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carie sceltissime Opere de' Critici e Storici letterarj, Crescimbeni e Tiraboschi, adorne di Prefazioni, Canzoni e Sonetti suoi proprj, che non han nulla ad invidiare a qual si sia più ce lebre Poeta italiano; e non ad altro oggetto ha egli adoperata sì gran cura e tanto zelo, se non per animare i suoi concittadini a sentir il valore e le vaghezze della nostra lingua,

Talch' esulti giojoso, e non indarno

Oda il Tamigi l'armonia dell' Arno.*

Circa poi alla pubblicazione di questo quarto tomo di Sonetti e Canzoni del grande Alighieri, che ad istanza di parecchj illustri Sottoscriventi alla presente Opera, ho preso a comentare, mi sia lecito dire, che gran torto si è in certo modo fatto al merito del Nostro Poeta, avendo finora tanti Spositori solamente rivolto il loro studio ad illustrar la Divina Commedia, senza punto darsi cura de' suoi Componimenti Lirici, dei

* Canzone di T. J. Mathias dedicata a G. L. Mansel, adesso Vescovo di Bristol.

quali, secondo i Dotti, non minore stima aver se ne dee; anzi il celebre Muratori porta opi-. nione, che in queste sue Liriche Poesie risplenda qualche virtù che non appar sì sovente nel maggior Poema; e nei suoi Sonetti e Canzoni si scuopre un' aria di felicissimo Poeta, e vege gonsi quivi molte gemme, tutto che alle volte mal pulite o legate, senza che la lor rozzezza impedisca di riconoscere nei suoi versi un pensar sugoso,nobile e gentile. Questa stessanegligenza negli Spositori della Divina Commedia ha fatto credere a' Forestieri, che gli altri scherzi della Musa di Dante, intorno a Beatrice mentre ella visse e dopo che fu morta, versi pieni di dolce e patetica tenerezza, siano oggidì negletti e quasi sommersi in obblio. Ond' io con quelle poche ed utili spiegazioni che ad essi Sonetti e Canzoni ho annesse, per quanto la strettezza del tempo mi ha permesso, non ardisco arrogarmi il nome di Comentatore, ma è mio solo scopo quello di eccitar in avvenire col mio esempio qualche valente uomo, che con dotte osservazioni voglia adornar queste altre Opere

di Dante, che non meno della sua Commedia il meritano, tanto che possa, illustrandole, conseguir non poca gloria fra i Letterati.

DISSERTAZIONE

Sull'origine della Poesia Italiana, e sulla Divina Commedia di Dante, recitata dal Sig. Merian nell' Accademia di Berlino negli anni 1782, 1783, 1784.

Origine della Poesia Italiana.

ABBIAMO Scorso le poetiche regioni delle antiche genti; ed in ultimo luogo quelle dell' Impero Romano. Da esse a' moderni ed alla poesia delle lingue vive v'è un solo, e quasi impercettibile passo, che facilmente possiamo fare restando ancora nel bel paese,

Ch' Appennin parte, e'l mar circonda e l' Alpe.

Delle tre figlie della lingua latina, l'italiana è la maggiore, e fu essa pur la prima a prendere una forma sì costante, che il corso di quattro secoli e più, non ha potuto molto cangiarla; quella in somma che più ha conservato le fattezze ma

terne,

Lasceremo intieramente da parte le dispute che sono insorte sopra l'origine di essa.

Alcuni

dotti la van cercando nell' antichità più remota. L'italiano, second' essi, fu in ogni tempo il dialetto del popolo romano e delle provincie; ed al decadere della buona latinità, elevossi a poco a poco, e stabilissi sopra le rovine di essa. Ricevè alla fine, senza però cangiar corpo e sostanza, quelle variazioni di forma che son necessarie ad un dialetto per aver leggi grammaticali, e per divenir lingua ben regolata.

Secondo la più adottata opinione, la lingua italiana è nata, non meno che le sorelle di essa, dalla corruzione della latina, guastata da quelle Nazioni le quali vicendevolmente invasero l' Italia, dagli Eruli principalmente, dai Goti, dai Lombardi e dai Franchi. Il popolo dell' antica Roma, secondo i fautori di questa opinione, parlò promiscuamente l' italiano, il francese e lo Spagnuolo, altro non essendo queste tre lingue che il latino differentemente corrotto in Italia, in Gallia ed in Spagna; e la loro differenza è nata in parte dal clima e dai costumi degli abitanti di queste Provincie, ed in parte dal linguaggio che

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