Sayfadaki görseller
PDF
ePub

1

ad ogni modo gli umori di quegli uomini, e di que' tempi. L'edizione del 1527 fu opera di molta spesa, e di pazientissimi studj di parecchi gentiluomini Fiorentini che si speravano di ristorare la loro città della perdita degli autografi. Trovo che vi concorsero Pietro Vettori, Francesco Berni, e Bernardo Segni. Il Vettori è tuttavia nominato fra' principi dell'arte critica perch' ei fu de' primi, de' più indefessi, e più felici ristoratori d'autori Greci e Latini, molti de' quali erano ancora inediti; non però fece studio della lingua Italiana: ma forse l'autorità del suo nome fu più tardi citata dagli esageratori de' meriti di quell' edizione. Più efficace fu l'ajuto del Berni; perchè a molte varianti credute spurie supplì raffrontando un codice allora tenuto per ottimo. Ma i codici non bastarono; e quantunque quegli editori il dissimulassero, il famoso fra' lor lodatori confessa ch' ei furono spesso necessitati a correggere ad arbitrio di congetture. Che se al Berni non venne sempre fatto d' indovinare le parole originalmente scritte dal Boccaccio, e le rifece di fantasia, ei di certo non ne sostituì di peggiori. Ei sapeva per istinto distinguere a un tratto le eleganze dall'affettazione, e i vezzi schietti dagli idiotismi plebei. Nè perchè ei ponesse tanta cura a quelle Novelle, s' innamorò delle vecchie lascivie, come ei chiamavale, del parlare Toscano. Il suo rifacimento del poema del Bojardo rifece la lingua; la rinfrescò di amabilità giovanile, come l'Ariosto abbellivala di originali eleganze. Ma l' uno e l'altro erano allora più cari a' lettori che stimati da' critici. Le grazie dello stile del Decamerone, benchè vaghissime, sono ammanierate, e ornate dall'arte; risaltano agli occhi e forzano ad osservarle e però i professori di retorica possono gloriarsi di discernerle di leggieri e farsi merito di declamare una dissertazione sopra ogni vocabolo. Nell' Orlando Innamorato e nel Furioso le grazie, benchè più molte d'assai, scorrono sponta

Salviati, Pref. al Decam., ediz. del 1582.

nee e meno apparenti; ma quanto più si fanno sentire nè si lasciano scorgere, tanto più sono grazie. Il Segni era promotore di quell' edizione. Fu nominato con lode a' suoi tempi fra'traduttori e chiosatori d'Aristotile; e all'età nostra, fra gli ultimi storici di Firenze. Visse repubblicano di parte, e narrava la storia della servitù; e forse per non porre a pericolo i suoi figliuoli, ei morendo non disse dove avesse riposto il suo manoscritto. Fu poi ritrovato a caso, guasto dal tempo, e donato a uno de' principi Medici, a' quali giovava di risotterrarlo, e non fu veduto dal mondo che dopo quasi due secoli, e con fresche lacune; non così per amore degli antichi signori di Firenze, de' quali la razza allora spegnevasi, come per riverenza alla memoria de' Papi.1 Tuttavia mutilata come è, e benchè letta da pochi, la Storia del Segni, dopo quella del Machiavelli e del Guicciardini, merita il primo luogo. E più esatta dell' una, e più veritiera dell'altra: e s'ei nello stile cede d'energia e di profondità al Machiavelli, avanza in naturalezza e sobrietà il Guicciardini. Ma e le storie e i poemi di quell' età ch'oggi s' hanno per depositarj di lingua, erano allora tenuti presso che barbari e indegni di essere nominati con « le Cento immortalate Novelle. »

L'edizione del 1527 fu tenuta cara sin da principio da' Fiorentini come ricordo degli ultimi martiri della repubblica, perchè quasi tutti que' giovani i quali v' attesero combattevano contro alla casa de' Medici, e morirono nell'assedio di Firenze, o in esilio. Poscia il libro divenne più raro perchè stava a rischio d'essere mutilato o inibito. Il Bembo, mentr'era segretario di Leone X, si travagliava molto mal volentieri in cose de' frati, per trovarvi sotto molte volte tutte le umane scelleratezze coperte di diabolica ipocrisia,'-e il Pontefice faceva commedia dell'Abate di Gaeta, coronandolo d' alloro e di ca

Segni, Stor. Fior., lib. XI, vol. II, p. 343, ediz. Mil. 2 Bembo, Opere, tom. IX, pag. 6, ediz. Mil.

3

voli sopra un elefante. Adriano VI, che gli succedeva, era stato claustrale, e i Cardinali della sua scuola proposero poco dopo che i Colloquj d' Erasmo, e ogni libro popolare ingiurioso al clero, si proibissero. A Paolo III parve che la minaccia bastasse, nè s'adempì per allora; ma chi sapeva che il Decamerone, già tradotto in più lingue, allegavasi dagli antipapisti, s'affrettò a provedersi dell'edizione Fiorentina la quale, anche da'dotti che non ne facevano gran caso per l'emendazione critica, era creduta schietta d'inavvertenze di stampa. Ma nè pur questo era vero. Il librajo veneziano che dopo due secoli, a contraffare quell'edizione, foggiò la carta e i caratteri, la purgò meccanicamente e contro intenzione di moltissimi errori. Così gli esemplari fiorentini del 1527, incominciando da prima ad essere custoditi non senza giuste ragioni, divennero tesori di librerie; e uno solo or di quella, or di tal'altra rara edizione arricchì i venditori. Uno del Valdarfer fu comperato, non sono molti anni, per lire due mille duecento sessanta sterline ed è somma che, s'io non isbaglio, oggi darebbe da forse dodici mille scudi Toscani; e all'età del Boccaccio gli sarebbero bastati a fondare una pubblica biblioteca in Firenze.-Or affinchè i dilettanti di sì fatte curiosità non iscambino l'originale del 1527, per la ristampa, raffrontino poche pagine e s'appiglino alla più scorretta, perchè di certo è la vera. Sul principio del volume si legge cento novella, e nella contraffazione novelle; e così spesso sino alla penultima carta, dove Carlo Mgno dell'edizione originale fu raggiustato Magno. Ma per l'antica, e a quanto io preveggo,

