Con gravissimo fascio in su le spalle, Per sassi acuti, ed alta rena, e fratte, Al vento, alla tempesta, e quando avvampa L'ora, e quando poi gela, Corre via, corre, anela, Varca torrenti e stagni, Cade, risorge, e più e più s'affretta, Lacero, sanguinoso; infin ch'arriva E dove il tanto affaticar fu vôlto: Ov'ei precipitando, il tutto obblia. È la vita mortale. Nasce l'uomo a fatica, Ed è rischio di morte il nascimento. Prova pena e tormento Per prima cosa; e in sul principio stesso La madre e il genitore Il prende a consolar dell'esser nato. Poi che crescendo viene, L'uno e l'altro il sostiene, e via pur sempre Con atti e con parole Studiasi fargli core, E consolarlo dell'umano stato: Altro ufficio più grato Non si fa da' parenti alla lor prole, Ma perchè dare al sole, Perchè reggere in vita Se la vita è sventura, Ma tu mortal non sei, E forse del mio dir poco ti cale. Il patir nostro, il sospirar, che sia; E perir della terra, e venir meno Il perchè delle cose e vedi il frutto Del tacito, infinito andar del tempo. Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore Rida la primavera, A chi giovi l'ardore, e che procacci Il verno co' suoi ghiacci. Mille cose sai tu, mille discopri, Star così muta in sul deserto piano, Seguirmi viaggiando a mano a mano; Con gravissimo fascio in su le spalle, Per sassi acuti, ed alta rena, e fratte, Al vento, alla tempesta, e quando avvampa Corre via, corre, anela, Varca torrenti e stagni, Cade, risorge, e più e più s'affretta, Lacero, sanguinoso; infin ch'arriva E dove il tanto affaticar fu vôlto: Ov'ei precipitando, il tutto obblia. È la vita mortale. Nasce l'uomo a fatica, Ed è rischio di morte il nascimento. Prova pena e tormento Per prima cosa; e in sul principio stesso La madre e il genitore Il prende a consolar dell'esser nato. Poi che crescendo viene, L'uno e l'altro il sostiene, e via pur sempre Con atti e con parole Studiasi fargli core, E consolarlo dell'umano stato: Altro ufficio più grato Non si fa da' parenti alla lor prole, Ma perchè dare al sole, Perchè reggere in vita Se la vita è sventura, Ma tu mortal non sei, E forse del mio dir poco ti cale. Il patir nostro, il sospirar, che sia; E perir della terra, e venir meno Il perchè delle cose e vedi il frutto Del tacito, infinito andar del tempo. Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore Rida la primavera, A chi giovi l'ardore, e che procacci Mille cose sai tu, mille discopri, Star così muta in sul deserto piano, Seguirmi viaggiarido a mano a mano; Che fa l'aria infinita, e quel profondo E dell'innumerabile famiglia; Poi di tanto adoprar, di tanti moti Per tornar sempre là donde son mosse; Indovinar non so. Ma tu per certo, Che degli eterni giri, Che dell' esser mio frale, Avrà fors' altri; a me la vita è male. Non sol perchè d'affanno Ch'ogni stento, ogni danno, Ogni estremo timor subito scordi; Ma più perchè giammai tedio non provi. Quando tu siedi all'ombra sovra l'erbe, Tu se' queta e contenta; E gran parte dell'anno Senza noia consumi in quello stato. |