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Però egli non tace di ricordare l'alterezza e la schifiltà d'alcuni uomini, sommi in vero, ma che vinti dal gran disio dell' eccellenza, vivendo, non sono cortesi da rendere altrui il meritato tributo di lode; lo che serve al poeta di fare una bellissima tirata sopra le umane vanità: Purg. XI. 85. L'uomo non deve insuperbirsi e schifare altrui, per ingegno ch'egli abbia; perocchè non v'è mai merito sì grande che non possa darsene uno maggiore: Purg. xi. 94. - Quanto cara e bella insieme non è la pittura del grande uomo di intelletto che ci lasciò il Tasso nella sua Aminta, Atto I. Scena II.

Era su l'uscio,

Quasi per guardia delle cose belle,

Uom d'aspetto magnanimo e robusto,...
Che con fronte benigna insieme e grave,
Con regal cortesia invitò dentro

Ei grande e 'n pregio me negletto e basso.
Oh che sentii! che vidi allora!

FILOSOFIA DI DANTE

"L'Ozanam chiama Dante il più grande filosofo de' suoi tempi, e come ciò fosse poco, ecco il Gioberti prender le mosse da lui per fondare l'immensa sintesi, che richiamando a' principii la filosofia, la storia, l'estetica e la fede italiana, sorge glorioso, ad impugnare il colosso del panteismo moderno.

DALL' ONGARO

Lodi della Filosofia. Sposa dell'imperatore del cielo... e non solamente sposa ma suora e figlia dilettissima: Conv. 11. 12. - La bellissima onestissima figlia dell'imperatore dell' universo: Conv. 11. 16. Donna dell'intelletto: Conv. II. 19. Questa donna fu figlia d'Iddio, regina di tutto, nobilissima e bellissima Filosofia: Conv. 11. 13. - Veramente è donna piena di dolcezza, ornata d'onestade, mirabile di savere, gloriosa di libertade... Gli occhi di questa donna sono le sue dimostrazioni, le quali dritte negli occhi dell'intelletto, innamorano l'anima, liberata nelle condizioni. Oh

dolcissimi ed ineffabili sembianti, e rubatori subitani della mente umana, che nelle dimostrazioni, cioè negli occhi della Filosofia apparite, quando essa alli suoi drudi ragiona! Veramente in voi è la salute, per la quale si fa beato chi vi guarda, e salvo dalla morte della ignoranza delli vizi: Conv. 11. 16.- Della Filosofia è cagione efficiente la verità... fine della Filosofia è quella eccellentissima dilezione che non pate alcuna intermissione ovvero difetto, cioè vera felicità, che per contemplazione della verità s'acquista: Conr. III. 11. (V. Conv. 11. tutto il cap. 11). Iddio, che tutto gira e intende, in suo girare e suo intendere non vede tanto gentil cosa, quant' elli vede quando mira là dov'è questa Filosofia... in quanto perfettissimamente in sè la vede... Filosofia è uno amoroso uso di sapienza (V. Conv. ш. 12. p. 241). - Quella luce virtuosissima Filosofia, i cui raggi fanno i fiori rinfronzire e fruttificare la verace degli uomini nobiltà: Conv. IV. 1.

Desiderio della seienza. - La scienza non si deve

nascondere ma comunicare. - Tutti gli uomini naturalmente desiderano di sapere. La scienza è l'ultima perfezione della nostra anima, nella quale sta la nostra ultima felicità, sicchè tutti naturalmente al suo desiderio siamo suggetti: Conv. 1. 1.-Il desiderio della scienza non è sempre uno, ma è molti e finito l' uno, viene l'altro; sicchè, propriamente parlando, non è crescere lo suo dilatare, ma successione di piccola cosa in grande cosa... Questo cotale dilatare non è cagione d'imperfezione, ma di perfezione maggiore: Conv. IV. 13. Nel desiderare della scienza successivamente finiscono li desiderii, e viensi a perfezione... Scienza perfetta è nobile perfezione, e per suo desiderio perfezione non perde: Conv. Iv. 13. - Chi gitta via la sapienza e la dottrina è infelice... Per l'abito della sapienza seguita che s' acquista e felice essere e contento, secondo la sentenza del Filosofo: Conv. 11. 15. - Oh beati que' pochi che seggono a quella mensa ove il pane degli Angeli si mangia, e miseri quelli che colle pecore hanno comune cibo! Conv. 1. 1.(Pochi drizzan il collo Per tempo al pan degli Angeli, del quale Vivesi qui ma non sen vien satollo: Par. 1. 10.) – Quelli, alla cui anima questo raggio divino non risplende, sono siccome

valli volte ad aquilone, ovvero spelonche sotterranee, dove la luce del Sole mai non discende se non ripercossa da altra parte da quella illuminata: Conv. iv. 20. - Ond' egli si fa ad esclamare: O ineffabile sapienza che così ordinasti, quanto è povera la nostra mente a te comprendere! E voi, a cui utilità e diletto io scrivo, in quanta cechità vivete, non levando gli occhi suso a queste cose, tenendoli fissi nel fango della vostra stoltezza! Conv. III. 5. Oh peggio che morti, che l'amistà di costei fuggite! Aprite gli occhi vostri, e mirate che anzi che voi foste, ella fu amatrice di voi, acconciando e ordinando il vostro processo; e poichè fatti foste, per voi dirizzare, in vostra similitudine venne a voi: e se tutti al suo cospetto venire non potete, onorate lei ne' suoi amici, e seguite li comandamenti loro, siccome quelli che v'annunziano la volontà di questa eternale Imperadrice... Non chiudete gli orecchi a Salomone che ciò vi dice, dicendo che « la via de' giusti è quasi luce splendente, che procede e cresce infino al di della beatitudine» andando loro dietro, mirando le loro operazioni, ch'esser debbono a voi luce nel cammino di questa brevissima vita: Conv. III. 15.

