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nati allor morto, dettò in nome di lui un falso testamento. (Inf. xxx, 32.) Non dubito punto che Reignard non abbia da ciò preso la famosa scena del suo Legatario Universale.

Un fiume gelato infine confina in sè i traditori de' lor parenti, della loro Patria, de' loro benefattori. Trovansi in questo fiume come quegli insetti e que' pesciolini che trovansi nell' ambra, a riserva di qualcun d' essi, il cui capo è fuori del ghiaccio; e paragona costoro alle rane in tempo di segatura. (Inf. xxxii. 31.)

E come a gracidar si sta la rana

Col muso fuor dell' acqua, quando sogna
Di spigolar sovente la villana.

Nel Purgatorio le pene sono più miti. Iddio non è ivi un giudice irritato contro il delitto, ma un padre che corregge i suoi figli.

Gli orgogliosi camminan ivi a testa china sotto pesi che opprimono. Gli invidiosi, vestiti di cilizio, hanno gli occhj forati da un fil di ferro, che gli priva di luce, ed impedisce loro di vedersi l'un l'altro. Gl'iracondi sono in un denso fumoi pigri, ed i tiepidi nel ben fare, son condan

nati a correre incessantemente e fare il giro della montagna; gli avari sono stesi boccone per terra per aver troppo amato i tesori terreni. I lussuriosi corron pure, ma a traverso alle fiamme. I ghiotti soffrono i tormenti di Tantalo: e così del resto, come vedesi ne' Canti ix. xiii. xvi, xviii, xix xxvi, xxxii, del Pur.

Il Paradiso non ammette le medesime varietà. Un permanente stato di beatitudine, d'adorazione, d'amore, di godimento, come quello ch' uno comunemente si figura che godano i beati nel Cielo, non lascia niente da temere, niente da bramare, niente da fare. Null' altro ne risulta che monotone scene.

Qui in tutte le sfere, per le quali passa il Poeta, vi son balli, inni, canti di trionfo, quantunque sotto forme varie e qualche volta assai bizzarre.

Tutti gli eletti son lumi più o meno splendenti secondo il grado della loro glorificazione. Ma questi lumi si uniscono o compongonsi in diverse figure. Nel Sole compongono una splendente corona che gira come una ruota: essa è formata de' più gravi Teologi e dei Dottori più famosi della Chiesa i quali ballano la Chirinzana

in forma di crocifisso. In Giove fanno un ballo figurato, la cui coregrafía forma le parole diligite justitiam qui judicatis terram. Finito il ballo, si aggruppano per compor la forma d' un'aquila, la quale a causa di ciò parla, ora in plurale, perchè composta di varj, ed ora in singolare come collettiva composizione. Essa tratta le più alte dispute di Teologia, e dice delle cose ingiuriose ai Papi ed ai Cardinali, poichè è dessa l' Aquila dell' Impero, l' Aquila Ghibellina.

Nell' ottavo Cielo, il Collegio degli Apostoli va carolando intorno al nostro Poeta. E nel Cielo empireo, le nove gerarchie sono disposte in altrettanti cerchj, nel cui comun centro siede la Divinità. Il primo di quei cerchj muovesi intorno al centro con sì maravigliosa velocità che sembra una ruota infiammata, ed intuona l' antifona Hosanna in excelsis, al che le nove sfere celesti rispondono eccheggiando. Nel medesimo cielo finalmente, i Santi simboleggiano tra loro la bianca rosa del Paradiso, sulla quale, angeli ch' hanno ali d'oro puro e corpi più che la neve bianchi, ed il cui viso altro non è che fiamma, salgono, scendono e svolazzano, a guisa di peci

VOL. IV.

chie che volano e rivolano ai fiori. (Par. x, xiv, xviii, xix, xx, xxii, xxviii, xxxi.

In queste invenzioni di Dante viene, e con alquanta ragione, biasimato il mescuglio ch' ei fa di cose sacre e profane.

Il suo cristiano Inferno molto e per diversi capi rassomiglia a quello del suo maestro Virgilio : vi si riconoscono i medesimi oggetti ed i personaggi medesimi. La barca di Caronte voga sull' Acheronte su quella di Flegias varcasi Stige :

Minos juge aux enfers tous les pâles humains,

ma reso orribilmente deforme: digrigna i denti come un cane, e si strascica dietro una lunga coda la quale serve ad accennar sue sentenze. Il colpevole viene esaminato,

E quel conoscitor delle peccata

Vede qual luogo d' Inferno è da essa :
Cingesi con la coda tante volte

Quantunque gradi vuol che giù sia messa.

(Inf. v, 9.)

La sua coda è in somma una specie di termome

tro. Il Demonio Cerbero fa risuonar di latrati il tristo Regno d' Abisso, ed è quell' istesso Cerbero che fu altre volte incatenato da Ercole. Plutone possiede qui una città con una fortezza a cui guardia stanno le Furie e Medusa. Le Arpie battono colle loro ali quell' aria tenebrosa; il Minotauro di Creta salta per quelle nere campagne; i Centauri, secondo l'antico loro costume vi corrono cacciando e scoccando le loro asticelle. Vi si vede Caco ed Anteo, figli della Terra; i Titani vi torreggiano, e sembrano tuttora sfidar il fulmine.

Potrebbesi difender Dante non solo pel gusto del suo secolo, ma per l'esempio ancora de' Poeti Cristiani che l'han preceduto o seguíto. Può giustificarsi intieramente con l'ipotesi che gli Dei mitologici, e tutti quegli esseri favolosi, sieno Angeli ribelli, strascinati nella fellonia e nella caduta di Lucifero; ipotesi abbracciata dai Dottori della Chiesa, e sul loro esempio dal gran Poeta Milton. Dante insomma ci previene egli stesso dicendo, che in queste favole i buoni spiriti riconosceranno delle verità nascoste sotto il velame allegorico: (Inf. ix, 61.)

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