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SONETTO XIV.

La ringrazia, che di quando in quando torni a racconsolarlo con la sua presenza.

Alma

Ima felice, che sovente torni

A consolar le mie notti dolenti

Con gli occhi tuoi, che Morte non ha spenti, Ma sovra 'l mortal modo fatti adorni;

Quanto gradisco, ch'e' miei tristi giorni
A rallegrar di tua vista consenti!
Così incomincio á ritrovar presenti
Le tue bellezze a' suoi usati soggiorni.

Là, 've cantando andai di te molt'anni,
Or, come vedi, vo di te piangendo;
Di te piangendo no, ma de' miei danni.

Sol un riposo trovo in molti affanni;
Che quando torni, ti conosco, e 'ntendo
All' andar, alla voce, al volto, a' panni .

SONETTO XV.

I pietosi apparimenti di Laura gli danne
un soccorso nel suo dolore.

Discolora

iscolorato hai, Morte, il più bel volto Che mai si vide; e i più begli occhi, spenti: Spirto più acceso di virtuti ardenti,

Del più leggiadro e più bel nodo hai sciolto.

In un momento ogni mio ben m' hai tolto;
Posto hai silenzio a' più soavi accenti

Che mai s'udiro; e me pien di lamenti:
Quant'io veggio, m'è noia, e quant' io ascolto.

Ben torna a consolar tanto dolore

Madonna, ove pietà la riconduce;

Nè trovo in questa vita altro soccorso:

E se com'ella parla, e come luce,
Ridir potessi; accenderei d'amore,

Non dirò d'uom, un cuor di tigre, o d'orso.

SONETTO XVI.

Gode di averla presente col pensiero ; ma trova poi scarso un tale conforto.

Si breve è 'l tempo, e 'l pensier sì veloce,

Che mi rendon Madonna così morta;

Ch'al

gran

dolor la medicina è corta : Pur, mentr'io veggio lei, nulla mi noce.

Amor, che m'ha legato, e tienmi in croce,
Trema quando la vede in su la porta
Dell' alma, ove m'ancide ancor sì scorta,
Si dolce in vista, e sì soave in voce.

Come donna in suo albergo, altera vene
Scacciando dell'oscuro e grave core
Con la fronte serena i pensier tristi.

L'alma, che tanta luce non sostene,
Sospira, e dice: O benedette l'ore

Del dì, che questa via con gli occhi apristi!

SONETTO XVII.

Scend' ella dal Cielo per consigliarlo alla virtù, e levar tosto l'anima a Dio,

Nè mai pietosa madre al caro figlio,

Nè donna accesa al suo sposo diletto
Diè con tanti sospir, con tal sospetto
In dubbio stato sì fedel consiglio;

Come a me quella, che 'l mio grave esiglio
Mirando dal suo eterno alto ricetto,
Spesso a me torna con l'usato affetto,
E di doppia pietate ornata il ciglio,

Or di madre, or d'amante: or teme, or arde
D'onesto foco; e nel parlar mi mostra
Quel, che 'n questo viaggio fugga, o segua,

Contando i casi della vita nostra;

Pregando, ch'a levar l'alma non tarde:
E sol quant'ella parla, ho pace, o tregua.

SONETTO XVIII.

Torna pietosa a riconfortarlo co' suoi consigli;
ed ei non può non piegarvisi.

Se quell'aura soave de' sospiri

Ch'i'odo di colei, che qui fu mia

Donna, or è in Cielo, ed ancor par qui sia,
E viva, e senta, e vada, ed ami, e spiri,

Ritrar potessi; o che caldi desiri

Movrei parlando! sì gelosa e pia

Torna, ov'io son, temendo non fra via

Mi stanchi, o'ndietro, o da man manca giri:

Ir dritto alto m'insegna; ed io, che 'ntendo
Le sue caste lusinghe, e i giusti preghi
Col dolce mormorar pietoso e basso,

Secondo lei convien mi regga e pieghi,

Per la dolcezza, che del suo dir prendo,
Ch'avria vertù di far piangere un sasso.

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