Ignota immensa terra al tuo viaggio Fu gloria, e del ritorno
Ai rischi. Ahi ahi, ma conosciuto il mondo Non cresce, anzi si scema, e assai più vasto L'etra sonante e l'alma terra e il mare Ai fanciullini che non al saggio, appare. Nostri sogni leggiadri ove son giti Dell' ignoto ricetto
D'ignoti abitatori, o del diurno Degli astri albergo, e del rimoto letto Della giovane Aurora, e del notturno Occulto sonno del maggior pianeta (3)? Ecco svaniro a un punto,
E figurato è il mondo in breve carta; Ecco tutto è simile, e discoprendo, Solo il nulla s'accresce. A noi ti vieta Il vero appena è giunto,
O caro immaginar; da te s'apparta Nostra mente in eterno; allo stupendo Poter tuo primo ne sottragon gli anni; E il conforto perì de' nostri affanni.
Nascevi ai dolci sogni intanto, e il primo Sole splendeati in vista,
Cantor vago dell'arme e degli amori, Che in età della nostra assai men trista Empiêr la vita di felici errori:
Nova speme d'Italia. O torri, ó celle, O donne, o cavalieri,
O giardini, o palagi! a voi pensando, In mille vane amenità si perde La mente mia. Di vanità, di belle
Si componea l'umana vita; in bando
Li cacciammo: or che resta? or poi che il verde È spogliato alle cose? Il certo e solo Veder che tutto è vano altro che il duolo. 0 Torquato, o Torquato, a noi l'eccelsa Tua mente, allora, il pianto
A te, non altro, preparava il cielo. Oh misero Torquato! il dolce canto
Non valse a consolarti o a sciorre il gelo Onde l'alma t'avean, ch'era si calda, Cinta l'odio e l'immondo
Livor privato e de' tiranni. Amore, Amor di nostra vita ultimo inganno, T'abbandonava. Ombra reale e salda Ti parve il nulla, e il mondo
Inabitata piaggia. Al tardo onore (4) Non sorser gli occhi tuoi; mercè, non danno, L'ora estrema ti fu. Morte domanda Chi nostro mal conobbe, e non ghirlanda. Torna torna fra noi, sorgi dal muto
E sconsolato avello,
Se d'angoscia sei vago, o miserando Esemplo di sciagura. Assai da quello Che ti parve si mesto e si nefando, E peggiorato il viver nostro. O caro, Chi ti compiangeria,
Se, fuor che di sè stesso, altri non cura? Chi stolto non direbbe il tuo mortale
Affanno anche oggidì, se il grande e il raro Ha nome di follia;
Nè livor più, ma ben di lui più dura
Se più de' carmi, il computar s'ascolta, Ti appresterebbe il lauro m'altra volta? Da te fino a quest'ora uom non è sorto, O sventurato ingegno,
Pari all'italo nome, altro ch'un solo, Solo di sua codarda etate indegno Allobrogo feroce, a cui dal polo Maschia virtù, non già da questa mia Stanca ed arida terra,
Venne nel petto; onde privato, inerme, (Memorando ardimento) in su la scena Mosse guerra a' tiranni: almen si dia Questa misera guerra
E questo vano campo all'ire inferme
Del mondo. Ei primo e sol dentro all' arena Scese, e nullo il seguì, chè l'ozio e il brutto Silenzio or preme ai nostri innanzi a tutto. Disdegnando e fremendo, immacolata
Trasse la vita intera,
E morte lo scampò dal veder peggio. Vittorio mio, questa per te non era Età nè suolo. Altri anni ed altro seggio Conviene agli alti ingegni. Or di riposo Paghi viviamo, e scorti
Da mediocrità: sceso il sapiente
E salita è la turba a un sol confine, Che il mondo agguaglia. O scopritor famoso, Segui; risveglia i morti,
Poi che dormono i vivi; arma le spente Lingue de' prischi eroi; tanto che in fine Questo secol di fango o vita agogni
NELLE NOZZE DELLA SORELLA PAOLINA.
Poi che del patrio nido I silenzi lasciando, e le beate Larve e l'antico error, celeste dono, Ch'abbella agli occhi tuoi quest' ermo lido, Te nella polve della vita e il suono Tragge il destin; l'obbrobrïosa etate Che il duro cielo a noi prescrisse impara, Sorella mia, che in gravi
L'infelice famiglia all'infelice Italia accrescerai. Di forti esempi Al tuo sangue provvedi. Aure soavi L'empio fato interdice
All' umana virtude,
Nè pura in gracil petto alma si chiude. O miseri o codardi
Figliuoli avrai. Miseri eleggi.. Immenso Tra fortuna e valor dissidio pose Il corrotto costume. Ahi troppo tardi, E nella sera dell'umane eose,
Acquista oggi chi nasce il moto e il senso.
Questa sovr' ogni cura, Che di fortuna amici
Non crescano i tuoi figli, e non di vile Timor gioco o di speme: onde felici Sarete detti nell' età futura:
Poichè (nefando stile
Di schiatta ignava e finta)
Virtù viva sprezziam, lodiamo estinta. Donne, da voi non poco
La patria aspetta, e non in danno e scorno Dell' umana progenie al dolce raggio Delle pupille vostre il ferro e il foco, Domar fu dato. A senno vostro il saggio E il forte adopra e pensa; e quanto il giorno Col divo carro accerchia, a voi s'inchina. Ragion di nostra etate
Io chieggo a voi. La santa
Fiamma di gioventù dunque si spegne Per vostra mano? attenuata e franta Da voi nostra natura? e le assonnate Menti, e le voglie indegne,
E di nervi e di polpe.
Scemo il valor natio, son vostre colpe! Ad atti egregi è sprone
Amor, chi ben l'estima, e d'alto affetto Maestra è la beltà. D'amor digiuna Siede l'alma di quello a cui nel petto Non si rallegra il cor quando a tenzone Scendono i venti, e quando nembi aduna L'Olimpo, e fiede le montagne il rombo Della procella. O spose,
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