde montaron con lui al cielo le anime de' fedeli dell' antico Testamento. In questo luogo di mezzo non si soffrono i tormenti infernali, nè si godono le celesti beatitudini, ma si sente solamente il dispiacere di non potere a queste pervenire. Ivi però si vive piacevolmente ed in buona compagnia. Evvi l'accademia poetica composta dei cantori della Grecia e di Roma. Omero vi presiede, e Dante è tra lor ricevuto come socio straniero, Evvi |