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O voi ch' avete gl' intelletti sanì
Mirate la dottrina che s' asconde

Sotto 'l velame degli versi strani.

In ogni Cerchio del Purgatorio esempj del peccato che vi si espia, e della virtù opposta a quel peccato, si offrono alle anime penitenti, per convincerle della giustizia delle loro pene, e vie meglio eccitarle alla contrizione. Questi istorici esempj sono incisi o scolpiti nel marmo dei muri e del pavimento, o pure le anime che si purificano se gli vanno reciprocamente recitando, o sono da voci aeree proclamati, o il Poeta stesso in estatica visione gli scorge; e son tolti indistintamente dalla Storia Sacra, dalla Storia profana o dalla Mitologia.

Voi là vedete confusamente mescolati, Lucifero, Briareo, Nembrotte, Niobe, il morente Saule, Aracne, Roboamo, Erifile, Tomiri, Oloferne, il saccheggiamento di Troja, Caino; ed Aglauro cangiata in pietra da Apollo; Amanno e la Regina Amate, Pigmalione, Mida, Achem, Ananía e Saffira, il sommo Sacerdote Eliodoro, Polinestore e Crasso, i Centauri alle nozze di

Piritoo coi Soldati di Gedeone presso al fonte di Arad; la Santa Vergine colle antiche matrone romane, o con Pisistrato e Santo Stefano, o tra Fabrizio e San Niccolao, od a Pásife in faccia.

› Sembrami che Gravina abbia ben difeso questo mescuglio. Siccome non trattasi qui di verità di fatti, nulla importa da quale storia, o da qual favola son tolti. Non altrimenti vi compariscono che in forma di emblemi, e basta che inculchino una buona morale. "Benchè falso sia il "significante, vero è nondimeno il senso signi"ficato." (Della Rag. Poet. Lib. ii. 13.

Non mi scandalizzerei nè anche della preghiera che Virgilio fa al Sole; (Purg. xiii, 16.) e mi asterrei certamente dall' interpretare metaforicamente il Sole pel Sole della giustizia e della grazia, poichè Virgilio nel far questa preghiera fissa gli sguardi nell' astro materiale che illumina il mondo. Non la credo fatta neppure all' intelligenza Angelica che ha la sua residenza in quest' astro, e che lo conduce a traverso ai cieli, quantunque potesse ciò esser conforme alle opinioni di Dante voglio piuttosto negare ch' essa sia una preghiera, e dir

:

ch' altro non è ch' una esclamazione, un' apostrofe, una prosopopea.

S'io volessi riprender Dante, farei osservare quel passo ov' egli invoca Gesù Cristo sotto il nome di Sommo Giove che fu per noi crocifisso sopra la Terra. (Purg, vi. 118.)

O Sommo Giove

Che fosti 'n terra per noi crocifisso!

senza però accusarlo d' empietà, la quale certo non era nella sua intenzione. Bisogna considerare i tempi ed i luoghi. Quelle espressioni che urtano la nostra delicatezza, erano prese in dritto senso, e non tendevano a mala conseguenza, ed ebbero ed hanno ancora degli ammiratori e ́degl' imitatori in Italia. Il Petrarca chiama Dio vero Giove, Giove eterno, vivo Giove. (Par. i. Son. 133. 208.) ed in una delle sue egloghe latine dà questo nome al Dio Padre per distinguerlo dal Figlio e dallo Spirito Santo:

Sic cantare Iovem cæpit, genitumque, sacrumque
Flamen.

Luigi Pulci ripete il verso di Dante quasi let.

teralmente nel suo Morgante Maggiore: (Can.

ii. st. 1.)

O Sommo Giove per noi crocifisso!

Il Landino che commentò la divina Commedia nel Secolo decimoquinto, nel commentario sopra questo medesimo canto di Dante implora il soccorso della Santa Trinità con questo verso dell' Eneide:

Juppiter omnipotens summi regnator Olympi !

Vengo ora al carattere più rilevante di Dante e che si presenta da tutte le parti nei tre Poemi : il carattere satirico. Non odo qui quella scherzevol Satira d' Orazio che corregge ridendo, ma la satira più violenta e più atroce, che caccia profondamente i suoi dardi avvelenati, e lascia le persone mal conce e trafitte.

Non fu questo forse il carattere del Poeta, ma ebbe probabilmente origine dagli eventi della sua vita e dalle sue sventurate vicende; e queste vicende nacquero dagli eventi storici del sue tempo, de' quali bisogna acquistar cognizione

negli annali per giungere a ben capir la sua Satira, e niente perdere del vigore di essa. Vittima delle fazioni che sul principio del decimoquarto secolo smembrarono il suo nativo paese, ebbe da soffrir varie sventure, le quali esacerbarono il suo spirito e produssero in lui quella grande inondazione di bile.

Le due celebri fazioni, che disunirono per lungo tempo l'Italia, e furon fonte di tanti mali, son note sotto il nome di Guelfi e Ghibellini. I primi tenevan dal Papa ed eran per la libertà cittadinesca; i secondi tenevan dall' Imperatore, ed erano per quel chimerico ristabilimento dell' antica romana grandezza che da lui si aspettavano, o che d'aspettarsi facevan sembiante ; poichè in realtà le illustri famiglie ch' erano alla testa della fazion ghibellina non molto curavansi di questo ristabilimento; ma sotto questo specioso pretesto, e col titolo di vicarj dell' Impero ledevano a poco a poco le immunità delle città libere, e ne acquistavan quindi il dominio.

Dante, Priore ed alla testa della Magistratura di Firenze, era stato Guelfo e fautore ardente

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