Ma la scienza non si deve nascondere ma comunicare (V. De Mon. 1. 1.): Gli uomini illustri perchè illuminati di potenzia sogliono con giustizia e carità gli altri illuminare, ovvero perchè eccellentemente ammaestrati, eccellentemente ammaestrare: De Vulg. El. 1. 17. - Coloro che sanno debbono liberalmente porgere della loro buona ricchezza alli veri poveri, e sieno quasi fonte vivo, della cui acqua si refrigera la natural sete che mai non sazia: Conv. 1. 1.

FILOSOFIA DI DANTE

IL VERO

La virtù della verità ogni autorità convince. Conv. IV. 3.

Ho meco il maestro de' Filosofi, il quale domatizzando d'ogni morale soggetto, la verità insegnò essere sopra tutti gli amici da preferirsi. Ep. IX. 5.

I Filosofi antichi vaneggiarono nella ricerca del vero; da Parmenide e da' superbi suoi eleatici che gittavansi nella profondità del ragionamento senza conoscere dove dessero di capo, li quali andavan e non sapean dove (Par. xii. 125) fino ad Epicuro e a' suoi seguaci che l'anima col corpo morta fanno (Inf. x. 15); da Pitagora, che fa discendere. le anime attraverso a tutti i gradi della creazione, sino a Platone che le vede risalire alle stelle donde emanarono: Par. iv. 23.- Zenone vide e credette il fine della vita umana essere solamente la rigida onestà, donde la setta degli Stoici; Epicuro la voluptà, cioè diletto senza dolore; Socrate con Platone posero il fine nella nostra operazione, senza soperchio e senza difetto, misurata col mezzo per nostra elezione preso, ch'è virtù: e questa setta dall'Accademia, dove Platone studiava, s'intitolo degli Accademici; da ultimo i Peripatetici, seguaci d'Aristotile, che limaro e a perfezione la Filosofia morale ridussero: Conv. IV. 6.

Il poeta biasima duramente i filosofi del suo tempo perchè le ambagi della scolastica facessero loro smarrire la buona via, e l'amore dei sistemi vincesse in essi l'amore del vero: Par. XIII. 97.

Voi non andate giù per un sentiero

Filosofando; tanto vi trasporta

L'amor dell' apparenza e il suo pensiero. Par. xxix. 81. Fuori di Dio non si spazia nessun Vero.

lo veggo ben che giammai non si sazia

Nostro intelletto, se il Ver non lo illustra,

1

Di fuor dal qual nessun vero si spazia.

Posasi in esso, come fera in lustra,
Tosto che giunto l'ha: e giunger puollos
Se non, ciascun desio sarebbe frustra.

Nasce per quello, a guisa di rampollo,
Appié del vero il dubbio, ed è natura,

Ch'al sommo pinge noi di collo in collo. Par. iv. 124.

In queste poche terzine è compresa la filosofia di molti libri. L'intelletto dell'uomo si adagia in alcune verità, come una fiera nella sua caverna, e la storia fa splendida e dolorosa fede ch'ei le difende con una ferocia, la quale vince d'assai quella delle belve. Che dal prudente dubitare nasca il vero, e dal vero il dubbio, siccome rampollo al piè d'un albero, si conferma nei risultamenti d'ogni scoperta che si faccia, la quale quei limiti che sono nel campo dello scibile allontana, ma non toglie. E alla speranza che ha l'uomo di arrivare al primo vero, non dà la filosofia miglior fondamento che la sentenza compresa in questo verso: Se non, ciascun disio sarebbe frustra. Infatti, per quanti siano i giorni del mortale su questa terra, egli l'abbandona senza esser giunto al suo scopo, senza che in alcuna cosa gli si acqueti il cuore e la mente. Non meno gravi di profondi, ma invidiosi veri, sono le ultime parole della ricordata terzina: ed è natura, Ch'al sommo pinge noi di collo in collo. L'amore del vero, dal quale deriva il corso delle nazioni e il progresso della civiltà, è natura: cosicchè la guerra, la quale vien fatta alla ragione, è una crudeltà insensata. Non è dato a potenza alcuna rompere quello che il Vico chiamò legge dell'umanità; e su gli stoltamente malvagi, che indarno lo tentano, pesa ad un tempo l'infamia e la sventura. Mirabilmente concorda con Bacone l'Allighieri osservando che noi siamo spinti al sommo di collo in collo, d'altezza in altezza, e saliti, per così dire, su quelli che ci precedono: quindi le care speranze di quei progressi che le leggi immutabili della natura promettono alle generazioni future, le quali godranno la vera utilità del tempo, ch'è l'esperienza.» Nicolini, Dell' universalità e nazionalità della Divina Comedia. V. Nicolini, Opere,. III. 253.

L'uomo appassionato non è vero nè giusto estimatore di sè e delle cose.

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