4

1 Varchi, Ercol., tom. I, pag. 61, ediz. Mil. Ove non s'ha da credere a monsignor Bottari annotatore, il quale di quest' Abate e dell'Archipoeta di Papa Leone fa un solo buffone. L'Abate chiamavasi Baraballo; e l'Archipoeta, Cammillo Querno.

2 Jovii Elog., VI. — Jortin's Life of Erasm., pag. 218 seg.
3 Bembo, Lett., vol. II, lib. III, al Rannusio.

Dibdin, Bibliographical Decameron, vol. III, pag. 60. Bibliotheca Spenceriana, IV, pag. 77, and the Supplement, pag. 53.

futura sciagura della lingua Italiana d'essere disfigurata dal troppo amore di que' tanti che vogliono arricchirla d'abbellimenti d'ogni maniera, anche quel cento novella, e molti sgrammaticamenti de' così fatti, sono stati tenuti per atticismi. Gli Accademici della Crusca s'avvidero di molte voci registrate da prima nel loro vocabolario, le quali non avevano altro fondamento, che qualche errore di stampa, o qualche passo sconciamente letto, o interpretato, o altro simile scambiamento. 1 Vivono ad ogni modo e vivranno, e in Lombardia più ch'altrove, parecchi grammatici a'quali, levando le molte voci e dizioni generate dall'ignoranza e dall'accidente ne' libri antichi, parrebbe d'impoverire l'idioma di molte sue grazie;' senz'avvedersi che quando pur fossero grazie, nasceano bastarde e sono oggimai fatte decrepite.

Dall'emendazione del Decamerone originò verso quel tempo in Firenze un' adunanza privata la quale da prima fu detta degli Umidi, i quali sotto colore di letteratura congiuravano contro a' Medici; poi fatta pubblica e meno libera, si chiamò Accademia Fiorentina; finalmente raccoltasi sotto il patrocinio di Cosimo Gran Duca, assunse il nome d'Accademia della Crusca e la dittatura grammaticale in Italia. Incominciò a meditare una nuova emendazione delle Novelle; tanto più che un medico del Gran Duca dissotterrò non so donde e gli donò la copia sino a que'giorni ignotissima del Mannelli, scritta con miracolosa accuratezza, al parere degli Accademici; dal quale ho detto poc' anzi che niuno dissente. Bensì quando asserivano ch'egli in più d'un luogo fa fede d'avere scritto il suo codice su l'originale istesso dell'automeritavano la taccia non foss' altro d'inavvertenza; e

re,"

Pref. al Vocabolario, sez. IV.

2 Le Grazie, Dialogo pubblicato intorno al 1812, o non molto dopo, in Verona.

5 Pref. alle Annot. de' Deputati alla Correzione.

♦ Proem. alle Annot. de' Deputati alla Correzione del Decam.

niuno sospettò mai se dicessero il vero. La data del codice e le postille del Mannelli palesano ch'ei ricopiava dall'unico testo tenuto originale dopo la morte del Boccaccio, e nol giudicava schietto d'errori; ma non lasciano nè pure pretesto a congetturare ch'ei vedesse gli autografi. E benchè non si possa avverare come nè quando perissero, la certezza storica della loro esistenza si smarrisce dieci anni e più innanzi la morte del Boccaccio; e le induzioni derivate dalla storia tendono a provare che fossero distrutti da esso. La copia del Mannelli riesce utilissima ad ogni modo alla lingua e alla critica; perchè egli era amico famigliarissimo del Boccaccio; e sapendo come e dove correggere, contentavasi di trascrivere; e tacendo dell'origine del suo testo, mostra a ogni modo che doveva pur essere il migliore, se non l'unico, al quale ei potesse attenersi. Emerge da ogni pagina di quell'esemplare un' interna e innegabile testimonianza d'autenticità; e se si fosse smarrito, è probabile che la lezione delle Novelle, continuando ad essere emendata per via di congetture dagli uomini dotti, si sarebbe allontanata sempre più dalla mente del primo scrittore. E non di meno fin anche quell'ottimo codice capitò sotto gli occhi degli Accademici adulterato da critici sconosciuti. Alle postille del Mannelli ne'margini, ricordate poc'anzi, furono aggiunte parecchie d'altro carattere e inchiostro, e molte alterazioni arbitrarie nel testo le quali confondono la prima scrittura. Sono imputate, ma senza addurre ragioni, a Jacopo Corbinelli, che fu primo a raffrontare quel codice, e dietro al Decamerone trovò il Corbaccio, e lo illustrò secondo la lezione del Mannelli in Parigi. Forse la giunta delle postille e le interpolazioni sono di data più antica. Comunque si fosse, all' Accademia non riuscì per avventura difficile di discernere le dubbie lezioni e scansarle.

1

La somma difficoltà consisteva a trovare norme all'orto

4 Lettera dedic. del Corbinelli.

« ÖncekiDevam »