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TRIONFI IN VITA ED IN MORTE DI M. LAURA

DEL

TRIONFO

D'AMORE

CAPITOLO PRIMO

Trionfar volse quel, che 'l vulgo aḍora:
E vidi a qual servaggio, ed a qual morte,
Ed a che strazio va chi s'innamora.

(Trionfo d' Amore. Cap. IV.)

Nel tempo, che rinnova i miei sospiri

Per la dolce memoria di quel giorno,
Che fu principio, a sì lunghi martiri ;
Scaldava il Sol già l'uno e l'altro corno
Del Tauro; e la fanciulla di Titone
Correa gelata al suo antico soggiorno.
Amor, gli sdegni, e 'l pianto, e la stagione
Ricondotto m'aveano al chiuso loco,
Ov' ogni fascio il cor lasso ripone.
Ivi fra l'erbe, già del pianger fioco,
Vinto dal sonno, vidi una gran luce
E dentro assai dolor con breve gioco.

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Vidi un vittorioso e sommo duce,

Pur com'un di color, che 'n Campidoglio Trionfal carro a gran gloria conduce. Io, che gioir di tal vista non soglio,

Per lo secol noioso, in ch'io mi trovo, Voto d'ogni valor, pien d'ogni orgoglio; L'abito altero, inusitato, e novo

Mirai, alzando gli occhi gravi e stanchi : Ch'altro diletto, che 'mparar, non provo. Quattro destrier via più che neve bianchi: Sopr' un carro di foco un garzon crudo

Con arco in mano, e con saette a' fianchi,
Contra le qua' non val elmo, nè scudo :
Sopra gli omeri avea sol due grand' ali
Di color mille, e tutto l'altro ignudo:
D'intorno innumerabili mortali,

Parte presi in battaglia, e parte uccisi,
Parte feriti di pungenti strali.
Vago d'udir novelle, oltra mi misi

Tanto, ch' io fui nell' esser di quegli uno, Ch' anzi tempo ha di vita Amor divisi . Allor mi strinsi a rimirar, s' alcuno Riconoscessi nella folta schiera

Del re sempre di lagrime digiuno.
Nessun vi riconobbi: e s'alcun v' era
Di mia notizia, avea cangiato vista
Per morte, o per prigion crudele e fera.

Un'ombra alquanto men, che l'altre, trista
Mi si fe incontro; e mi chiamò per nome
Dicendo: Questo per amar s'acquista.
Ond' io, maravigliando, dissi: Or come
Conosci me, ch'io te non riconosca ?
Ed ei: Questo m'avvien per ľ
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De' legami, ch' io porto; e l'aria fosca
Contende agli occhi tuoi: ma vero amico
Ti sono; e teco nacqui in terra tosca.
Le sue parole, e 'l ragionar antico

Scoperson quel, che 'l viso mi celava :
E così n'ascendemmo in luogo aprico;
E cominciò: Gran tempo è, ch' io

pensava Vederti qui fra noi; che da prim' anni Tal presagio di te tua vista dava. E' fu ben ver: ma gli amorosi affanni Mi spaventar sì, ch' io lasciai l'impresa; Ma squarciati ne porto il petto, e i panni: Così diss' io ed ei, quand' ebbe intesa La mia risposta, sorridendo disse:

O figliuol mio, qual per te fiamma è accesa ! Io non l'intesi allor; ma or sì fisse

Sue parole mi trovo nella testa;

Che mai più saldo in marmo non si scrisse:

E per la nova età, ch'ardita e presta

Fa la mente, e la lingua, il dimandai:
Dimmi per cortesia, che gente è questa ?

Di quì a poco tempo tu 'l saprai

Per te stesso, rispose; e serai d'elli; Tal per te nodo fassi, e tu nol sai: E prima cangerai volto e capelli,

Che 'I nodo, di ch'io parlo, si discioglia Dal collo, e da' tuo' piedi ancor ribelli. Ma per impir la tua giovenil voglia, Dirò di noi, e prima del maggiore; Che così vita, e libertà ne spoglia. Quest' è colui, che 'l mondo chiama Amore; Amaro, come vedi, e vedrai meglio Quando fia tuo, come nostro signore: Mansueto fanciullo, e fiero veglio:

Ben sa chi'l prova; e fiati cosa pianą Anzi mill'anni; e 'nfin ad or ti sveglio. Ei nacque d'ozio, e di lascivia umana, Nudrito di pensier dolci e soavi, Fatto signor e Dio da gente vana . Qual è morto da lui; qual con più gravi Leggi mena sua vita aspra ed acerba, Sotto mille catene, e mille chiavi. Quel, che 'n sì signorile, e sì superba Vista vien prima, è Ccsar che 'n Egitto Cleopatra legò tra' fiori e l'erba .

Or di lui si trionfa: ed è ben dritto,

Se vinse il Mondo, ed altri ha vinto lui, Che del suo vincitor si glorie il vitto.

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